Al cinema il film su Calipari, il ricordo di Marco Mancini: «Ho perso un amico»

L’ex 007 originario di Lugo operava in Iraq nel 2005 e fu incaricato di riportare in Italia la giornalista Giuliana Sgrena per completare la missione dopo l’uccisione del collega dei servizi segreti

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Marco Mancini aiuta la giornalista Giuliana Sgrena a scendere dall’aereo al rientro in Italia dopo la liberazione dal sequestro in Iraq nel 2005

Nei cinema è uscito “Il Nibbio”, il film che porta sul grande schermo la drammatica storia di Nicola Calipari, l’agente dei servizi segreti italiani ucciso a Baghdad nel 2005 durante una missione per liberare la giornalista Giuliana Sgrena. A completare la missione, riportando in Italia la cronista de Il Manifesto, fu mandato un altro 007, il lughese Marco Mancini. La foto che lo ritrae insieme a Sgrena, scendendo da un aereo a Roma, ha fatto il giro del mondo (ed è stata anche una recente prima pagina del settimanale Ravenna&Dintorni).

«Non sapevo nemmeno che Nicola fosse in Iraq – ha ricordato Mancini parlando con Ruggiero Montenegro sulle pagine de Il Foglio –. Nella tarda serata di quel 4 marzo fui convocato a Palazzo Chigi, ad attendermi c’erano diverse persone tra cui il generale Nicolò Pollari, l’autorità delegata Gianni Letta, Pier Scolari e il premier Silvio Berlusconi. Chiedo il perché e mi rispondono: Calipari è morto».

Il ventesimo anniversario della morte è caduto il 4 marzo scorso. «Provo un dolore molto profondo, ancor di più ora, a poche ore da questa tragica ricorrenza – ha detto Mancini al quotidiano –. Mi resta la consapevolezza di aver perso un amico, uno straordinario collega e un patriota. Ci frequentavamo e come si fa in trincea avevamo un rapporto stretto, scambiandoci anche confidenze private».

In quello stesso periodo anche Mancini operava in Iraq. «Ma non so nulla di quello che è avvenuto, non so perché gli americani abbiano sparato. Non so se Calipari avesse messo al corrente i servizi degli Stati Uniti».

Marco ManciniNelle dichiarazioni rilasciata a Il Foglio, Mancini ha ribadito un concetto espresso anche nell’intervista a R&D: «C’è un problema di controspionaggio in Italia, di cui l’autorità delegata e la premier dovrebbero farsi carico. Prendiamo il caso Paragon: se tutte le strutture negano di aver spiato Cancellato, Casarini o don Alessio Ferrari, allora vuol dire che c’è un vulnus di sicurezza nazionale. Gli spiati sono stati avvertiti da Meta, non dall’autorità delegata. Questo deve farci riflettere».

Paragon è il nome di una società israeliana che ha messo a punto il software Graphite con cui risulta che sono stati spiati, tra gli altri, i telefonini del fondatore dell’Ong Mediterranea Saving Humans, Luca Casarini, e del direttore di Fanpage, Francesco Cancellato. Graphite è una tecnologia di sorveglianza di livello militare in grado di penetrare anche in smartphone criptati.

«A mio giudizio è stata sottovalutata la forza e l’attività di intelligence che i russi svolgono da anni e in maniera capillare in tutti i paesi europei – afferma Mancini –. Un’attività di spionaggio, forse anche di sabotaggio e sicuramente di disinformazione. Ricordiamoci Walter Biot, ufficiale della Marina militare, catturato dal Ros mentre stava cedendo informazioni segrete a spie russe. È stata fatta una grande operazione di polizia giudiziaria. Ma mi domando dov’era il controspionaggio quando Biot è stato reclutato?».

Il consiglio di Mancini, da ex 007, è di confrontarsi con i partner europei per avere una strategia comune contro i servizi russi: «Sono la prima minaccia che dobbiamo valutare e a cui rispondere».

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