Dal porto insabbiato alla crisi Cmc: un anno tra molte ombre e qualche luce

Il 2018 si chiude con la richiesta di concordato in bianco per il colosso delle costruzioni. Buone notizie per gli “superyacht” della Rosetti Marino. Turismo in difficoltà sui lidi

Cmc Sede Storica

Immagine storica della sede originaria di Cmc

L’anno si chiude con una notizia che per molti era probabilmente impensabile solo qualche mese fa: la Cmc ha chiesto il concordato in bianco per evitare il fallimento.
La cooperativa di via Trieste, quarto gruppo italiano delle costruzioni, sembrava immune alla crisi che negli anni passati aveva colpito Iter e Acmar, con quest’ultima passata attraverso un percorso “lacrime e sangue” dovuto proprio alla richiesta di un concordato.
Cmc, dall’alto del suo enorme portafoglio (1,4 miliardi di euro il fatturato approvato nell’ultimo bilancio) era forte anche di una politica di investimenti all’estero negli anni più duri della crisi italica. Tuttavia il mancato incasso di alcune commesse nella seconda metà del 2018 ha portato invece a un effetto domino e alla richiesta della procedura concorsuale in Tribunale che a inizio dicembre ha nominato tre commissari incaricati di presentare il piano per evitare il default. Una partita che ora preoccupa i lavoratori, i cui stipendi hanno subito i primi ritadi, e che sarà sul tavolo dei sindacati.
Ad affrontarle, per la Cgil, ci sarà ancora una volta Costantino Ricci, confermato segretario a novembre dal congresso provinciale. Appena a luglio, la Cmc aveva visto anche un importante cambio al vertice: Il consiglio di amministrazione del colosso delle costruzioni ha nominato Paolo Porcelli nuovo direttore generale, ruolo che era stato per dieci anni di Roberto Macrì.

Il 2018 del resto per molti lavoratori ravennati non è stato un anno dei più facili. La crisi dell’offshore ha fatto una vittima importante: la Comart, società del gruppo Tozzi, che a gennaio è andata in liquidazione e ha licenziato i dipendenti.
Alcuni di questi – 25 su 60 – sono poi stati assunti da un colosso cinese: la China Merchants Industry Technology che a maggio ha aperto una sede a Ravenna, nel Palazzo Ferruzzi. La Cmit si occupa della progettazione di navi e impianti. L’indotto offshore ha visto anche l’omologazione del concordato preventivo per la Bambini srl, mentre la Rosetti Marino ha aumentato la produzione di “superyachts” per compensare il calo dell’offshore.

A preoccupare ulteriormente è arrivata la discussione di un emendamento della Finanziaria che potrebbe bloccare le ricerche di idorcaburi. Questioni di cui si parlerà probabilmente nel prossimo Omc – in programma a marzo – e che interessano anche il Comune che ha cominciato ad incassare l’Imu sulle piattaforme. Già chiuso l’accordo con il Comune per gli anni dal 2010 al 2015 (50 milioni di euro in tutto), ora sono in ballo le annualità 2016 e 2017. Due anni in cui la normativa è cambiata e per cui l’azienda sostiene di non dovere pagare più nulla. Probabilmente la materia sarà oggetto di un contenzioso.

Da Eni la città si attende inoltre novità sulla chimica. In questo senso è nato un osservatorio ad hoc per il rilancio del settore ma la vera partita si gioca attorno al maxi investimento da 135 milioni di euro promesso sul polo chimico.
Nel settore va ricordata anche l’elezione di Lorenzo Zoli, già segretario provinciale della Femca Cisl, nel coordinamento nazionale del sindacato.

Tornando sul tema dei concordati, si è finalmente risolta la lunga crisi del Mercatone Uno che a Ravenna ha un grosso punto vendita a Russi. L’azienda è stata acquistata da Shernon Holding che ha presentato un piano di rilancio che mira alla piena rioccupazione dei lavoratori. Sempre a Russi è entrata in funzione a novembre la centrale biomasse, uno dei progetti più discussi degli ultimi anni.
E molto discusso è stato anche un altro progetto: il nuovo impianto Gnl di Porto Corsini. Si tratta di una struttura che dovrebbe rifornire le navi con Gas naturale liquefatto e che sarà costruito da Pir ed Edison. Dopo l’incontro con i cittadini avvenuto nel 2017, il 2018 è stato l’anno delle autorizzazioni. A febbraio è arrivato l’okay del Ministero e il prossimo anno potrebbero partire i lavori.

Finora ci abbiamo girato attorno, ma il tema fondamentale per la città resta quello del porto. Il prossimo anno dovrebbe essere quello dell’appalto dei lavori di approfondimento dei fondali dopo che il Cipe a fine febbraio ha deliberato il finanziamento, confermato poi dalla Corte dei conti. Mentre si attende di scavare, però, un grosso guaio ha caratterizzato l’anno in corso: il terminal crociere si è insabbiato, con le principali navi cariche di turisti che non hanno potuto far tappa a Ravenna. Così gli approdi sono stati 33, tredici in meno dello scorso anno, che hanno causato un calo del 63 per cento dei turisti.
Sono dati – questi – ricavati dall’ultimo report di Autorità portuale datato 10 dicembre e relativo al periodo gennaio-ottobre. Lo stesso rapporto mostra un porto in stallo: la crescita del movimento merci complessivo è dello 0,09 per cento. I container sono in calo dell’1,65 per cento.

Sul fronte cooperativo, va registrata la fusione tra Confcooperative di Ravenna e Rimini che seguono così la strada già tracciata da Confindustria due anni fa. Il processo di aggregazione si è concluso a settembre. Sono 330 le cooperative che ora faranno riferimento alla maxi centrale.
Per una fusione che riesce, un’altra sembra archiviata: quella delle Camere di commercio di Ravenna e Ferrara. Lo scorso anno erano stati predisposti i primi passi, con qualche preoccupazione da parte degli Industriali, ma ora è arrivato lo stop dei rispettivi presidenti di Provincia che hanno chiesto al governo di bloccare il processo. Al momento però non c’è ancora una legge organica che fermi la fusione e il ripensamento ha generato confusione anche tra le stesse imprese che costituiscono l’ossatura della Camera di commercio.

Spiaggia CasalborsettiL’anno ha segnato inoltre la conferma di Antonio Patuelli, presidente del gruppo La Cassa di Ravenna (il 2018 si è portato via la dicitura “di Risparmio” dal nome), alla guida dell’Abi, l’associazione delle banche italiane. È al suo terzo mandato che si concluderà nel 2020.

Uno dei temi tornato all’ordine del giorno nel 2018 riguarda le chiusure delle attività commerciali in centro storico. A fronte di un buon movimento sul fronte della ristorazione, i negozi sono in crisi: il bollettino semestrale (aggiornato a giugno) della Camera di Commercio ha registrato una flessione del settore di 138 unità (-1,6%).
Secondo le associazioni di categoria, oltre che alla crisi dei consumi, la decrescita è dovuta alle politiche urbanistiche che negli ultimi anni hanno portato a un aumento dei supermercati. Nel 2018 Ravenna ha registrato l’apertura del nuovo Despar in zona Ponte Nuovo e, a Faenza, è sbarcato Aldi. Inoltre è stata approvata l’ultima variante che dovrebbe portare alla costruzione di un nuovo centro commerciale di fronte al Pala De André, su viale Europa, che andrebbe ad incrementare ulteriormente l’offerta su quel fronte cittadino. Senza dimenticare, per lo meno per capire le dinamiche, il raddoppio dell’Ipercoop che ha compiuto un anno nel 2018. Di fronte a queste politiche, sostengono i commercianti, è difficile reggere.

E il turismo non bastano a compensare. Almeno da questo punto di vista il centro storico dovrebbe però essere soddisfatto: la città d’arte piace sempre di più e rispetto allo scorso anno, che era già da record, ha conquistato un ulteriore 1,8 per cento nei primi otto mesi dell’anno, con un totale di 178mila arriva.
È andata male invece la costa ravennate: i nove lidi, nonostante l’ottima annata meteorologica, hanno visto gli arrivi calare del 4,9 per cento (322mila gli arrivi in tutto), in flessione anche Cervia.
A consolare i bagnini ci ha pensato il governo che a metà dicembre ha sospeso per 15 anni l’applicazione della direttiva Bolkenstein per le spiagge. Ottima invece la performance faentina: è vero che si parla di sole 41mila persone ma il dato è cresciuto del 5,2 per cento rispetto al 2017.

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