Argentina e Romagna a tavola. Chef Guardianelli: «Cucina divertente, senza fronzoli»

Il 38enne arriva da Cordoba, da tre anni ha la Stella Michelin con il suo Abocar aperto nel 2013 a Rimini. Idee chiare: «Mangiare è il primo dei piaceri». La difesa del merluzzo: «Non ci posso credere quando sento dire che è cibo da ospedale». L’ultima invenzione unisce salvia, piselli e latte di cocco

La panna nella carbonara giammai, ma il rispetto della tradizione in cucina non deve diventare un freno alla voglia di sperimentazione per paura di essere crocifissi. È la visione di Mariano Guardianelli, lo chef che viene dall’altra parte del mondo: nato in Argentina 38 anni fa, nel 2013 a Rimini ha aperto Abocar e da tre anni è Stella Michelin.

Chef Guardianelli, stella Michelin con Abocar a Rimini

La cucina del ristorante Abocar (foto da Facebook)

Guardianelli, quali sono state le esperienze più significative nel suo percorso di formazione?
«Ho lasciato l’Argentina nel 2005 e ho lavorato un anno a Miami ma avevo già un progetto in testa: fare esperienza nella cucina creativa di Spagna, Francia e Italia. Le consideravo tre tappe necessarie. A Valencia da Ca Sento ho capito subito una cosa: se fai questo lavoro non ci sono più orari liberi e non so perché a me è piaciuto moltissimo. A Parigi nel 2012 sono andato a scottarmi un po’ le dita nel bistrot di David Toutain quando ancora non era stellato: facevamo 70-80 coperti al giorno da 10-15 portate di qualità altissima in un ristorante piccolissimo con la gente che stava sugli sgabelli gomito a gomito e mangiava sul bancone che era il pass della nostra cucina. Lì ho trovato un’energia incredibile, quella era la cucina che volevo proporre».

E com’è questa cucina?
«Bella, divertente, senza ingessamento, senza i fronzoli dell’alta cucina che non sono necessari e prodotti super freschi di stagione».

Una volta aperto il proprio ristorante e magari raggiunta anche la Stella, come continua il percorso di innovazione?
«Tanta curiosità, con una spinta: mangiare per me è un vero piacere, lo metto al primo posto in assoluto. Con i prodotti che hai a disposizione nel periodo devi pensare a qualcosa di nuovo che sia capace di non annoiare la gente».

È facile?
«Su cento cose nuove che provi ne escono 95 che non sono valide. Le altre possono essere idee da sviluppare. Una su mille ti viene perfetta al primo colpo. L’importante è non abbattersi quando il risultato di una prova non è come te lo immaginavi e non bisogna mai avere paura di osare».

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Camilla Corbelli e Mariano Guardianelli, moglie e marito titolari del ristorante Abocar di Rimini (Stella Michelin dal 2019)

Qual è l’ultima invenzione?
«Nel menù con cui abbiamo riaperto a inizio maggio c’è un piatto che unisce latte di cocco, piselli e salvia, lavorati in vari modi. Detto così può sembrare niente di che ma a me è piaciuto molto e stiamo ricevendo reazioni positive».

Nello stesso menù ci sono anche gli spaghetti con le vongole. Sembrano il più classico dei piatti…
«Mi sono chiesto se si poteva fare in modo diverso dagli altri un piatto che ha solo tre ingredienti: spaghetti, vongole e vino. Abbiamo disidratato le vongole e le abbiamo reidratate con il loro brodo, sul piatto finito ne mettiamo alcune appena aperte e cotte un minuto che rimangono con la loro acqua: penso che abbiamo rispettato l’equilibrio dei sapori che le persone hanno in mente ma in qualcosa di creativo».

Ma i cappelletti in brodo o al ragù?
«Sono un amante dei brodi e so che in Romagna li preferiscono in brodo ma se devo scegliere io li prendo al ragù».

La cucina creativa rientra in una filosofia più ampia che guarda più alla qualità che alla quantità in un contesto orientato al benessere slow. Non sembra la fotografia di Rimini…
«È vero, sulla riviera di Rimini molti ristoranti propongono fritto e tagliatelle per il turista tedesco e nient’altro. Anche se l’amministrazione negli ultimi dieci anni sta lavorando per cambiare questa immagine. Però un ristorante di livello può contare su 500mila persone che vivono entro una distanza accettabile e non ci sono molte alternative. Quando sono arrivato per la prima volta nel ristorante dei genitori di mia moglie ho scoperto una tale varietà di prodotti che non conoscevo e non mi immaginavo: c’è il mare e ci sono le colline, si può fare di tutto con i prodotti locali. Per questo mi fa arrabbiare quando mi propongono gamberi argentini congelati e nel mare Adriatico ci sono gamberi che sono molto migliori».

Quando ha scoperto la cucina e i prodotti romagnoli cosa l’ha colpita di più?
«Sono originario di Cordoba, il mare lo abbiamo a mille km: continua a piacermi di più la carne ma è stato bellissimo scoprire le varietà di pesce che ci sono. Mi fanno impazzire le canocchie e non ci posso credere quando sento dire che il merluzzo è cibo da ospedale».

C’è più Argentina o più Italia nei suoi menù?
«In principio cercavo proprio che ci fosse un bilanciamento. Adesso a questo penso meno, mi interessa che un menù sia fatto di piatti che ritengo validi. Ad esempio quello con il latte di cocco forse è più di ispirazione asiatica».

Chef Guardianelli, stella Michelin con Abocar a Rimini

Mariano Guardianelli (foto da Facebook)

Alla guida di Abocar siete lei e sua moglie Camilla Corbelli, conosciuta in cucina a Valencia. Coppia nella vita e nel lavoro, come succede in molti altri ristoranti. È una scelta inevitabile?
«Questo è un lavoro che in un certo senso ti consuma la vita privata, e allora cerchi di unirla al lavoro. Ma non è facile: anche con il tuo migliore amico arrivi a un certo punto che vuoi stare da solo se passate 24 ore su 24 insieme. La soluzione è dividersi gli spazi: io sono in cucina e Camilla è in sala, ambienti paralleli che lavorano per il bene comune del ristorante e l’obiettivo di far alzare la gente contenta».

Come avete usato i mesi di chiusura forzata?
«Per le tasche è stata sicuramente dura, ma credo che in generale abbia fatto bene. Lavorare 12-15 ore al giorno a quei ritmi frenetici non fa bene. Ho preso le cose con calma per fare prove e pensare, per fare lavori al ristorante: io penso che questa pausa forzata farà crescere la qualità futura, e in questo sono d’accordo anche altri chef che fanno cucina creativa. Me ne accorgo anche adesso che siamo ripartiti: c’è una nuova energia».

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