lunedì
11 Agosto 2025

Covid: 37 contagi in provincia, altri 236 nel resto della regione. Ricoveri stabili

 

Sono 37 (su oltre 1.200 tamponi) i nuovi casi di positività al coronavirus registrati in provincia di Ravenna in un giorno, con un nuovo ricovero. Restano tre invece le persone in terapia intensiva in provincia, dove non si registrano nuovi decessi.

IL BOLLETTINO REGIONALE DEL 26 OTTOBRE

Dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus, in Emilia-Romagna si sono registrati 430.371 casi di positività, 273 in più rispetto a ieri, su un totale di 29.993 tamponi eseguiti nelle ultime 24 ore. La percentuale dei nuovi positivi sul numero di tamponi fatti da ieri è dello 0,9%.

Per quanto riguarda le persone complessivamente guarite, sono 686 in più rispetto a ieri e raggiungono quota 407.741. I casi attivi, cioè i malati effettivi, oggi sono 9.066 (-418). Di questi, le persone in isolamento a casa, ovvero quelle con sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 8.748 (-417), il 96,5% del totale dei casi attivi.

Purtroppo, si registrano cinque decessi: uno in provincia di Parma (una donna di 83 anni), uno nella provincia di Reggio Emilia (un uomo di 75anni); due nella provincia di Forlì-Cesena (entrambi uomini: uno di 79 anni deceduto nel forlivese e uno di 82 nel cesenate); uno nella provincia di Rimini (un uomo di 79 anni).

In totale, dall’inizio dell’epidemia, i decessi in regione sono stati 13.564.

I pazienti ricoverati in terapia intensiva sono 34 (+2 rispetto a ieri); 284 quelli negli altri reparti Covid (-3).

Sul territorio, i pazienti ricoverati in terapia intensiva sono così distribuiti: 1 a Piacenza (-1); 4 a Parma (+1); 3 a Modena (-1); 14 a Bologna (+2); 5 a Imola (+1); 3 a Ravenna (numero invariato rispetto a ieri); 2 a Forlì (invariato); 1 a Cesena (invariato); 1 a Rimini (invariato). Nessun ricovero a Reggio Emilia e Ferrara, (come ieri).

Questi i casi di positività sul territorio dall’inizio dell’epidemia, che si riferiscono non alla provincia di residenza, ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 26.542 a Piacenza (+19 rispetto a ieri, di cui 17 sintomatici), 32.978 a Parma (+1, non sintomatico), 51.508 a Reggio Emilia (+12, di cui 9 sintomatici), 72.534 a Modena (+23, di cui 10 sintomatici), 90.257 a Bologna (+93, di cui 74 sintomatici), 13.674 casi a Imola (+2, tutti sintomatici), 25.859 a Ferrara (+16 di cui 3 sintomatici), 34.605 a Ravenna (+37, di cui 24 sintomatici), 18.982 a Forlì (+18, di cui 17 sintomatici), 21.703 a Cesena (+19, di cui 14 sintomatici) e 41.729 a Rimini (+33, di cui 25 sintomatici).

Convenzione Regione-Anas per risistemare la Ravegnana e le varianti sull’Adriatica

Entro dicembre 2022 dovranno essere consegnati gli elaborati definitivi dei progetti

Adriatica Ravenna AnasGrazie alla convezione tra Regione e Anas Spa, approvata con delibera della Giunta regionale, parte l’iter per la realizzazione di sei interventi considerati strategici per il miglioramento della viabilità e della sicurezza dell’intera rete stradale regionale.

Una fase progettuale dal valore di oltre 8 milioni e 750mila euro complessivi – di cui più di 4,5 milioni nel 2021 e oltre 4,2 milioni nel 2022 – a cui la Regione ha partecipato con lo stanziamento di una quota pari a 1 milione e 150mila euro, di cui 650mila euro nel 2021 e 500mila nel 2022.

L’atto dà il via quindi alla redazione, entro il 2022, di cinque progetti di fattibilità tecnica ed economica, tra cui in provincia di Ravenna quelli che riguardano l’ammodernamento della SS 67 Tosco-Romagnola (cosiddetta Ravegnana) nel tratto fra Forlì e Ravenna e la realizzazione delle varianti degli abitati di Fosso Ghiaia, di Mezzano, Camerlona e Glorie sulla SS 16 Adriatica. Sempre sulla statale Adriatica è prevista inoltre la redazione del progetto definitivo per l’attesa variante da ponte Bastia-Taglio Corelli (nel comune di Alfonsine).

«Grazie a questa convenzione – sottolinea l’assessore regionale alle Infrastrutture e Trasporti, il ravennate Andrea Corsini – si gettano le basi per dare avvio al più presto alla realizzazione di opere fondamentali per liberare i centri abitati dal traffico migliorando quindi la viabilità, la sicurezza stradale, la qualità dell’aria e i collegamenti stradali in aree commerciali e produttive strategiche».

Impegni e cronoprogramma

La redazione da parte di Anas della prima bozza dei cinque progetti di fattibilità tecnico-economica e degli elementi minimi dello studio definitivo sarà sottoposta alla valutazione degli enti interessati. La consegna degli elaborati definitivi è prevista entro il 31 dicembre 2022.

Nuovo svincolo sull’Adriatica a Cervia, approvato lo studio di fattibilità

Progetto da oltre 10 milioni di euro che renderà più accessibile il santuario della Madonna del Pino

Cervia SantuarioMadonnaPino 800x450Il Comune di Cervia ha inoltrato a Regione e Anas il progetto per la realizzazione del nuovo svincolo sulla Statale 16 Adriatica in corrispondenza della Madonna del Pino.

Delle dieci varianti di progetto, elaborate dallo studio di progettazione Cogest Srl, Anas ha scelto quella che l’amministrazione aveva individuato come seconda, poiché consente il raggiungimento di una pluralità di obiettivi tra i quali quello di rendere il Santuario della Madonna del Pino fruibile dalla città, eliminando il tratto di una porzione di Statale 16 che fungeva da vero e proprio “limite” verso l’abitato.

L’opera che sarà interamente a carico di Anas prevede un costo complessivo di 10.510.000 euro. Il progetto verrà inoltre integrato dalla realizzazione di un sottopasso ciclabile richiesto dalla giunta comunale, che permetterà in futuro la realizzazione di una ciclabile che possa collegare la zona Terme al comparto Saline. Per questa integrazione, il Comune concorrerà alla spesa di 400.000 euro attraverso un contributo a favore di Anas, che realizzerà l’opera.

«Un ulteriore passo verso un progetto atteso da anni dalla città – dichiara l’assessore ai Lavori Pubblici Enrico Mazzolani -, per il quale dobbiamo ringraziare l’assessore regionale Andrea Corsini e l’Anas, che ha ascoltato e accolto le nostre richieste. Un’opera non solo che renderà più fruibile il Santuario, ma che metterà in sicurezza una zona critica e di accesso alla città. L’approvazione dello studio di fattibilità è un punto fondamentale verso la realizzazione, d’ora in poi tutto sarà gestito direttamente da Anas, in quanto la Statale 16 è di loro competenza, ma non per questo mancherà un costante e positivo confronto».

L’ex 007: «Mai seguito il caso». E la fidanzata della vittima non riconosce “Ciccio”

Udienza 9 / In aula il 73enne Francesco Rossi, agente dei servizi segreti (Sisde) dal 1980 al 2001: il presidente della corte sospettava che fosse il fantomatico brigadiere sotto copertura che seguì la pista di Alex

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L’ex fidanzata di Pier Paolo Minguzzi di fronte al teste Francesco Rossi

Era un agente dei servizi segreti nel 1987, ma non si occupò dell’omicidio di Pier Paolo Minguzzi. Anzi, Francesco Rossi è ancora più esplicito: «In 73 anni della mia vita non sono mai stato dalle parti di Ravenna per nessuna ragione». L’ex 007 del Sisde – dove entrò nel 1980 lasciando i carabinieri e dove rimase fino al 2001 per poi diventare investigatore privato – ha parlato ieri, 25 ottobre, in tribunale al processo per il cold case di Alfonsine.

A convocarlo al banco dei testimoni era stato il presidente della corte d’assise Michele Leoni, di sua iniziativa come concesso dalle procedure sulla base di quanto emerso in aula nelle otto udienze celebrate dallo scorso maggio. La fidanzata della vittima all’epoca dei fatti, già ascoltata due volte, ha riferito che il giorno della scomparsa di Pier Paolo (21 aprile 1987) venne avvicinata da un carabiniere che si presentò come agente sotto copertura, dicendole di chiamarlo “brigadiere Ciccio” perché non poteva fornire le sue generalità. Quel fantomatico Ciccio le diede un registratore per imprimere su nastri le telefonate ricevute da un tale Alex che pareva a conoscenza delle vicende.

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Francesco Rossi

Il Francesco Rossi comparso ieri in aula, nel 2006 rimase coinvolto nelle vicende giudiziarie note alle cronache giornalistiche come “scandalo Telecom-Sismi: patteggiò poco più di due anni e nell’ordinanza di custodia cautelare del tribunale di Milano veniva identificato come “Ciccio”. Da qui il collegamento con le parole rese dalla donna. Un diminutivo che Rossi, raggiunto all’uscita dall’aula per poche battute, non gradisce affatto: «È dispregiativo, non l’ho mai sopportato, di certo non è quello con cui mi presentavo. Ho saputo di questa storia quando mi è arrivata la convocazione al processo, penso si tratti di una omonimia dovuta a quella definizione finita sulle carte del processo Telecom, una vicenda che voglio solo dimenticare».

Attimi di suspence in aula quando il presidente della corte ha invitato l’ex fidanzata di Minguzzi ad alzarsi dal pubblico per avvicinarsi al banco e sistemarsi di fronte a Rossi con la mascherina abbassata: la donna, che nel 1987 aveva 19 anni, non l’ha riconosciuto.

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La famiglia della vittima: da sinistra la sorella Anna Maria, la madre Rosanna Liverani e il fratello Gian Carlo

Nella cronaca di quanto accaduto ieri in aula va citato un altro intervento del presidente della corte: ascoltando di nuovo Rosanna Liverani e Gian Carlo Minguzzi, madre e fratello della vittima, ha voluto dettaglio sull’incidente stradale del 27 ottobre 1985 – un anno e mezzo prima della morte del 21 carabiniere – in cui perse la vita il 55enne Egisto Minguzzi, padre di Pier Paolo. Viaggiava su un’auto guidata dalla moglie e venne tamponato da un furgone guidato da un parente (Renzo Zaccarini, deceduto poco tempo fa) di ritorno da una giornata di pesca. Non ci furono processi e la famiglia Minguzzi ottenne un risarcimento dall’assicurazione. La polizia giudiziaria è stata incaricata di acquisire gli atti sull’episodio.

Una vita in viaggio e di studi, alla ricerca di un’umana verità

Conversazione con don Giovanni Montanari, dalle “lezioni americane” al valore dei beni culturali

Giovanni Montanari Mannucci
Don Giovanni Montanari nel suo studio a Ravenna nel 2013, in occasione dell’intervista di Marina Mannucci

Come ricordo del compianto don Giovanni Montanari scomparso recentemente a Ravenna pubblichiamo questa intervista allo studioso che ne coglie la notevole statura intellettuale e umana. L’articolo, comparso sulla rivista della nostra casa editrice “Trova Casa Premium” del dicembre 2013, era inedito sul web.

Giovanni, mi racconta la sua storia?
«Tutto comincia dalla mia maestra della Va elementare che volle che io dessi l’esame per essere ammesso alla Scuola media. E mi portò a quella di Lugo, dedicata a Silvestro Gherardi, scienziato e ministro dell’Istruzione Pubblica della Repubblica Romana. Le medie le frequentai in seminario a Ravenna così come il Ginnasio ed il Liceo. Già in Terza Liceo, prima di partire per Roma, dove mi avviai per cinque anni agli studi teologici all’Università del Laterano, comprai la Summa Theologiæ di Tommaso d’Aquino. A Roma approfondii i miei studi intorno ad una teologia innovativa, avanguardista e modernista, finiti i quali partii per un viaggio in America dove avevo anche dei parenti».

Quanto è stato importante lo studio della dottrina tomistica per una visione “razionale” nelle questioni teologiche? «
Sono sempre stato un tomista anche se considero Dante superiore a san Tommaso. Nella prima pars della Summa, quæstio 1 articulus 9, san Tommaso afferma: «est proprium poeticæ, quæ est infima inter omnes doctrinas», cioè: è proprio dell’arte poetica, che è l’ultima delle discipline. Ma Dante si afferma per la poetica ed io sostengo che Dante superi san Tommaso per intuizione e creatività. Dante è grande perché si ritira di là delle contraddizioni e delle conflittualità; afferma inoltre che la felicità è insidiata dalla criminalità e che la pace universale è possibile solo se si realizza l’impero universale, concetto espresso nel saggio politico in latino De Monarchia. Andando di là dell’orizzonte che conosciamo c’è un mondo divino ed è un mondo diverso».

Riguarda questo studio la sua prossima pubblicazione?
«Sì, discuterò sulla genialità di Dante e di san Tommaso d’Aquino, entrambi i più grandi geni italici nel loro campo ed anche in paragone di colleghi nel mondo. Ma Dante aveva molto da insegnare a san Tommaso. Ho trovato però che anche in san Tommaso c’è molta estetica, ma non è sviluppata perché il bello non si “sviluppa”. L’estetica è la massima espressione del valore della donna e dell’uomo, l’estetica non si sviluppa perché ha origine dalla bellezza dell’universo».

Tornando all’America, questa è stata certamente un’esperienza all’avanguardia per un giovane seminarista di quei tempi.
«Feci la mia prima visita in America nel 1956. A Roma avevo insegnato latino a delle congregazioni di giovani; quest’esperienza lavorativa mi aveva dato l’opportunità di mettere da parte un po’ di soldi che mi permisero di comprare il biglietto per il viaggio sul transatlantico “Cristoforo Colombo”. Mi imbarcai a Napoli e partii per New York con un amico. Al ritorno da questo primo viaggio americano ero già nel corpo insegnante del Seminario arcivescovile per le materie di Filosofia scolastica e Teologia sistematica.
La mia esperienza americana è durata nove anni in università della chiesa e di stato, cioè otto anni nello stato di New York, quattro anni a Rochester e quattro anni nell’Università di Erie in Pennsylvania; poi passai tre anni a Toronto, nel Canada inglese, nell’Istituto pontificio di studi medioevali fondato da Jacques Maritain e Étienne Gilson. Furono anni importanti d’insegnamento e di ricerca all’interno delle biblioteche americane. Negli anni sono tornato diverse volte negli Stati Uniti per semestri d’insegnamento. In un periodo di permanenza a Washington alloggiavo presso il College di Mount St-Mary a Emmitsburg che si trova alle spalle di Camp David. Profittai di questa residenza al College per frequentissime visite al Centro di studi bizantini Dunbarton Oaks della Harvard University, dove il ricordo illustre era che il primo gennaio 1942 i rappresentanti di ventisei nazioni si riunirono per firmare la Dichiarazione delle Nazioni Unite. Un documento che ribadiva gli obiettivi stabiliti dalla Carta Atlantica e nel quale vi appariva per la prima volta l’espressione “Nazioni Unite”, suggerita dal presidente Roosevelt.
Queste importanti esperienze fecero sì che, al mio rientro a Ravenna, l’allora vice presidente della provincia Widmer Mercatali mi chiese di attrezzare una foresteria con annessa biblioteca per ospitare gli studiosi stranieri che venivano in visita a Ravenna. Si sperava in un restauro del palazzo San Giacomo di Russi ed in effetti, in vista di quel progetto, cominciarono i primi lavori di recupero. Fu questa un’occasione che mi permise di raccogliere ulteriori informazioni in campo artistico all’interno delle più prestigiose università, biblioteche, musei e archivi americani. Passai, infatti, un lungo periodo in California e, a Los Angeles, il Jean Paul Getty Museum fu una vera rivelazione.
Per me l’America è importante pur essendo io un critico dell’America e soprattutto del capitalismo selvaggio. L’America è portatrice di una missione. Penso a tal proposito a Jacques Maritain e al suo incontro decisivo con la realtà americana che gli permise di individuare, nei diritti della persona, il nucleo fondamentale delle libertà che preesistono allo Stato e che in nessun modo esso può violare.
Su quest’argomento composi la mia tesi di laurea in Filosofia a Bologna. Gli Stati Uniti rappresentano il caso concreto di una democrazia costruita sui diritti umani, a prescindere da qualsiasi riferimento religioso del singolo».

Mentre rifletto, ecco che ancora una volta Montanari mi obbliga all’attenzione parlandomi all’improvviso della musica di Georg Friedrich Handel e del suo capolavoro Israel in Egypt. Compositore tedesco di età barocca, Handel è specializzato nell’oratorio, una composizione musicale d’ispirazione religiosa, ma non liturgica. Il Messiah è la sua opera più famosa. Provo a dedurre che il riferimento ad Handel è forse dovuto al fatto che la sua musica è la colonna sonora della monarchia inglese: una scelta musicale sostanzialmente obbligata. Parrebbe integrata con la realtà e l’ideologia del Commonwealth. Queste riflessioni sul Commonwealth furono fatte da Montanari con il punto critico di Edward Gibbon – che osservava che, se anche i barbari avessero invaso l’Europa, la Translatio Imperii sarebbe avvenuta con la creazione degli Stati Uniti d’America – e con l’interpretazione di Arnaldo Momigliano che Montanari considera un suo Maestro. Ma, intanto, Giovanni riprende ad espormi i suoi pensieri.
«Tornato a Ravenna nel 1978, per alcuni mesi smisi di dir Messa, pur continuando a credere alla chiesa Cattolica come grande entità storica e culturale. Sono un uomo della chiesa, un ecclesiastico, ma non potevo non tenere in considerazione le contraddizioni della teologia cristiana riguardo alla parousia: il ritorno, mai avvenuto sulla terra, di Gesù. Sono un ecclesiastico sì, ma sono anche un uomo della sinistra politica internazionale».

Chiuderei quest’intervista con alcune importanti e quanto mai attuali riflessioni riguardo i beni culturali del nostro paese, tratte da una video-intervista girata da Giuliana Bonazza, artista ed insegnante di Storia dell’arte, che Giovanni Montanari mi ha consigliato di ascoltare.
«I beni culturali sono ciò che considero con maggiore interesse, non tanto mio, ma come parte della mia cultura, in quanto sono il patrimonio dell’umanità, sono stati creati in tutte le tradizioni, in tutte le culture, in tutte le lingue. I beni culturali sono materia, e sono materia anche la terra, l’acqua, l’aria.
Sono patrimonio, come dicono gli inglesi, heritage, eredità. Il concetto di heritage implica spiegazioni ampie, articolate e con molteplici accezioni, dal momento che esso si riferisce a tutto ciò che riguarda il passato, inteso sia in senso concreto e materiale sia in senso astratto e immateriale, cioè, anche letterario: i monumenta sono monumenti fisici ed anche scritti storico-letterari.
Ne sono un esempio i Rerum Italicarum Scriptores del Muratori e i Monumenta Germaniæ Historica dei tedeschi. Nei secoli passati gli ambiti d’interesse dell’heritage erano principalmente le opere d’arte, i siti storico-archeologici, i monumenti, i palazzi e gli edifici antichi. Oggi, invece, questo concetto abbraccia anche tutto l’insieme delle tradizioni cosiddette immateriali: leggende, miti, usi e costumi, canoni, proverbi, feste popolari, valori etici e morali, quindi la letteratura mondiale sulla storia dell’arte. I beni culturali sono dunque l’intero patrimonio che le nuove generazioni ricevono in eredità da quelle passate, specialmente delle grandi religioni, è tutto ciò che viene conservato, protetto e collezionato per far sì che non vada perso con il trascorrere del tempo.
L’economia nei due termini ecos e nomos, cioè governo della casa, deve essere intesa come governo dell’habitat culturale, della bellezza di tutto quello che l’uomo crea. I valori veri non sono il denaro e nemmeno il lavoro inteso in senso generico, ma il lavoro che le persone producono creando. Nei periodi di crisi bisogna mettere in luce tutto questo e considerare che il patrimonio da salvare, ed anche da tesoreggiare, sono la cultura e i beni culturali. Per far questo bisognerebbe sostenere una federazione mondiale delle università, dei musei, delle soprintendenze, di tutto ciò che ha un tessuto basato sugli studi. È questa la forma di governo che ci vuole e non si può continuare a pensare che sia tempo perso quello dedicato alla cultura‚.

Bibliografia essenziale. Giovanni Montanari è autore di innumerevoli saggi e articoli di genere storico, teologico, filosofico e artistico Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Ravenna patrimonio dell’umanità. Globalizzazione e storia culturale, Ravenna, Longo Editore, 2006; Le copie dei mosaici antichi di Ravenna, foto di Gian Luca Liverani, Giorgio Biserni, Luigi Tazzari, Massimo Carioti, Ravenna, Comune di Ravenna, 2006; Ravenna: l’iconologia. Saggi di interpretazione culturale e religiosa dei cicli musivi, Ravenna, Longo Editore, 2002 (raccolta di saggi dal 1984 al 1991); Socrate, Cristo, Dante e la Bibbia. Saggi di filologia estetica e sull’Ebraismo fondamento della cultura; Ravenna, Edizioni del Girasole, 2002; (con Dante Leoni), Storia di Longastrino in età medioevale e moderna (secoli XI-XVIII), Cesena, Il ponte vecchio, 2002; Mosaico, culto, cultura. La cultura religiosa nei mosaici delle basiliche ravennati, Ravenna, Opera di religione della diocesi di Ravenna, 2000; San Pier Damiano in Dante e Petrarca. Interpretazione storica e teologica, in S. Pier Damiano nel IX centenario della morte (1072-1972), Cesena, Centro studi e ricerche sulla antica provincia ecclesiastica ravennate, 1972, vol. III, pp. 5-178; Determinazione e libertà in San Tommaso d’Aquino, Roma, Libreria editrice della Pontificia Università Lateranense, 1962.

Morti in corsia, assolta l’ex infermiera Poggiali, che torna libera: «Sono felice»

Per la Corte di assise di appello di Bologna “il fatto non sussiste”. Era accusata del decesso di due pazienti

Doppia assoluzione per Daniela Poggiali, ex infermiera imputata per l’omicidio di pazienti morti in corsia all’ospedale di Lugo.

La Corte di assise di appello di Bologna l’ha infatti assolta perché il fatto non sussiste nell’appello ter per la morte di Rosa Calderoni, 78enne deceduta l’8 aprile del 2014 e anche per il caso del 94enne Massimo Montanari, deceduto il 12 marzo 2014 sempre a Lugo.

Nel primo caso si partiva da un ergastolo, due volte riformato da assoluzioni in appello, poi annullate da altrettante Cassazioni. Nel secondo da una condanna a 30 anni, in primo grado. In entrambi, per la Corte, il fatto non sussiste.

Oltre alle due assoluzioni, la Corte di assise di appello ha ordinato anche l’immediata scarcerazione per l’ex infermiera Daniela Poggiali, accusata di aver ucciso i suoi pazienti in ospedale a Lugo.

L’imputata raggiungerà dunque Forlì, dove è in custodia cautelare, e poi una volta prese le sue cose, sarà di nuovo libera, come successe dopo la prima assoluzione, nel luglio 2017, all’epoca dopo mille giorni di carcere.

Nell’aula erano presenti la sorella e il cognato, che appena la Corte ha letto il dispositivo si sono avvicinati a lei. «Sono felice, non poteva che andare così», ha detto. (ANSA.it)

«Con i carabinieri imputati andavo al casinò a Venezia e in campagna a sparare»

Udienza 9 / La testimonianza di un commilitone di Del Dotto e Tasca, militari della stazione di Alfonsine a processo con l’amico idraulico Tarroni per l’omicidio di un 21enne nel 1987. Il teste fu anche visto in auto in compagnia di uno dei tre nei pressi della zona dove venne trovato il cadavere il giorno prima del ritrovamento

7Andavano in campagna a sparare ai barattoli, come fosse un film western, giocavano al Totocalcio e al casinò di Venezia, avevano debiti e chiedevano prestiti alle banche per lo sfizio di cambiare auto, inseguendo il mito Audi. È un ritratto sommario dei tre imputati per l’omicidio del 21enne Pier Paolo Minguzzi – rapito per estorsione ad Alfonsine nel 1987 e trovato morto dopo dieci giorni nelle valli ferraresi – emerso oggi, 25 ottobre, in occasione della nona udienza del processo che si sta celebrando in corte d’assise a Ravenna dopo 34 anni. Alla sbarra due ex carabinieri – il 59enne Angelo Del Dotto e il 58enne Orazio Tasca – e un idraulico loro amico, il 65enne Alfredo Tarroni. Il profilo è uscito dall’interrogatorio reso da Stefano Giubettini, collega dei militari alla stazione di Alfonsine all’epoca dei fatti. Nella testimonianza del 59enne romano – attualmente in servizio a Modena con il grado di brigadiere capo e poco a suo agio di fronte al microfono – sono emerse una serie di circostanze poco chiare al punto che la procura (pm Marilù Gattelli) si è riservata di chiedere la trasmissione degli atti per valutare l’apertura di un procedimento a carico del teste.

In particolare non sono sfuggite le incongruenze nel racconto di quanto successe il 30 aprile 1987, il giorno precedente al ritrovamento del cadavere di Minguzzi – carabiniere di leva a Mesola e figlio di una famiglia di industriali di Alfonsine – nelle acque del Po di Volano nella località Vaccolino (Ferrara). Il pm ha chiesto a Giubettini di fornire una spiegazione a quanto contenuto in una annotazione di servizio firmata da altri due carabinieri di Ravenna che stavano indagando sul sequestro. I militari – di pattuglia nelle valli di Comacchio – dissero di aver riconosciuto Tasca a bordo della sua Citroen Cx Pallas in compagnia di Giubettini, in due distinti momenti (alle 14.30 e alle 18) nello stesso punto come in un appostamento nei pressi di strada Portorose, in una zona dove poi venne individuata la stalla utilizzata come nascondiglio di Minguzzi dopo il rapimento.

«Stavamo andando a Venezia al casinò – attacca Giubettini per spiegare con un filo di voce – ma si guastò la macchina. Siamo rimasti un po’ fermi per capire se potevamo fare qualcosa e poi decidemmo che io sarei rimasto lì mentre Tasca tornava in autostop ad Alfonsine per prendere la mia auto e venire a riprendermi. Mentre ero da solo ricordo di aver visto passare i colleghi e di aver cercato di fermarli». I colleghi, nel frattempo deceduti, non potranno venire in aula a testimoniare ma nella loro relazione non si fa cenno a nulla di tutto ciò. Così come non si può fare a meno di notare che il punto in cui erano non stava sulla statale Romea che si dovrebbe percorrere da Alfonsine verso Venezia: «Tasca disse che conosceva una scorciatoia e io che ero lì da poco mi fidai».

E poi c’è quella scena di quattro uomini che sparano ai barattoli come fosse il far west. Giubettini ammette che era solito farlo in compagnia degli odierni imputati, quindi compreso un civile. Lo dirà anche lo stesso Tarroni a luglio 1987 quando venne arrestato con Tasca e Del Dotto per un’altra tentata estorsione – ai danni della famiglia Contarini – e l’omicidio di un carabiniere impegnato nelle operazioni per sventare il reato. Per quella seconda vicenda hanno scontato pene tra 22 e 25 anni, ma mai furono indagati per il caso Minguzzi fino al 2018 quando è stato riaperto il cold case.

Al porto di Ravenna inaugura il primo deposito in Italia di gas naturale liquefatto

Il 26 ottobre taglio del nastro dell’impianto costato cento milioni di euro

GnlIl primo deposito di gas naturale liquefatto (Gnl) in Italia sarà inaugurato a Ravenna, nell’area industriale sulla sponda sinistra del porto, il 26 ottobre.

L’investimento da circa cento milioni di euro è della Depositi Italiani Gnl (Dig), controllata al 51 percento dalla Pir della famiglia Ottolenghi (gruppo che fornisce servizi logistici di stoccaggio e movimentazione di prodotti chimici e petroliferi e commercia prodotti petroliferi), per il 30 percento da Edison e per il 19 percento da Scale Gas Solutions (del gruppo spagnolo Enagás).

Il nuovo deposito di Ravenna avrà una capacità di movimentazione annua di oltre un milione di metri cubi di gas ed una capacità di stoccaggio di 20mila mc.

La realizzazione dell’impianto è stata fatta da Rcm Costruzioni del gruppo Rainone che ha vinto anche il bando di gara da 230 milioni di euro dell’Autorità portuale per fondali e banchine.

L’11 ottobre al porto si è tenuta la cerimonia di battesimo della nave metaniera Ravenna Knutsen che garantirà l’approvvigionamento del deposito: può trasportare fino a 30mila mc di Gnl. Con una larghezza di 28 metri, un’altezza di venti metri e una lunghezza di 180 metri, la bettolina può raggiungere una velocità di 15 nodi.

Alla vigilia dell’inaugurazione, Legambiente interviene per contestare il progetto, come accade sin dalle fasi iniziali dell’iter di autorizzazione anche con una raccolta firme: «È stata un’assurdità inserire l’impianto in un contesto già a rischio incidenti rilevanti elevato ed oltretutto così vicino al centro abitato. La riteniamo una scelta motivata solo da interessi economici dei proponenti e senza un reale beneficio per la comunità».

L’associazione ambientalista fa riferimento a un recente studio dell’associazione Transport & Environment secondo cui i camion alimentati a Gnl, mezzi su cui prevalentemente verrà destinata la risorsa, «emetterebbero 37 volte più particolato atmosferico dei veicoli a diesel, 2-5 volte in più di NOx ed il 26% in più di gas climalteranti considerando tutta la filiera del combustibile». Il tema centrale sono infatti i gas climalteranti: «Nel 2030 il Piano d’azione per l’energia sostenibile ed il clima (Paesc) del Comune di Ravenna si propone di tagliare del 60 percento l’emissione di gas climalteranti, ma intanto sul territorio si promuovono progetti che le incrementano».

Covid, altri 38 nuovi casi (e due decessi) in provincia di Ravenna

 

Sono 38 (su quasi 1.500 tamponi) i nuovi casi di positività al coronavirus registrati in un giorno in provincia di Ravenna, dove sono stati comunicati anche due nuovi decessi, quelli di una donna di 98 e di un uomo di 67 anni, Restano tre, in provincia, le persone ricoverate in terapia intensiva.

IL BOLLETTINO REGIONALE DEL 25 OTTOBRE

Dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus, in Emilia-Romagna si sono registrati 430.099 casi di positività, 362 in più rispetto a ieri, su un totale di 15.023 tamponi eseguiti nelle ultime 24 ore.

La percentuale dei nuovi positivi sul numero di tamponi fatti da ieri è del 2,4%, un valore non indicativo dell’andamento generale visto il numero di tamponi effettuati, che la domenica è inferiore rispetto agli altri giorni. Inoltre, nei festivi soprattutto quelli molecolari vengono fatti prioritariamente su casi per i quali spesso è atteso il risultato positivo.

Per quanto riguarda le persone complessivamente guarite, sono 901 in più rispetto a ieri e raggiungono quota 407.055. I casi attivi, cioè i malati effettivi, oggi sono 9.485 (-544). Di questi, le persone in isolamento a casa, ovvero quelle con sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 9.166 (-548), il 96,6% del totale dei casi attivi.

Purtroppo, si registrano 5 decessi: 2 in provincia di Parma (una donna di 89 anni e un uomo di 90), 1 in provincia di Bologna (un uomo di 98 anni), 2 in provincia di Ravenna (un uomo di 67 anni e una donna di 98).

In totale, dall’inizio dell’epidemia, i decessi in regione sono stati 13.559.

I pazienti ricoverati in terapia intensiva sono 32 (-1 rispetto a ieri), 287 quelli negli altri reparti Covid (+5).

Sul territorio, i pazienti ricoverati in terapia intensiva sono così distribuiti: 2 a Piacenza (-1 rispetto a ieri); 3 a Parma (invariato); 4 a Modena (invariato); 12 a Bologna (+1); 4 a Imola (invariato); 3 a Ravenna (invariato); 2 a Forlì (-1); 1 a Cesena (invariato), 1 a Rimini (invariato). Nessun ricovero a Reggio Emilia e Ferrara (come ieri).

Questi i casi di positività sul territorio dall’inizio dell’epidemia, che si riferiscono non alla provincia di residenza, ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 26.523 a Piacenza (+11 rispetto a ieri, di cui 7 sintomatici), 32.978 a Parma (+40 di cui 11 sintomatici), 51.496 a Reggio Emilia (+17, di cui 15 sintomatici), 72.511 a Modena (+93, di cui 35 sintomatici), 90.164 a Bologna (+57, di cui 50 sintomatici), 13.672 casi a Imola (+27, di cui 18 sintomatici), 25.843 a Ferrara (+19, di cui 11 sintomatici), 34.568 a Ravenna (+38, di cui 24 sintomatici), 18.964 a Forlì (+18, di cui 15 sintomatici), 21.684 a Cesena (+22, di cui 18 sintomatici) e 41.696 a Rimini (+20, di cui 14 sintomatici).

Ripascimento, tra Lido Adriano e Punta Marina in arrivo 335mila metri cubi di sabbia

Lavori in primavera, grazie al Progettone 4 della Regione. Quasi 20 milioni di euro per la Romagna

RipascimentoAl via la Conferenza dei Servizi sul primo lotto di lavori del “Progettone 4”. Stamattina (25 ottobre), a Ravenna, si sono riuniti per la prima volta tutti gli enti competenti ad esprimere un parere tecnico sui lavori per rimpinguare il litorale romagnolo con 1 milione 100 mila metri cubi di sabbia in più (circa un terzo per il Ravennate). La valutazione delle opere proposte sarà conclusa nei prossimi giorni: è la premessa fondamentale per concludere in tempi celeri la progettazione esecutiva degli interventi.

«Si tratta di un passaggio fondamentale per affidare i lavori entro l’inizio del 2022 e far così partire i cantieri in primavera – spiega l’assessore regionale alla Difesa del suolo e della costa, Irene Priolo, presente alla seduta insieme a Michele De Pascale, presidente della provincia di Ravenna, e agli amministratori locali dei Comuni coinvolti -. Le prime opere a partire riguarderanno circa 11 chilometri di costa delle tre province della Romagna, per un valore complessivo di oltre 19 milioni e mezzo di euro. Nel frattempo proseguirà la progettazione dell’intervento riguardante il ferrarese, destinato a partire nell’autunno 2022».

La sabbia che arricchirà i tratti costieri di Rimini, Forlì-Cesena e Ravenna sarà prelevata off shore, cioè da giacimenti sottomarini situati 50 chilometri al largo.

«La Regione ha deciso di giocare in anticipo- aggiunge l’assessore -, senza attendere l’arrivo di risorse del Pnrr e stanziando subito i fondi necessari a procedere, per un totale di 22 milioni complessivi per 15 chilometri di litorale caratterizzati da criticità per erosione, subsidenza ed esposizione al rischio di ingressione marina».

«A primavera del prossimo anno daremo inizio ai lavori di ripascimento del nostro litorale – ha commentato de Pascale – verranno trasportati 335 mila metri cubi di sabbia nel tratto di costa che va da Lido Adriano a Punta Marina, per contrastare il fenomeno della subsidenza. Si tratta di interventi fondamentali a protezione delle nostre spiagge che rappresentano per il nostro territorio un valore preziosissimo in termini ambientali, turistici ed economici. Grazie all’assessora Priolo, che a seguito di un sopralluogo a Lido Adriano fatto in settembre insieme alla Pro Loco del territorio, ne ha tenuto conto all’interno del Progettone 4».

Ravenna prima provincia in Italia per denunce di furti in abitazione

Secondo la classifica del Sole24Ore che fotografa le denunce in rapporto alla popolazione residente

Ladro CasaRavenna è la prima provincia in Italia per furti in abitazione. Lo si evince dalla consueta classifica sulla criminalità del Sole 24 Ore che fotografa le denunce (in rapporto alla popolazione residente) registrate nel 2020 nelle 106 province, per quasi 40 tipologie diverse di reati.

La classifica generale (a questo link) vede Milano ancora prima, seguita da Bologna e Rimini (nelle prime venti sono sei le province dell’Emilia-Romagna), ultima Oristano, considerata quindi la più sicura. Ravenna è 17esima.

Nelle classifiche dei vari reati invece spicca appunto il primo posto di Ravenna in quella dei furti in abitazione con 410,9 denunce ogni 100mila abitanti (davanti a Bologna e Modena).

Ravenna è sul podio (al terzo posto) anche per quanto riguarda gli omicidi colposi (5,4 denunce ogni 100mila abitanti), dietro a Chieti e Latina.

Rosy Bindi parla di rinascita a Faenza

L’ex ministro alla sala consiliare di piazza del Popolo per la rassegna dell’associazione Romagna-Camaldoli

Rosy BindiCi sarà Rosy Bindi all’ultimo degli “Incontri d’autunno” di Faenza, il ciclo (quest’anno intitolato “Oltre il male”) organizzato dall’associazione Romagna-Camaldoli, a cura di Giorgio Gualdrini.

 

L’appuntamento è per martedì 26 ottobre dalle 20.45 alla sala consiliare Enrico De Giovanni di Piazza del Popolo.

L’ex ministro parlerà attorno al tema “Oltre il male: orizzonti per una rinascita” con la pedagogista Luigina Mortari dell’Università di Verona. Ingresso libero.

Per l’occasione sarà allestita con amplificatori e sedie a norma di legge anche la Sala delle Bandiere, aperta sulla sala consiliare.

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