A Roncofreddo la “cucina della memoria” che nasce (anche) in giardino

L’Osteria dei Frati è una delle tre Chiocciole Slow Food presenti in Romagna, segnalata anche dal Gambero Rosso. «Puntiamo sulla stagionalità valorizzando tradizioni, materie prime e produttori locali»

Osteria Dei Frati Valentina Grandotti E Giorgio Clementi

Valentina Grandotti e Giorgio Clementi, titolari dell’Osteria dei Frati

Giorgio Clementi e Valentina Grandotti (accompagnati dalla madre di Valentina e dal suo compagno) rilevano l’Osteria dei Frati nel 2012, raccogliendo l’eredità di Renato Brancaleoni, tra i migliori affinatori di formaggi d’Italia.
L’Osteria di Brancaleoni, situata a Roncofreddo, offriva una piccola ristorazione che metteva al centro i suoi formaggi, i salumi affettati al coltello e una vasta cantina. La gestione di Clementi (in cucina) e Grandotti (in sala) valorizza ancora le materie prime del territorio, declinate però in una cucina al tempo stesso innovativa e tradizionale che ha fruttato al locale una menzione del “Gambero Rosso” e una chiocciola SlowFood, riconoscimento più ambito della gudia, attribuito a soli tre locali in Romagna (gli altri sono La Campanara di Galeata e La Baita di Faenza, di cui abbiamo già parlato su queste pagine).

Valentina, come è nata l’idea di prendere in gestione l’Osteria dei Frati? Si tratta della vostra prima esperienza nel mondo della ristorazione?
«Si è trattato quasi di una sfida, da quando ci siamo sposati abbiamo sempre fantasticato sull’idea di aprire un nostro ristorante, grazie alla passione e al talento di Giorgio in cucina. Prima gestivamo un negozio di abbigliamento ed eravamo clienti dell’osteria. Quando Renato ci ha proposto di rilevare il locale, è iniziata la nostra avventura. Mia madre aveva già un ristorante, mentre Giorgio ha passato l’infanzia all’interno di una bottega di piadina e pasta fresca vicina all’attività dei genitori, da lì è nata la sua passione per la cucina e la panificazione. Ha lavorato per qualche stagione come cuoco nell’hotel di un amico e aiutava spesso all’interno del locale della mia famiglia. Nel 2017 mia madre e il suo compagno hanno aperto Ossteria!, una trattoria-pizzeria a Savignano, e da quel giorno siamo rimasti noi a gestire in toto questa attività».

Osteria Dei Frati GiardinoQual è la filosofia dello chef Giorgio in cucina?
«Il nostro menù si basa sulla stagionalità degli ingredienti e sulla valorizzazione delle materie prime del territorio, viene cambiato circa ogni mese – fatta eccezione per alcuni “capisaldi” come il paté di fegatini, la guancia brasata o la selezione dei formaggi di Renato Brancaleoni, che resta per noi un importante punto riferimento – e, soprattutto nei mesi estivi, trae ispirazione dal giardino dell’osteria, vera e propria unicità del locale che cerchiamo di richiamare anche nei nostri arredi. Lì, oltre ad apparecchiare i coperti in estate, coltiviamo le nostre erbe aromatiche, elemento caratteristico del menù. Raccogliamo anche erbe selvatiche, fiori di acacia e sambuco, e diamo ampio spazio ai produttori locali. In questo periodo ci stiamo rifornendo di fave, piselli, asparagi e carciofi principalmente da due fornitori di Roncofreddo. Tra le nostre eccellenze anche il miele prodotto dall’azienda agricola Orticà, che produce anche olio e farine. Si tratta di un ottimo miele di girasole che abbiamo voluto portare con noi in televisione nel 2017, quando partecipammo per più puntate alla Prova del cuoco. Inoltre, quando Renato “sfossa” in novembre, dedichiamo sempre un antipasto, un primo e un secondo al suo formaggio. Come partecipanti all’alleanza Slow Food abbiamo firmato un contratto che ci impegna a valorizzare i produttori che fanno parte dell’Arca del Gusto e che offrono materie prime contrassegnate come presidi Slow Food».

E per quello che riguarda l’incontro tra tradizione e innovazione?
«Una delle nostre principali missioni è quella di valorizzare la cucina tradizionale romagnola anche e soprattutto al di fuori da quelli che sono i pochi piatti tipici dell’immaginario comune, come tagliatelle, cappelletti e grigliata. Giorgio proviene da una famiglia contadina e quella che propone è una “cucina della memoria”, dove poter ritrovare i sapori dei piatti tipici di un tempo in una rivisitazione moderna. Attingiamo da piatti poveri e meno conosciuti della tradizione, piatti di recupero, anche in un’ottica di attenzione agli sprechi, e cerchiamo sempre di trattare con massima cura le maniere prime, anche attraverso metodi di cottura innovativi, e di alleggerire alcune ricette, in modo tale da incontrare i nuovi gusti della clientela. Servire le stesse identiche preparazioni in voga cinquant’anni fa sarebbe anacronistico, ma ci siamo accorti che molti giovani considerano “innovative” ricette ormai dimenticate che fanno parte dell’autentica tradizione romagnola».

Prestate la stessa attenzione alle piccole realtà del territorio anche per quello che riguarda la scelta dei vini?
«Indubbiamente sì. Soprattutto durante i primi tempi, la carta dei vini seguiva la tradizionalità della cucina ed era concentrata unicamente su aziende romagnole. Oggi, entrambe si sono evolute e la nostra cantina conta più di 500 etichette. Questo mi ha dato la possibilità di spaziare nelle mie ricerche, ma i vini del territorio ricoprono ancora un ruolo importante: tra le nostre eccellenze che si trovano in lista non possiamo non citare il Primo Segno di Villaventi, a Roncofreddo, premiato anche da una chiocciola Slow nell’edizione riserva».

Osteria Dei Frati PiattoQuando è arrivata la chiocciola Slow Food? Avete notato un ampliamento della clientela grazie a questa segnalazione?
«Ci è stata attribuita nel 2017 e non ce lo aspettavamo! Lo speravamo da anni, ma si era creata un po’ di conflittualità in merito alla particolarità della nostra cucina. La chiocciola si attribuisce infatti solitamente solo a quelle attività che restano strettamente legate alla tradizione, ma l’attenzione alla stagionalità degli ingredienti e la valorizzazione dei prodotti del territorio hanno fatto sì che la filosofia di Giorgio ai fornelli venisse compresa e premiata. Dopo il riconoscimento, il riscontro nella clientela non è mancato, anzi, e si è intensificato dopo la segnalazione di quest’anno all’interno della guida del “Gambero Rosso”, che ci ha portati dalla sezione “osterie” a quella “ristoranti”, con un ottimo punteggio».

A questo proposito, leggendo le recensioni online, le uniche critiche che affiorano riguardano i prezzi, ritenuti non in linea con il nome “osteria”: voi vi reputate una vera e propria osteria?
«Perché no? Siamo un’osteria moderna! Crediamo che una lamentela simile derivi dalla visione limitata di pochi avventori, che associano il termine a grandi pirofile di cibi semplici e tal volta poco ricercati, ma ad oggi le osterie possono prendere forme anche ben diverse. In passato abbiamo anche pensato di cambiare nome al locale, ma non ci è sembrato giusto né nei confronti di Renato Brancaleoni né per la storia del posto, sorto sui ruderi di un convento di frati. Mettiamo tutto il nostro impegno nella cura dei piatti e del cliente (dopo il Covid i coperti sono passati da 60 a poco più di 30, proprio per garantire un servizio dedicato e “sartoriale”, ndr), prepariamo artigianalmente con le migliori materie prime. Crediamo che gli elementi da valutare per giudicare il prezzo di una cena siano legati a questi dettagli e alla bontà delle proposte, piuttosto che al nome del locale».

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