Il ghiaccio prima del freezer: alla scoperta delle magnifiche conserve di Cesenatico

Un vero e proprio museo etnografico a cielo aperto, testimonianza dell’antica cultura marinara

Piazzetta Delle Conserve

La zona delle conserve oggi

Per secoli, dalla preistoria fino ad un centinaio di anni fa circa, neve e ghiaccio hanno rappresentato l’unico modo per conservare gli alimenti, tanto è che, riferendosi al passato, si può parlare di una vera e propria industria del ghiaccio naturale. Questo infatti veniva “prodotto” non solo da privati per uso personale ma anche per essere venduto: un sapiente lavoro di realizzazione di appositi bacini, profondi circa 50 centimetri, dove veniva incanalata l’acqua dei fiumi allo scopo di farla congelare nel periodo in cui le temperature erano fredde, permetteva la produzione prima, e lo stoccaggio e la commercializzazione poi, di questo prezioso bene. Ecco allora che nascevano ghiacciaie e neviere (nel caso si utilizzasse neve naturale pressata): durante l’inverno venivano riempite alternando i vari strati “refrigeranti” ad altri di paglia e alla sommità erano ricoperte di foglie secche o stracci di lana, a coibentare il tutto.
Ma come già accennato, le origini della ghiacciaia sono da ricercare molto in là nei secoli: pare che l’idea di utilizzare luoghi naturalmente freddi, riparati e protetti dal calore per conservare cibi, sia da ricondurre all’areale persiano e sia da collegare, temporalmente parlando, ben 1700 anni prima della nascita di Cristo.Una forma primordiale di ghiacciaia poi, era già utilizzata anche dai Romani e dai Greci che riempivano di ghiaccio o neve delle grotte naturali o delle buche e le utilizzavano come magazzino per i cibi e per rinfrescare le bevande. Nell’antichità questi luoghi erano per lo più interrati e coperti da un tetto: intorno alla ghiacciaia era solita esserci una zona boschiva, che permetteva alla ghiacciaia stessa di rimanere all’ombra.

Tornando al nostro passato più prossimo, e limitandoci alla nostra terra, come non citare le ghiacciaie di Cesenatico? O meglio, le Conserve? Zona singolare questa, quartiere commerciale unico e suggestivo, tanto da essere più volte evocato dalla mirabile penna di Marino Moretti.

“ …un quartiere tutto di ghiacciaie/in forma di grotte scavate in profondo,/cinte all’esterno di muri bassi e rotondi e coperti di tegoli …/orrizontarsi in quella specie di “villaggio abbissino”, come qualcuno lo vedeva,/mettere i piedi ove non fosse fango,/evitare i rivoletti d’acqua sudicia sgorganti da ognuno di quegli usci,/non era agevole …”

Un vero e proprio museo etnografico a cielo aperto quello ospitato nella pittoresca Piazza delle Conserve di Cesenatico.
A partire dal XVI secolo, nella zona costiera romagnola e nei territori limitrofi cominciò a prendere piede la costruzione di queste vasche a forma ovoidale utilizzate, si diceva, per la conservazione delle derrate alimentari e a Cesenatico, fervido porto peschereccio dell’Adriatico, tali strutture erano finalizzate principalmente al mantenimento non del pesce, bensì del ghiaccio: antichi documenti le identificavano come le conserve del pesce” e certamente lo scopo era quello, ma nelle fosse c’era solo il freddo!

Nella seconda metà dell’Ottocento erano circa venti, tutte concentrate nella zona a levante del porto canale, quella che ancora oggi viene chiamata “del Monte” a causa della sopraelevazione rispetto al terreno circostante data da questi simil trulli capovolti.
In pieno inverno venivano riempite di strati di ghiaccio o di neve compressa, raccolta nei fossi, nei maceri o nelle colline dell’entroterra: sarebbero serviti per la refrigerazione, un sistema di conservazione certamente più evoluto rispetto alla salatura.
Tronchi conici rovesciati, profondi circa sei metri, con imboccature di otto, racchiusi da bassi e robusti muri perimetrali in muratura e sormontati da coperture in mattoni o tegola e tetti in legno. Poi venivano ulteriormente coperti da sabbia, paglia o terra per garantire l’isolamento termico.
Questo sistema consentiva di mantenere all’interno della cella una temperatura vicino allo zero costante per quasi tutto l’anno e fornire il “conservante” per il bene più prezioso di una cittadina di pescatori quale era Cesenatico. Le fosse erano sorvegliate e accuratamente custodite come vere e proprie reliquie laiche, destinate non a guadagnare il posto per l’anima in paradiso, ma a procurare il sostentamento per il corpo in terra.
E continuarono a svolgere la loro funzione fino al 1930, fino a quando cioè venne attivata la prima fabbrica per la produzione del ghiaccio artificiale.

Oggi, nella Piazza delle Conserve, punto nevralgico per i cittadini che qui si raccolgono in occasione del mercato e di eventi culturali, sono stati recuperati, dopo un accurato restauro, alcuni esemplari delle antiche “vasche”.
Queste cripte, significativa testimonianza della vecchia cultura marinara, rappresentano una realtà unica nell’ambito dell’etnografia italiana, purtroppo insapientemente misconosciuta, tanto che c’è ancora chi ritiene quel foro il luogo in cui si facevano le marmellate!

Pesce

Commercio di pesce a Cesenatico, Cesena, Biblioteca Malatestiana

LA MAPPA

Non solo sulla costa, ghiacciaie anche in centro storico e nell’entroterra

Altre conserve e ghiacciaie del litorale romagnolo si trovano nei porti di Goro, di Volano, a Magnavacca, l’attuale porto di Comacchio – Porto Garibaldi, a Po di Primaro e Poatello, a Porto Corsini. Ancora a Cervia, a Rimini, a Cattolica.
Inoltre nel ravennate esistono altre conserve sotterranee: a Ravenna ce n’era una dietro la basilica di San Giovanni Evangelista di cui non esiste più traccia, due in via Corte alle Mura, una nel cortile di Casa Pasolini, una nel monastero di San Vitale e due nella Rocca Brancaleone.
Nell’entroterra abbiamo notizie di una riserva di ghiaccio naturale nel castello di Russi: nel periodo invernale il ghiaccio veniva raccolto nei fossati che circondavano il castello ed i blocchi accumulati nei sotterranei della rocca e del torrione di nord est, che divennero delle ghiacciaie la cui gestione fu affidata ai beccai, cioè ai macellai.

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