martedì
01 Luglio 2025
PROVATO PER VOI

La forza della tradizione, nel ristorante di pesce da “tutto esaurito”

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Senza particolari invenzioni culinarie ma con ricette classiche preparate con materie prime freschissime e porzioni generose

Screenshot 2025 03 26 Alle 12.13.38Quando un ristorante nelle campagne ravennati fa (quasi) il tutto esaurito ogni sera della settimana un motivo ci sarà. È quello che succede di regola a La Cucoma di San Pancrazio, dove senza una prenotazione con vari giorni d’anticipo il tavolo te lo puoi scordare. Aperto nel 1978 in quello che era il circolo-bar della frazione russiana e da allora condotto dalla famiglia Amadori (che dopo un inizio incentrato sulla carne ha cambiato completamente orientamento), La Cucoma è a oggi senza dubbio il punto di riferimento del nostro territorio per chi ama piatti tradizionali di pesce dell’Adriatico, finendo per essere menzionato dall’Accademia Italiana della Cucina ed entrando nella Guida Michelin 2024 con la segnalazione “Bib Gourmand” per il migliore rapporto qualità-prezzo (e comunque segnalato dal 1988 nella Guida Rossa Michelin).
Noi, in tre, ci siamo stati in una sera infrasettimanale e l’ambiente che ci ha accolto è quello di sobria eleganza di un ristorante in cui ciò che conta è il gusto nei piatti e non l’estetica a tutti i costi, con il giusto spazio tra i tavoli e un sistema d’illuminazione molto rilassante che abbiamo apprezzato. Suddiviso in due ampie e alte sale – più una tavernetta con 10 coperti (disponibile su prenotazione) per chi volesse mangiare in intimità, e un portico esterno attivo con la bella stagione – La Cucoma punta su un caldo color avorio, che ben si sposa con il cotto dei pavimenti e il legno antico di alcuni elementi d’arredo della tradizione romagnola, come madie e stracantoni. I tavoli sono spaziosi e perfettamente apparecchiati, mentre i piatti – scopriremo durante la serata – hanno bei design e cambiano a ogni portata. Insomma, un luogo che sicuramente ti mette a tuo agio, famigliare ma curato.

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Due degli antipasti: tagliatelline di seppia cruda e le mazzancolle

Il menù, come si accennava, è totalmente a base di pesce, che viene ordinato tutte le sere per essere preparato il giorno successivo, cosicché alla carta si aggiungono sempre una serie di proposte extra in base al pescato (e alcune le abbiamo scelte). Non ci sono invenzioni gourmet o accostamenti particolari, ma le ricette classiche dell’Alto Adriatico, preparate con pesce freschissimo, alle quali si affianca un menù completo di crudità. Porzioni generose, belle da vedere, da acquolina in bocca. Noi abbiamo ordinato tre antipasti, due primi, due secondi e tre dolci, dividendoci tutto, per assaggiare più piatti. Abbiamo dunque mangiato delle cozze alla marinara (che, ci hanno assicurato, arrivavano fresche fresche da Cervia) molto polpose e gustose, nelle quali, purtroppo, abbiamo trovato “povera” la scelta degli immancabili crostini, fatti con un pane smilzo e secco, non all’altezza. Poi delle “tagliatelline” fatte di seppia cruda, ottime, il pesce tenerissmo, condite con una sorta di mignonette, delicata ma di personalità. Ultimo antipasto, mazzancolle alla griglia, sgusciate, molto semplici, ma anche queste clamorose, si scioglievano in bocca, come si suol dire.

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Gli spaghetti alle vongole

Nei primi abbiamo optato per gli spaghetti alle vongole e per una lasagnetta di pesce. Lo spaghetto ci era giunta voce che fosse un cavallo di battaglia de La Cucoma, e in effetti si fa voler bene, cottura perfetta, sughino gustosissimo e povarazze super fresche. Peccato solo per la presenza, in qualche guscio, di sabbia, ma può succedere, suvvia. La lasagnetta ci ha davvero colpito. Non facile risultare incisivi a livello gustativo nella versione ittica, invece questa era perfettamente equilibrata tra morbidezze e aromi. Tanta roba. Arrivano i secondi, due classici: grigliata mista e fritto di paranza, cucinati alla “vecchia maniera”, quindi il fritto viene preparato in padella, senza friggitrice, e l’olio viene cambiato a ogni cottura, mentre la grigliata viene preparata sulla brace di legna, e in effetti il pesce ha davvero un buon sapore di griglia. Il fritto è dunque leggerissimo e (per fortuna) non abbondante come invece la grigliata (in cui c’era di ogni), della quale però non rimane nulla.

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La grigliata mista

Prima di parlare dei dessert, segnaliamo una piccola sbavatura nel cestino del pane che ha accompagnato la nostra cena: i pani (bianco e integrale) e i crostini non reggono assolutamente la qualità del cibo, occorrerebbero prodotti più artigianali. Dessert, si diceva. Un gelato di Sbrino allo zabaione e albana passito con scroccadenti fatti in casa (forse un po’ troppi sapori forti), un semifreddo alle mandorle e un cremoso di mascarpone con confettura di arance amare e crumble di sbrisolona, buoni ma non indimenticabili. Da sottolineare il prezzo: appena 5 euro ognuno.

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Il gelato all’albana passito e zabaione con scroccadenti

Per il bere, scegliendo da una carta dei vini davvero interessante, abbiamo ordinato due vini naturali di vecchia conoscenza, il Friulano di Movia (nel Collio a cavallo tra Italia e Slovenia), proposto a un prezzo decisamente inferiore rispetto ad altri ristoranti, e il Tèra, un trebbiano di Fondo San Giuseppe a Brisighella. Con i dolci anche un calice di un ottimo verduzzo friulano.
Il servizio è stato praticamente impeccabile (a parte l’assenza delle ciotole per i gusci delle cozze di antipasto, ma vabbè), sempre attento, rapido, cordiale, il tutto in un ristorante da 80 coperti tutto pieno.
Tutto compreso abbiamo speso 210 euro (70 a testa), che a ben vedere definisce un ottimo rapporto qualità-prezzo (considerando che quasi 80 euro erano solo per i vini).

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