Ausl Romagna, 1,6 milioni per indennità mensili da 80 euro al personale non medico

Via libera dalla Giunta dopo l’accordo con i sindacati per i dipendenti di Pronto Soccorso

posti letto ospedale ravennaUn’indennità mensile di 80 di euro per gli operatori del comparto dell’emergenza urgenza: un riconoscimento del loro impegno che consegue la sottoscrizione del contratto collettivo.

Un atto di Giunta della Regione dà seguito all’accordo con le organizzazioni sindacali Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl, Nursind e Nursing Up che ha stabilito come ripartire gli oltre 6 milioni di euro di fondi statali riconosciuti all’Emilia-Romagna per l’assegnazione dell’indennità al personale non medico.

Si tratta di dipendenti impiegati nei servizi di Pronto soccorso e Pronto soccorso specialistico, nella centrale operativa e 118 e nei servizi di Primo intervento: un riconoscimento del disagio legato alle condizioni di lavoro a cui è sottoposto il personale che opera in queste aree sanitarie.

Complessivamente sono coinvolti circa 4mila professionisti in regione: funzionari, infermieri, assistenti, amministrativi, tecnici, operatori sociosanitari e altri operatori non medici. Rimangono temporaneamente esclusi medici e dirigenti, per i quali l’indennità sarà erogata dopo il rinnovo del contratto collettivo.

L’indennità sarà riconosciuta a partire dal 1° gennaio 2022, per cui i dipendenti avranno diritto alla quota accessoria dello stipendio e anche agli arretrati, in ragione dell’effettiva presenza in servizio; non si tratta di un riconoscimento una tantum bensì strutturale, e pertanto garantito ogni mese anche in futuro.

A prevederlo, il contratto nazionale siglato lo scorso 2 novembre. Le risorse, definite dalla legge 234 del 30 dicembre 2021, per la Regione Emilia-Romagna corrispondono, per il personale non dirigente, esattamente a 6.073.782 euro, di cui 1.688.984 euro destinati all’Ausl Romagna.

Il contratto prevede che le Regioni, previo confronto con le parti sindacali firmatarie, possano intervenire sul riparto delle risorse tra le aziende e gli enti del sistema sanitario regionale attraverso linee di indirizzo. Da qui gli incontri con i sindacati che hanno portato a condividere la ripartizione sul territorio, in rapporto al numero dei dipendenti assegnati.

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