Le uova di anatra muta e oca che piacciono (anche) agli chef stellati

Le uniche certificate in Italia le produce la Bartolotti di Alfonsine. La storia dell’azienda, tra multinazionali del farmaco e ristoranti, nutrizionisti per animali e consigli utili

Probabilmente molti non sanno che poco fuori Alfonsine c’è l’unica azienda in Italia che produce uova da consumo alimentare di oca e anatra muta, richiestissime dagli chef stellati di tutto il Paese (oltre che uova da cova feconde di anatra muta per il settore farmaceutico e uova da cova feconde di anatra muta e oca per la schiusa del pulcino). Attiva da sessant’anni, la Bartolotti sta per cedere il timone alla nipote dei fondatori, Sandra Bartolotti, ed è con lei che siamo andati alla scoperta di queste uova rare e buonissime.

 Sandra, ripercorriamo un po’ la storia dell’azienda.
«Nasce nel 1963, grazie ai miei nonni, Angelo Bartolotti e sua moglie Domenica Antonellini, che facevano principalmente commercio avicolo di faraone, galline, polli, tacchini, oche. Poi pian piano hanno preso le prime incubatrici e così oltre al commercio facevano anche la schiusa dei pulcini di questo mondo avicolo esteso. Dopo una trentina d’anni l’azienda passa a mio padre Otello, che fa una scelta commerciale lungimirante, ossia puntare unicamente su anatre mute e oche. Nasce così quella che sarà la nostra produzione principale per tanti anni: riproduttori di anatre mute e oche (ci sono cioè maschi e femmine), uova da cova (feconde) incubate e nascita dei pulcini, venduti a un giorno di vita. Noi non facciamo svezzamento e accrescimento, i nostri non sono animali da carne. Ciò prosegue tuttora, sebbene ovviamente negli anni tecniche e procedure siano cambiate».

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Ora però il timone della Bartolotti sta per passare a te.
«Sì, da circa un anno è iniziato il cambio generazionale dell’azienda tra mio padre e me, che si dovrebbe concludere a maggio. Complessivamente alla Bartolotti lavoriamo in dieci».

La fetta più consistente del vostro fatturato arriva dal farmaceutico, giusto?
«Sì, nella prima metà dei 2000 fummo contattati da una multinazionale del farmaco che allora si chiamava MerialSanofi (ora è Boehringer Ingelheim, ndr) e abbiamo iniziato a sperimentare con le uova da cova feconde di anatra muta per il vaccino dell’Eds 76, che si usa per la sindrome del calo di deposizione delle galline. Con il nostro uovo fecondo loro fanno un inoculo con il virus dell’Eds 76 e da lì si arriva al vaccino. Attualmente lavoriamo con quattro aziende multinazionali del farmaco».

Parliamo invece delle uova da consumo alimentare certificate.
«Da più o meno un anno e mezzo è partita la produzione e la vendita in proprio di uova da consumo alimentare certificate, unica in Italia. Avevamo iniziato tre anni fa appoggiandoci a un’azienda di Brescia che voleva diversificare la propria produzione di sole uova di gallina per creare delle specie di mercati del contadino all’interno degli ipermercati del nord Italia. La cosa non funzionò, quell’azienda chiuse, ma avevamo comunque già in mente di vendere da soli le nostre uova, visto che le produciamo. Ecco quindi la nascita in azienda del centro di imballaggio e dell’Haccp (un insieme di procedure, mirate a garantire la salubrità degli alimenti, ndr). Le anatre mute e le oche, in quanto anatidi, non rientrano nel piano di autocontrollo delle salmonelle per il Gallus Gallus. Essendoci questo vuoto normativo, l’azienda Bartolotti con tenacia è però riuscita ad arrivare alla conclusione dell’iter sanitario-burocratico e ora possiamo produrre, lavorare (cioè imballare, tutte manualmente) e vendere le nostre uova. Stiamo parlando di 40- 50mila uova d’anatra e 6.000 d’oca. Tutti i nostri animali sono allevati a terra, niente batterie o gabbie, senza l’uso di mangimi medicati e coloranti e senza l’uso di antibiotici. Abbiamo anche un nutrizionista che ne segue le diete, con formule adatte a ognuno. E tutto nel rispetto del ciclo riproduttivo ma soprattutto del benessere animale».

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Quali sono le differenze organolettiche principali tra le uova di gallina e quelle di oca e anatra muta?
«Le informazioni che ci arrivano sono tante e molto soggettive. Certo i valori nutrizionali sono diversi, si può trovare tutto sul nostro sito. Ci siamo confrontati con una nutrizionista e naturopata di Lugo, la dottoressa Monica Zaccari, che ci ha fatto una relazione tecnica rivelatrice di tante cose interessanti, tipo che le uova di anatra e oca sono più adatte per la gravidanza, sono efficaci contro l’osteoporosi, i radicali liberi e così via. Per quanto riguarda le dimensioni, più o meno un uovo d’oca corrisponde a tre uova di gallina, ma cambia nel tempo: si va dai 130 grammi della prima deposizione ai 200 della seconda, fino a 220. L’uovo di oca ha un tuorlo molto più grande e consistente rispetto al volume dell’albume, il gusto è delicato, mantiene molto elastica la pasta fatta in casa, tende a non scuocerla ed è molto consigliato per le farine per celiaci. Quello d’anatra è considerato più o meno una XL di gallina, è attorno agli 80-85 grammi. Il gusto è molto più deciso, selvatico».

Quali sono gli usi ottimali delle vostre uova e chi le chiede?
«Quelle di anatra sono ottime cotte a bassa temperatura, croccanti, impanate e fritte. C’è chi le utilizza in pasticceria, perché l’albume trattiene molto l’aria (dunque van benissimo per i montati). Quelle d’oca sono ottime per la carbonara, il classico occhio di bue o la bottarga solo col tuorlo. Gli chef le utilizzano così, in purezza, non per fare pasta fresca. Per quanto riguarda i ristoranti, a Ravenna le nostre uova le usa Radici, poi c’è Oreste a Santarcangelo. Ma vanno molto forte soprattutto fuori regione, un po’ in tutta Italia, a Torino, Padova, Siena, Roma, quasi esclusivamente in ristoranti stellati. Per la vendita diretta, a Ravenna si trovano alla Bottega di Felice, in centro, e alla latteria di Alan, in via Ravegnana, ma si può anche venire qui in azienda, magari telefonando prima».

Immagino ci sarà differenza di prezzo tra le uova di gallina e quelle di oca e anatra muta…
«Sì, le nostre costano di più, ma allevarle è completamente diverso, molto più impegnativo e costoso. È difficile allevare e crescere questi animali, dietro ci sono un gran lavoro e tanta attenzione».

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