Quel pesce povero di cui sono ricchi i nostri mari

Azzurro perché non ha mai bisogno di toccare il fondo, dagli anni ’60 se ne promuove il consumo

Banco Di Pesci AzzurriTutti i testi che parlano di pesce azzurro introducono l’argomento dicendo che tale definizione non ha nessun valore biologico o scientifico ma identifica «varie specie che si caratterizzano per una colorazione blu-azzurro sul dorso, bianco-argentea sul ventre, con caratteristiche organolettiche e peculiarità nutrizionali simili, di facile reperibilità e prezzo contenuto». Nessuno invece spiega il perché di questa colorazione. Il motivo è da andare a ricercare nella storia evolutiva di queste specie perché, si sa, la natura non lascia niente al caso: azzurri sono i pesci che per l’intera loro vita popolano la colonna d’acqua, cioè che non hanno mai rapporti con il fondo, né per nutrirsi né per riprodursi o nascondersi. E in queste condizioni la colorazione del corpo permette loro di mimetizzarsi: se infatti un predatore è posizionato in alto rispetto al pesce azzurro, il blu del dorso lo nasconde nello scuro del fondo del mare, mentre se il predatore è sotto, viene ingannato dall’argento che riproduce i riverberi della luce del sole sulla superficie dell’acqua.

E parlando di pesci azzurri ci riferiamo agli ospiti abituali dei nostri mari, anche se alcuni non esclusivi, come acciughe, sardine, sgombri, ricciole, lecce, palamite e tonnetti quali l’alalunga, l’alletterato e il biso o il tombarello. Poi ci sono specie meno note ma che ben conoscono le popolazioni rivierasche del Mediterraneo: aguglie, alose o cheppie, cicerelli, lampughe, alacce, spratti, sugarelli o suri, costardelle. Per ciò che riguarda invece l’attribuzione del tonno rosso (o pinna gialla) a questa categoria le opinioni sono controverse perché per caratteristiche ne avrebbe tutto il diritto ma, dal momento che il pesce azzurro è sempre stato anche sinonimo di pesce di poco valore economico, il tonno è molto pregiato, con un valore commerciale elevato, quindi è azzurro di nome e di diritto ma non di fatto. Ancora, il pesce spada e il pesce sciabola si trovano spesso, erroneamente, annoverati fra gli azzurri ma il primo è un pelagico non gregario e il secondo, detto anche spatola, è un pesce di fondale. E anche da un punto di vista organolettico presentano caratteristiche diverse dai pesci azzurri.

Ora potrebbe sorgere una domanda: sono sempre stati chiamati “azzurri” questi pesci? Pare proprio di no! Infatti l’uso di identificarli come “azzurri” si è diffuso durante gli anni ’60 del secolo scorso, in seguito a una campagna ministeriale volta a promuoverne il consumo, sia per ragioni salutari e nutrizionali, sia perché, data la loro abbondanza nei nostri mari, si trattava di una fonte facilmente reperibile e poco costosa quindi potenzialmente destinata ad una larga diffusione sulle nostre tavole. Volendo poi andare anche un po’ più indietro nel tempo si scoprirebbe che nel 1661 il governo papalino impose le “leggi suntuarie” agli abitanti del ghetto romano, ovvero regole che non consentiva loro di consumare cibi “lussuosi”: «in tutti i conviti si proibiscano tutte sorte de insalate suntuose, com’anco il pesce di qualunque sorte, eccettuato ch’alici e azzurro». Chiave interpretativa questa molto in linea con quella dei secoli successivi: da sempre sono quindi stati “pesci poveri” o “dimenticati” perché snobbati dal mercato a favore di pesci più nobili. Eppure i pesci azzurri rappresentano una parte importante della storia e della cultura gastronomica italiana, che si sta riscoprendo, attraverso una sempre maggiore attenzione al recupero delle tradizioni regionali e a continue campagne di sensibilizzazione, volte alla diversificazione del consumo dei prodotti ittici, per favorire un più efficiente sfruttamento delle risorse marine con notevole riduzione del pesce scartato e ricadute positive sulla tutela della biodiversità marina.

Le Proprietà
C’è un motivo se diciamo «sano come un pesce». Questa proverbiale espressione si addice in modo particolare ai pesci azzurri, alimenti ideali per una dieta sana garantita da un buon apporto proteico, poche calorie e proprietà protettive per l’organismo. Le loro carni, ricche di acidi grassi polinsaturi, sono molto nutrienti e digeribili ma altamente deperibili se non consumati freschi. Questa è la principale ragione per cui questi pesci sono stati da sempre sottoposti a conservazione sotto sale, sott’olio o sott’aceto (carpione, scapece o saor). I protagonisti di questi grassi sono gli omega3, derivanti dalle alghe e dal plancton di cui si nutrono i pesci azzurri: mantengono elastiche le membrane delle cellule, proteggono l’organismo da infarto, angina e arteriosclerosi riducendo l’accumulo di trigliceridi e colesterolo nel sangue. Poi prevengono i tumori al pancreas e al colon, favoriscono un adeguato sviluppo del cervello e della retina in età fetale e nei primi anni di vita del bambino, infine combattono l’invecchiamento precoce, il diabete e la colite.

Un po’ di storia
L’utilizzo del pesce azzurro nella tradizione culinaria italiana risale agli antichin Romani che gradivano condire i loro piatti con il Garum. Questo era una salsa cremosa ottenuta dalla macerazione di pesci piccoli (acciughe e sardine) e pesci più grandi tagliati a pezzetti (sgombri e tonni) uniti a strati di erbe aromatiche tritate, il tutto coperto da sale grosso. Ideale per condire primi e secondi piatti, dell’utilizzo del Garum se ne trova testimonianza negli scritti di Plinio il Vecchio e del grande cuoco imperiale Apicio. Attualmente, è riconosciuta come naturale erede del Garum la colatura di alici di Cetara (Salerno).

Consigli
Il pesce fresco ha un odore marino e tenue, l’aspetto iridescente e brillante, mentre il corpo è rigido. Per quanto riguarda le squame devono rimanere ben aderenti al corpo del pesce e la sua pelle deve avere colori vivi. L’occhio deve essere assolutamente in fuori, avere la cornea trasparente e la pupilla nera, mentre per quanto riguarda le branchie queste devono essere rosse e prive di muco. Infine, venendo all’assaggio vero e proprio, la carne del pesce deve essere compatta ed elastica. Diffidate dunque delle carni molli!

La curiosità
In Romagna è la saraghina e si pescava soprattutto in autunno. È questo un pesciolino azzurro che, chiamato così, lo conosciamo solo qui in Romagna! Per “il resto del mondo” è la papalina o lo spratto! Anche se in passato era considerato un pesce meno pregiato della sarda, era comunque molto apprezzato sia per il gusto saporito delle sue carni sia per le ricche proprietà nutrizionali.
I pescatori di Cesenatico raccontano che le saraghine migravano sottocosta nel mese a cavallo della festa dei Santi: era quindi l’autunno la stagione di grandi pescate di saraghine e lo conferma anche il detto che correva lungo tutto il nostro litorale, “la saraghina e la burrasca dei Morti” e che si riferiva all’alternarsi delle giornate di pesca con quelle delle prime burrasche della stagione. Allora, dopo le retate le saraghine venivano salate e messe nei barili per la conservazione. Oggi, purtroppo, questa tradizione non esiste più e la causa va certamente ricercata nel fatto che le saraghine sono divenute scarse come quantità e si pescano solo al largo, molto probabilmente per un eccessivo sforzo di pesca.

La ricetta
Saraghina “scottadito”, piadina, radicchio e cipolla
Ingredienti per 4 persone: 2 piadine romagnole, 500 grammi di saraghina, 80 grammi di pangrattato, 1 mazzetto di prezzemolo, 2 spicchi di aglio, 2 cipolle di Tropea, 100 grammi di radicchio di campo, olio extravergine di oliva, sale marino integrale,
4 cucchiai di aceto di vino rosso, pepe macinato al momento
Preparazione: Pulire le saraghine eliminando loro la testa e le viscere (lasciare invece la lisca che solitamente nella saraghina si mangia in quanto tenera, quasi cartilaginea). Preparare la panatura con il pangrattato, l’aglio schiacciato, il prezzemolo, un po’ di sale, olio e un po’ di pepe. Cospargere i pesciolini di questo preparato ed allinearli su teglie da forno ricoperte di carta oleata. Cucinarli a 200 gradi per al massimo 10 minuti. Nel frattempo pulire i radicchi e condirli con olio, sale, pepe e aceto. Tagliare anche le cipolle a fettine sottili e saltarle velocemente in padella con olio, aceto di vino rosso e un pizzico di sale. Quando il tutto sarà pronto, scaldare le piadine, tagliarle a metà e farcire un mezzo disco con il radicchio, adagiarvi sopra le saraghine e completare con qualche fettina di cipolla. Richiudere con l’altro mezzo disco e servire immediatamente.

EROSANTEROS POLIS BILLBOARD 15 04 – 12 05 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24
INCANTO BILLB 19 04 – 01 05 24