La pizza “stellata” che si può gustare con un bicchiere di… Lambrusco

Davide Fiorentini e il suo progetto ‘O Fiore Mio, acclamato dalla critica gastronomica «Mi davano del matto, ma è una scommessa vinta: il segreto è nella ricerca»

Davide Fiorentini 'O Fiore Mio

Davide Fiorentini, patron di ‘O Fiore Mio di Faenza

«Molti all’inizio mi davano del matto: aprire una pizzeria fuori dall’ordinario in una città di provincia di 60mila abitanti? Mettendo in menù una Margherita a quasi il doppio del solito prezzo? Sicuramente era una grande scommessa, ma Faenza ha risposto in maniera inaspettata e siamo stati fin da subito sold out sette giorni su sette».

Oggi, dieci anni dopo, il successo continua, con la differenza che da ‘O Fiore Mio non vanno più solo i faentini, ma arrivano da tutta la provincia, la regione e anche dal resto d’Italia. Merito di un “progetto” e anche di una serie di riconoscimenti, l’ultimo dei quali quello della nuova guida gastronomica “Emilia-Romagna a Tavola”, che ha eletto quella di Faenza pizzeria dell’anno della regione. Ne parliamo con il patron Davide Fiorentini, prima pasticcere, poi pizzaiolo, ma nel frattempo anche e soprattutto manager.

Cosa fa più piacere di questi apprezzamenti da parte della critica?
«Che venga riconosciuto un lavoro di squadra. Penso che ormai sia evidente come all’interno di un progetto ristorativo non conti più solo il prodotto in sé ma il benessere complessivo dei clienti. Quindi anche l’accoglienza e il servizio, fino alle bevande e al dessert. In questo senso fa piacere che piaccia il nostro progetto a 360 gradi. Poi è ovvio che facciamo prevalentemente pizza e siamo concentrati in primis sul farla “buona”…».

Siete sempre stati considerati una pizzeria gour- met, termine piuttosto abusato negli ultimi anni. Cosa significa per lei?
«È un termine nato dalla guida del Gambero Rosso, per cercare di aprire anche ad altre categorie di pizza, lontano da Napoli… Ma non è un termine italiano, non mi piace. Io la chiamo pizza da degustazione, da condivisione. Che tra l’altro è il messaggio che è sempre insito nella pizza. Quello di una serata in allegria con gli amici. Anche quando si fanno grandi prodotti, come i nostri. Abbiamo fatto una scelta, quella di utilizzare materie prime di alta qualità, a partire da farine più tecniche, più salutari, più nutrizionali. Una filosofia che chi fa il servizio al tavolo deve raccontare, anche per giustificare il prezzo. Il nostro è un prodotto che si distingue dalla tradizione napoletana, per cui ho comunque un grande rispetto, tanto che in menù abbiamo anche una dedica a Napoli…»

Com’è nata la passione per questo tipo di pizza, da degustazione?
«Ero talmente goloso di pizza che ero diventato sempre più esigente e non ero più contento dell’offerta che trovavo nei dintorni. Tutte le
volte dovevo andare a mangiarla a San Patrignano per essere soddisfatto. E così pian piano ho avuto modo di conoscere il maestro che fece consulenza alla comunità (Beniamino Bilali, ndr), con cui ho condiviso la mia idea. Lui ha sposato il mio progetto ed è stato il mio maestro per quasi un anno. Sono nato da una famiglia di pasticceri e ho fatto pasticceria per 20 anni, sono sempre stato con le mani in pasta e con la nascita di ‘O Fiore mio ho semplicemente agito per sottrazione. Per poi invece tornare recentemente al burro, alle uova e gli zuccheri con l’apertura del nuovo hub di Faenza (dove vengono realizzati prodotti da forno che poi riforniscono i vari punti vendita del gruppo, ndr)».

Pizza Gourmet 'O Fiore Mio

Cosa contraddistingue la vostra pizza?
«Il lievito madre innanzitutto. E poi la nostra grande ricerca di materie prime, durata un anno prima dell’apertura e che continua tuttora. In Italia abbiamo un’offerta che tutto il mondo ci invidia, ma la devi andare a cercare. Abbiamo contatti diretti con singoli produttori che possono cambiare, come cambiano anche le pizze in menù, alla base alla stagione».

Per parlare di Romagna, quali sono i produttori del nostro territorio con cui lavorate?
«Innantizutto l’azienda agricola di Domenico Ghetti, sulle colline di Brisighella: sono tra i più grossi collezionisti di frutti dimenticati in Italia; sono gli “angeli custodi” del nostro lievito madre e tutto l’anno ci offrono anche la frutta da proporre sulle pizze o per i dessert. E poi i carciofi di Laura Farolfi, sempre da Brisighella, lo scalogno di Riolo Terme, il grano “gentil rosso” della San Biagio Vecchio di Faenza. Voglio ricordare inoltre che siamo stati probabilmente la prima pizzeria ad avere una carta degli oli, per cui abbiamo ricevuto anche importanti riconoscimenti, e quindi non posso non citare l’olio della Tenuta Pennita di Terra del Sole, il migliore in Italia secondo me, anche se ce ne sono sempre di nuovi interessanti, che sto assaggiando tuttora».

Di cosa è goloso, oltre che di pizza?
«Mangio di tutto, ma sto vivendo un ritorno maniacale alla tradizione, sono molto orientato ai sapori della trattoria, tanto che abbiamo proposte in questo senso anche nella carta della nostra pizzeria. Un modo anche per lavorare a “scarto zero”: con la rimanenza degli affettati facciamo un macinato per la polpetta, con il pane i passatelli, per esempio. E poi tra le nostre pizze ce n’è anche una con patate e cipolle cotte “sotto la brace”, un sistema di cottura ancestrale che permette di recuperare anche la brace stessa, senza sprechi».

E sul bere, quanto si può sperimentare rispetto al binomio pizza-birra?
«L’altra nostra scommessa è stata proprio quella del vino. Sono stato tra i primi in Italia a proporlo con la pizza. D’altronde ho sempre pensato alla Romagna come una terra del vino, più che della birra, nonostante negli ultimi anni siano nati anche tanti micro birrifici interessanti. Ma noi prima della birra continuiamo a proporre sempre il vino. A me piace di più».

Un abbinamento consigliato?
«Un bicchiere di Lambrusco di Sorbara, con una pizza con burrata e prosciutto crudo, come la nostra ‘O Fiore Mio. Abbinamento premiato anche alla rassegna Enologica».

Un’ultima curiosità: come marchio siete già arrivati a Bologna e Milano, avete intenzione di arrivare anche verso Ravenna?
«Sicuramente faremo altre aperture. La piazza di Ravenna ci interessa e se non sarà proprio la città, comunque vogliamo aprire un altro locale verso la riviera. E poi posso già dire che il progetto si svilupperà ancora lungo la via Emilia, oltre Bologna…».

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