venerdì
12 Settembre 2025

Ventiseiesima edizione per la stagione concertistica Mikrokosmi

Un cartellone che unisce artisti di fama internazionale e giovani emergenti

Gile Bae
Gile Bae

Organizzata dall’associazione culturale Mikrokosmos sotto la direzione artistica di Barbara Valli, prosegue l’edizione 2024 di “Mikrokosmi”, la ventiseiesima, stagione concertistica attesa e apprezzata per la capacità di unire linguaggi artistici diversi tra loro in proposte di grande caratura.

Fino al 28 aprile – nella sala Corelli del teatro Alighieri, la domenica mattina alle 11 – altri sette appuntamenti con artisti di fama internazionale e giovanissimi talenti che si sono distinti in masterclass e importanti concorsi, e il teatro di prosa con la compagnia teatrale Anime Specchianti, con la quale Mikrokosmos ha appena avviato una collaborazione.

Il 25 febbraio sala Corelli ospiterà una pianista di caratura internazionale: Gile Bae, olandese di origini coreane, si è perfezionata in Italia col Maestro Franco Scala (Accademia di Imola) e viene regolarmente invitata nei teatri più importanti del mondo.

Il 3 marzo ascolteremo il talento del giovanissimo pianista spoletino Edoardo Riganti Fulginei e il 10 marzo l’abituale appuntamento con Mikrokosmi Off vede protagonista l’Orchestra dei Giovani diretta da Marco Paganelli e Franco Emaldi.

Il 17 marzo la compagnia Anime specchianti porta in scena Basta Dante: trovarsi a spiare una compagnia teatrale nel flusso creativo della sala prove può essere un’esperienza esilarante. L’incontro delle menti di una secchiona bacchettona, una yogi zen e una creativa sopra le righe potrebbe risultare esplosivo, tra dubbi, sconforto ed entusiasmi, attraverso aneddoti, curiosità e testi del grande Poeta. Con Francesca De Lorenzi, Martina Cicognani e Giorgia Massaro.

Il 7 aprile torna Denis Zardi con un recital pianistico introdotto dalla giovanissima chitarrista Emma Sofia Zardi.

Il 14 aprile ci sarà Barbara Virtuosissima Cantatrice, concerto spettacolo dedicato a Barbara Strozzi, una sorta di rievocazione che tratteggia a tratti soffusi le atmosfere dei salotti veneziani di metà ‘600. Con la voce di Chiara Nicastro, Valeria Montanari al clavicembalo, la viola da gamba di Rosita Ippolito, la voce recitante di Francesca De Lorenzi e la danzatrice Giorgia Massaro.

Il 28 aprile, a conclusione della rassegna, il pianista di Sassuolo Federico Primiceri, 16 anni e un talento che già si è fatto notare.

Biglietti e abbonamenti presso la biglietteria del teatro Alighieri.

Info: 347 4310058.

Tornano le serate in biblioteca tra giochi da tavolo e letteratura

La Trisi rinnova la rassegna di incontri ludici inaugurando una collaborazione con la società ravennate Cobblepot Games che produce giochi in scatola. Venerdì 23 febbraio il primo appuntamento con sessioni guidate di “Penny Dreadfuls”. Introdotto da inizio anno anche un servizio di prestito dedicato

Giacomo Santopietro Cobblepot Games

Alla biblioteca Trisi di Lugo tornano le “Game Nights”, incontri serali dedicati ai giochi da tavolo che si svolgeranno a cadenza mensile per tutto il 2024. Quest’anno, la rassegna è caratterizzata da una collaborazione con Cobblepot Games, società ravennate che, con oltre undici anni di esperienza, ha ideato e prodotto giochi da tavolo pubblicati da editori nazionali e internazionali. Le “Game Nights” si propongono di evidenziare e rafforzare il legame intrinseco tra il gioco e il libro, nell’ambito di un progetto di promozione della lettura attraverso sperimentazioni innovative.

Il primo appuntamento si terrà venerdì 23 febbraio alle 20.30 (altri appuntamenti già previsti il 15 marzo, 19 aprile e 10 maggio). Durante l’evento sarà presentato il nuovo gioco Penny Dreadfuls: gli Orrori di Londra, edito da Giochi Uniti. Gli autori Gabriele Mari e Gianluca Santopietro (qui potete trovare un nostro approfondimento) saranno presenti per guidare i partecipanti e aiutarli ad immergersi nei vicoli sovraffollati dei bassifondi di una Londra ambientata tra il 1850 e il 1899: i giocatori vestiranno i panni di malcapitati protagonisti, affrontando terribili vicende dove deduzione, scelte e prove porteranno a generose ricompense o spiacevoli conseguenze.

Il gioco trae ispirazione dai famosi penny dreadful, pubblicazioni economiche dell’epoca vittoriana che hanno contribuito in modo indelebile all’alfabetizzazione e alla cultura popolare attraverso racconti macabri e sensazionalistici. La lettura ad alta voce delle carte, durante il gioco, renderà l’esperienza ancora più coinvolgente, stimolando la comprensione del testo, approfondendo il contesto narrativo e andando a sottolineare il connubio tra letteratura e gioco promosso dalla biblioteca. Le sessioni di gioco saranno gratuite e guidate, in modo da adattarsi anche ai principianti.

Da gennaio di quest’anno la biblioteca offre un servizio di prestito a domicilio del suo ricco patrimonio ludico, riconoscendo il valore culturale, aggregativo e sociale dei giochi da tavolo. «La biblioteca Trisi è stata una pioniera di questo modo innovativo di fruire degli spazi bibliotecari e di promuovere la lettura – spiega l’assessora alla Cultura Anna Giulia Gallegati -. Un percorso frutto della capacità della direttrice Sbiroli e dello staff di intercettare e lavorare sulle novità in grado di avvicinare nuovi pubblici alla biblioteca. Mi piace sottolineare che recentemente abbiamo approvato all’unanimità in Consiglio Comunale anche il nuovo regolamento per il prestito dei giochi da tavolo. Con il programma presentato oggi possiamo dire di aver fatto un ulteriore salto di qualità in un’offerta già ricca e accolta con interesse dall’utenza».

Per ulteriori informazioni, è possibile contattare biblioteca Trisi allo 0545 299556, 3395380983 o scrivendo una mail a trisi@comune.lugo.ra.it,

Arrestato professore di religione: in casa aveva cocaina e 9mila euro in contanti

Perquisizione a sorpresa nella notte. L’uomo è accusato di spaccio

Cocaina
Foto di repertorio

Nell’ambito di un’indagine aperta fuori regione – diretta dalla procura di Como – i finanzieri hanno effettuato una perquisizione a sorpresa in una casa di Mezzano, arrestando un uomo per detenzione di droga ai fini di spaccio.

Si tratta – come scrivono i quotidiani Resto del Carlino e Corriere Romagna in edicola oggi (21 febbraio) – di un professore di religione, sorpreso nella notte tra lunedì e martedì a nascondere nella propria abitazione 52 grammi di cocaina e 9mila euro in contanti, di cui ora dovrà giustificare il possesso davanti al giudice.

[+++AGGIORNAMENTO+++] In un comunicato, la diocesi smentisce: “Non ha mai insegnato religione e non ha mai avuto nessuna abilitazione da parte della Diocesi il 41enne fermato martedì mattina dalla Guardia di Finanza nella sua casa di Mezzano con 52 grammi di cocaina suddivisi in involucri di cellophane. L’uomo, a cui è stato convalidato l’arresto con l’obbligo di dimora, è stato descritto sui media locali come ex insegnante di religione.
Mentre il nome, per come è riportato nelle cronache dell’operazione dai media locali, non risulta nell’elenco degli insegnanti di religione della diocesi di Ravenna-Cervia e nemmeno tra gli abilitati ad insegnare Religione cattolica“.

Sono stati rimontati e sono di nuovo operativi i due velox abbattuti nel Faentino

Le operazioni sono costate 10mila euro, che dovrà pagare il colpevole, se individuato

Velox Faenza
Uno dei due velox re-installati, in una foto postata sul gruppo Facebook “Sei di Faenza se…”

Sono stati ripristinati in questi giorni i due velox abbattuti nel Faentino. Si tratta del dispositivo presente sulla circonvallazione di Faenza, all’altezza dello svincolo per Santa Lucia, e di quello sulla provinciale 47 a Borello, frazione di Castel Bolognese.

I pali delle due telecamere, come ormai noto, erano stati abbattuti, presumibilmente con un flessibile. L’effetto Fleximan in provincia ha portato all’abbattimento complessivo di cinque apparecchi.

Per rimontare i due velox del Faentino sono stati spesi dalle casse pubbliche circa 10mila euro più Iva. Un conto che verrà addebitato al colpevole (o ai colpevoli) se sarà mai individuato. Le indagini sono in corso.

Allarme smog, in provincia misure d’emergenza in 23 degli ultimi 28 giorni

Temperature fino a 19 gradi nelle case e divieto di combustione all’aperto

Nicola Montalbini
Illustrazione di Nicola Montalbini

Schizzano gli indicatori di smog nel cuore della Pianura padana: in Emilia sono stati registrati livelli di particolato pm10 (che comprende anche polveri pm2.5) oltre il doppio della soglia giornaliera indicata per legge che è di 50 microgrammi per metro cubo. Per dieci giorni su 14 questo limite è stato di gran lunga superato nel Piacentino, con un picco di 119 (il 19 febbraio), e nel Modenese, con un massimo di 111 (sabato). I 119 microgrammi di Piacenza sono il valore più alto registrato da inizio anno in regione.

Sui social a commentare questi dati con un’illustrazione, che pubblichiamo qui sopra, anche l’artista ravennate Nicola Montalbini, che denuncia l’eccessiva cementificazione.

A Ravenna il picco è stato di 90 in gennaio. Dal 25 gennaio al 21 febbraio compresi per 23 giorni su 28 sono state in vigore le ulteriori limitazioni previste dal Piano aria regionale (resteranno in vigore anche per tutta la giornata di mercoledì 21 febbraio, per poi decadere dal 22).

Ulteriori limitazioni che per i tre principali comuni della provincia (Ravenna, Faenza e Lugo) prevedono l’obbligo di mantenere una temperatura fino a un massimo di 19 gradi (con 2 di tolleranza) nelle case e negli uffici e di 17 gradi nei luoghi che ospitano attività produttive e artigianali; il divieto di uso (in presenza di impianto alternativo) di generatori di calore domestici alimentati a biomassa legnosa con classe di prestazione energetica ed emissiva inferiore a 4 stelle; il divieto di combustione all’aperto (falò, barbecue, fuochi d’artificio) e il divieto di spandimento di liquami con tecniche non ecosostenibili.

Tali disposizioni si aggiungono alle misure ordinarie vigenti dal primo ottobre al 30 aprile e che prevedono: per tutti i Comuni della provincia il divieto di abbruciamento di residui vegetali e il divieto di circolazione, dalle 8.30 alle 18.30 nelle aree urbane individuate da appositi cartelli a tutti i veicoli diesel di categoria emissiva inferiore a Euro 4 compreso (in realtà Euro 3 per i residenti nei comuni il cui territorio sia stato alluvionato, quindi tuti quelli della provincia), ai veicoli a benzina di categoria inferiore a Euro 2 compreso e ai veicoli a doppia alimentazione, ciclomotori e motocicli di categoria inferiore a Euro 1 compreso.

Trasformare l’anidride carbonica in energia green: un progetto ravennate a Cagliari

L’impianto, realizzato da Res Italia per Sardegna Ricerche, utilizza un processo di metanazione biologica per semplificare lo stoccaggio

RESitalia MetanatoreBiologico 0

Un impianto in grado di trasformare un agente inquinante come l’anidride carbonica prodotta da attività antropiche in energia sostenibile, rinnovabile e adatta a un facile stoccaggio. Questo il progetto realizzato per Sardegna Ricerche da Res (Reliable Environmental Solutions) Italia, società cooperativa con sede a Ravenna, fondata nel 2004 da Chato Della Casa.

Da anni l’azienda è impegnata nello sviluppo di applicazioni e soluzioni impiantistiche innovative, basate sulla digestione anaerobica. Oggi, sotto la presidenza di Davide Bersani, 48enne laureato in ingegneria meccanica e progettista di macchine e impianti, la produzione è orientata sulla realizzazione di impianti prototipali ed attrezzature sperimentali.

Il “Metanatore Biologico” per l’agenzia Sardegna Ricerche vuole trovare risposta a una delle problematiche più importanti che dovrà affrontare l’umanità nei prossimi anni, ovvero quella della conservazione dell’energia rinnovabile, di sempre più largo consumo. Lo stoccaggio nel breve termine è relativamente semplice, così come il suo utilizzo istantaneo. Si complica però la gestione sul medio o lungo termine. Ci sono picchi di surplus che non sono facili da distribuire lungo la rete elettrica istantaneamente: le batterie non bastano più, ce ne vorrebbero di gigantesche e sarebbero molto costose anche nella gestione.

L’impianto pilota è stato installato nella zona artigianale di Cagliari ed è costituto da un reattore nel quale crescono dei ceppi batterici specializzati che si nutrono di anidride carbonica (immessa tramite bombole in questa fase sperimentale, ma di fatto uno degli inquinanti che più causano problemi all’ambiente) e idrogeno (prodotto dall’idrolisi dell’acqua).Quest’ultimo processo ha bisogno di energia per realizzarsi, che può essere “green”, prodotta da eventuali eccessi di energia rinnovabile non programmabile, la quale viene immagazzinata sotto forma di metano attraverso la conversione dell’idrogeno proprio tramite metanazione biologica.

Si passa così, ad esempio, da un surplus di energia solare, non immagazzinabile a lungo termine in batterie, a metano, risorsa energetica tipicamente stoccabile e conservabile senza troppe complicazioni.
«Il processo di metanazione biologica è noto da tempo, ma certamente è unico nel suo genere l’impianto che abbiamo realizzato in collaborazione con Sardegna Ricerche, dove è attivo un progetto di circolarità energetica ben integrato con altri impianti che avevamo installato negli anni passati – spiega Bersani – Ma le applicazioni che prevediamo possibili, attraverso questo processo, sono davvero innumerevoli se pensiamo solo che si utilizza un inquinante come l’anidride carbonica per produrre energia rinnovabile. Il nostro obiettivo è quello di sviluppare soluzioni tecnologiche che consentano di affrontare e risolvere problematiche energetiche ed ambientali, garantendo uno sviluppo sostenibile nei relativi settori di intervento».

Metanatore LineaGasOutput Particolare

Approfondimento tecnico sul Metanatore.
L’impianto è finalizzato alla conduzione di test per la metanazione di anidride carbonica e idrogeno, in modalità batch oppure con funzionamento in continuo. Il cuore del sistema è un reattore di tipo bubble column avente un volume utile di circa 70 litri, all’interno del quale vengono immesse miscele stechiometriche di anidride carbonica e idrogeno, mediante sparger a disco forato. L’impianto, a norma Atex e installato su skid carrellato, è equipaggiato con sensori per la misura, l’acquisizione, il controllo e la regolazione di: temperatura, pH, Co2 , O2 disciolti all’interno del reattore; pressione del sistema; massa del medium colturale all’interno del reattore; portate dei gas in input (Co2 e H2) e della miscela gassosa in output dal sistema; livello del liquido e delle eventuali schiume nel reattore. È inoltre presente un sistema a sonda ottica per la visione interna al reattore. L’impianto è equipaggiato con dispositivi i quali rendono possibile l’attivazione ed il controllo di procedure automatiche di sterilizzazione termica (mediante acqua surriscaldata) o chimica del sistema. Tramite il sistema di automazione e controllo è possibile acquisire, registrare e regolare i dati di processo rilevati tramite i diversi sensori di cui la macchina è dotata, tra cui pH e temperatura del medium colturale (fino ad un valore massimo di 70°C), pressione all’interno del reattore (fino ad un valore massimo di 6 barg). Il sistema è equipaggiato per gestire una portata massima di gas in input costituita da Co2 fino a 3’000 L/giorno e H2 fino a 750 L/giorno. Ma anche attivare e monitorare le diverse procedure automatiche implementate: alimentazione del medium colturale, termostatazione, regolazione del pH, ricircolo del digestato, lavaggio e sanificazione chimica e termica dei componenti critici d’impianto. L’impianto pilota è dotato di pannello di controllo per una gestione ottimale, da parte dell’operatore, di tutte le procedure implementabili e le attività necessarie; è inoltre possibile modificare costanti e parametri di processo. L’impianto è monitorabile anche da remoto, grazie ad un apposito sistema di telecontrollo.

In centinaia a Cervia alla presentazione della candidatura a sindaco di Missiroli

Al Magazzino del Sale il centrosinistra ha aperto la campagna elettorale. Tra le prime idee, la riqualificazione delle colonie

Foto Uno ComunicatoLunedì 19 febbraio, in un Magazzino del Sale Torre gremito di centinaia di persone, Mattia Missiroli ha presentato pubblicamente la sua candidatura per il centrosinistra a sindaco della città di Cervia per le prossime elezioni amministrative dell’8 e 9 giugno.

Diverse le idee forti lanciata già in questa prima occasione da Missiroli: «riqualificazione delle colonie e la demolizione della colonia Varese, mantenendone il valore storico testimoniale; collegamento del Parco urbano, da progettare esecutivamente e l’area pubblica recentemente acquisita dell’ex garage Europa, a Milano Marittima, con l’obiettivo di rafforzare Cervia come città dello sport; valorizzazione dell’asse saline- porto, due porte principali di Cervia con elemento di collegamento l’acqua, il porto canale, passando dal centro storico, da riqualificare per essere testimonianza forte della città di fondazione».

Sull’urbanistica, chiara l’affermazione di non consumare suolo, bensì puntare sulla rigenerazione urbana creando le condizioni per realizzare alloggi per giovani coppie e fasce economicamente deboli.

A Faenza due cantieri per due ponti. Nasce una rotatoria tra le vie Lapi e Renaccio

Manutenzione straordinaria al Ponte delle Grazie danneggiato dagli allagamenti, mentre proseguono i lavori per il Bailey

LavoriPGrazie

Proseguono i lavori preparatori per la posa del ponte Bailey che consentirà il collegamento veicolare tra via Renaccio e il Borgo di Faenza. Dopo il cantiere allestito nei giorni scorsi in piazza Lanzoni, la ditta incaricata, dalla prossima settimana, partirà con l’intervento per la realizzazione della rotatoria tra via Lapi e via Renaccio, che consentirà la gestione dei flussi del traffico veicolare dopo la realizzazione del ponte Bailey. I lavori non comporteranno la chiusura delle strade anche se potrebbero verificarsi disagi temporanei dovuti al can-tiere.

L’amministrazione ha deciso di rendere permanente l’opera di modifica alla viabilità, così da aumentare la sicurezza stradale nell’intersezione di via Lapi e via Renaccio.

Nel frattempo, sono iniziati i lavori di manutenzione straordinaria del Ponte delle Grazie che, durante le alluvioni di maggio 2023, è stato quasi completamente sommerso dalle acque, cosa che ha fortemente sollecitato le travi dell’impalcato.

Nei giorni scorsi è stato allestito il ponteggio sospeso sotto l’impalcato per consentire agli operai della ditta incaricata dell’intervento le lavorazioni per il ripristino delle travi; nello specifico si eseguirà un intervento di rinforzo delle travi ‘tampone’ con l’inserimento di nuove staffe in acciaio per cemento armato, oltre il ripristino della sezione resistente. L’intervento, ritenuto urgente e finanziato attraverso l’Ordinanza 13/2023 della Struttura commissariale, consentirà di poter riaprire al traffico veicolare, comunque a carico limitato e in un solo senso di marcia, il Ponte delle Grazie.

L’intento dell’amministrazione – si legge in una nota del Comune – sarà quello di far procedere di pari passo i lavori per consentire la riapertura del Ponte delle Grazie con quelli che si stanno svolgendo per la posa del ponte Bailey, così da tenere allineate il più possibile le tempistiche dei due cantieri.

Le immagini dell’alluvione raccolte in una mostra del fotografo Luigi Tazzari

Gli scatti, tratti dal libro “Romagna Mia… Per non dimenticare” resteranno in esposizione fino al 10 marzo

Faenza (RA)

Il centro sociale “Le Rose” (via S.Alberto 73) ospiterà fino al 10 marzo la mostra fotografica “Romagna Mia… Per non dimenticare”, un’esposizione delle immagini delle alluvioni dello scorso maggio tratte dall’omonimo libro fotografico di Luigi Tazzari. L’inaugurazione è prevista per mercoledì 21 febbraio, ore 14.30, alla presenza dell’autore ravennate.

L’iniziativa, voluta dal centro sociale e organizzata con il supporto del proprio Circolo fotografico, vuole essere un’ occasione di riflessioni e testimonianze dedicate a chi ha sofferto e a quanti si sono prodigati in aiuto della comunità durante la disastrosa alluvione del maggio scorso. Dopo l’inaugurazione, seguirà un breve convegno dove, oltre alle parole del sindaco e del prefetto, sono previsti i contributi del presidente del centro “Le Rose” Idio Antonelli, il fotografo Luigi Tazzari, il presidente della Cab-TerRa Fabrizio Galavotti, il volontario “angelo del fango” Stanislav Khutrin.

Saranno proiettati due filmati, uno prodotto dalla Prefettura ed una dalla Legacoop. L’occasione sarà anche la degna sede per valorizzare l’impegno e la sensibilità degli oltre 700 soci del centro sociale, che hanno fornito un contributo di 30.000 euro alle famiglie di alcuni soci alluvionati, ai centri sociali Ancescao del territorio danneggiati e alla raccolta fondi indetta dal Comune di Ravenna.

Dall’anoressia al “Binge eating”: come mi sono trasformata nel mio peggior incubo

Pubblichiamo una sorta di diario di una ragazza che ci ha voluto raccontare il proprio rapporto con i disturbi del comportamento alimentare. Con l’obiettivo di mettere in guardia altre ragazze come lei e i loro famigliari.

Capitolo 1: L’inizio

È iniziato tutto con una dieta. Avevo tredici anni e mezzo e frequentavo il terzo anno di scuole medie. Non occorre che descriva quel periodo: chiunque abbia vissuto l’adolescenza ne conosce i dispiaceri e le complessità. Io ne ho attraversato ogni aspetto, dal bullismo “soft” – quello che non agisce con il corpo ma con le parole – ai crudeli amori non corrisposti, con un’autostima già fragile e uno strato superiore della pelle non ancora inspessito dall’esperienza.

Sono cresciuta negli anni Duemila, gli anni di Twilight e dei jeans a vita bassa. Sono nata e cresciuta con l’idea che la bellezza – un certo tipo di bellezza, oggettiva e incontestabile – sia un valore, e che chi ne è privo meriti tutta la commiserazione del mondo. Soprattutto, sono cresciuta con l’idea, amplificata da pubblicità e passerelle, che magro è bello. Che se l’osso sporge e le cosce non si sfiorano tra loro, puoi ritenerti all’altezza di un certo standard. Diversamente, o ti condanni all’infelicità e al biasimo sociale, o fai qualcosa per rimediare. Perché essere grassi dà fastidio, e non solo alla tua immagine riflessa allo specchio. Dà fastidio anche agli altri.

Mi è sempre piaciuto mangiare. A soli tre anni rubavo il cotechino dai vassoi durante le feste in casa. Amavo il cibo, amavo la convivialità, amavo il senso di pienezza e calore di uno stomaco sazio e appagato. A un certo punto, evidentemente, ho smesso di amarlo.

Durante la primavera del 2010 cominciai a fare i conti con la mia inadeguatezza fisica. Pesavo 56 kg per 163 cm di altezza. Nei lunghi pomeriggi dopo la scuola, davanti alla tv e ai libri di testo, mangiavo tanti gelati e merendine. Lo facevo lontano dagli occhi degli altri, dato che passavo molto tempo da sola. A ripensarci adesso, era una situazione abbastanza normale per una ragazza della mia età. Ero golosa; tanti miei coetanei, allora, non si curavano delle calorie che ingerivano.

Io però decisi che dovevo darmi una regolata, dovevo cambiare. Ricordo che un giorno andai a scuola con un tristissimo pacchetto di cracker per merenda. Mi pesò tantissimo.

Da lì scattò qualcosa nella mia testa. Iniziai ad andare a correre e a perdere peso, prima lentamente poi sempre più rapidamente. Nel mio cervello deve essersi formata una strana equazione per cui meno cibo più allenamento uguale bellezza. E la bellezza, o per meglio dire la perfezione (soprattutto fisica, ma non solo) era tutto.

Camminavo per strada e cercavo ossessivamente la mia immagine riflessa nelle vetrine dei negozi. Mi chiudevo in camera a fare gli addominali senza tappetino e la schiena a contatto con la rigidità del parquet mi provocava lividi lun- go la spina dorsale. Scattavo fotografie ravvicinate dei miei denti e del mio naso per controllarne la forma e le irregolarità. Mi guardavo e mi ripetevo che facevo schifo.

Mi odiavo. E odiavo madre natura per avermi fatta in quel modo. Persi 8 chili in due mesi.
Iniziai a rifiutare categorie di cibo specifiche: prima i dolci, la pasta, il pane, poi il formaggio, la carne, i salumi. Alla fine, mi nutrivo di insalata scondita e poco altro. Riducevo al minimo le porzioni, conoscevo a memoria le calorie di moltissimi alimenti. Avevo il controllo, mi sentivo padrona del mio corpo, regina della mia volontà, più forte della mia stessa fame. In rotta verso l’autodistruzione.

Capitolo 2: La lotta silenziosa

Non è durata molto. Sono stata scoperta quasi subito.

Il percorso con i Disturbi del Comportamento Alimentare è iniziato ad agosto 2010 con una diagnosi di anoressia nervosa e la prescrizione di mangiare 100 grammi di cous cous.

Dato che ero minorenne, sono stati i miei genitori a decidere di portarmi dai medici per curarmi. All’inizio non ne volevo sapere, naturalmente. Avevo finalmente acquisito un potere sul mio corpo, non avevo fatto tanta fatica solo per vedermela portare via da estranei che mi dicevano cosa e quanto mangiare. Ma sapevo di avere un problema, e la resistenza che opponevo contrastava con il mio istinto di sopravvivenza.

All’improvviso mi sono ritrovata all’interno di un sistema di supporto ben strutturato. Ovunque mi girassi c’era una visita medica ad aspettarmi. Ho imparato a distinguere la psichiatra dalla psicologa, la dietologa dalla dietista. Agivano in equipe, come i fantastici quattro (le fantastiche, tutte donne).

L’inizio degli studi al liceo classico è coinciso con la mia presa in carico al Cmp di Ravenna. Mi ricordo molto poco di quegli anni, a parte le sedute di terapia e le temutissime pesate sulla bilancia.

È stata dura. Non ho mai vomitato e non sono stata ricoverata. Ho continuato a vivere la mia vita apparentemente normale con un piccolo mostriciattolo nella testa che rendeva grigie le mie giornate e pieni di ansia e paura i momenti che un’adolescente dovrebbe vivere con serenità e spensieratezza. I compleanni, la pizza con gli amici, il Natale con i parenti. Il disturbo alimentare ti toglie quella gioia lì, la gioia dello stare insieme. In più, ero sempre stanca e frustrata perché mi ammazzavo di studio. Ero una perfezionista, prendevo tutti nove e dieci a scapito della quiete familiare, dell’equilibrio psicologico, del rapporto con il mio ragazzo, delle uscite in discoteca con le amiche. Piangevo sempre, avevo perso la luce negli occhi. La psichiatra diede un nome alla mia profonda tristezza: depressione maggiore.

Gli anni del liceo sono passati così, con momenti belli e momenti molto brutti. A poco a poco ho ripreso a fare l’attività fisica che mi era stata proibita e a riabituarmi al gusto strepitoso del pane (ma quanto è buono il pane?). È stata una cosa graduale, complicata, sofferta. A volte fingevo di masticare e poi sputavo il cibo nel fazzoletto. A volte nascondevo tocchetti di formaggio nelle tasche dei pantaloni e poi me ne liberavo alla prima occasione. Durante le cene mi chiudevo in bagno per controllare che la mia pancia non fosse cresciuta a dismisura dopo il pasto. È stata una dura lotta: con mia madre, con la mia dietista, con la mia stessa mente. Facevo soffrire le persone che amavo e a una parte di me non importava, importava solo essere magri.

La psicoterapia, insieme a tutto il resto, mi ha salvato. Ho iniziato a liberarmi di un po’ di macigni, cercando di andare alla radice del male non per estirparlo ma per guardarlo in faccia e renderlo più piccolo, gestibile. Per conoscerlo. Così ha cominciato a farmi sempre meno paura; il disturbo alimentare, dopotutto, era un sintomo, non il vero problema.

A diciotto anni ho ripreso a stare discretamente bene, pur con una certa attenzione a non esagerare mai, con il freno a mano sempre tirato.

Nel giro di un paio d’anni mi sarei trasformata nel mio peggiore incubo.

Capitolo 3: La ribellione dello stomaco

Durante il primo anno di un’università sbagliata ho preso 30 kg. Dopo le lezioni mi abbuffavo di tutto quello che mi ero preclusa in precedenza, ero in piena modalità “mo’ ce ripigliamm’ tutt’ chell che è ‘o nuost”. Andavo al supermercato più vicino nella mia casa in affitto a Bologna, compravo esclusivamente dolci al cioccolato e una volta tornata in camera mia li mangiavo nel giro di dieci minuti, in uno stato di trance. Poi rimaneva tutto dentro, insieme al senso di nausea e di disgusto per me stessa.

Si chiama Binge eating disorder. Io pensavo di essere ingorda, incapace di darmi una regolata, di essere sciatta, una nullità. Invece ero semplicemente malata.

Non studiavo più. Mi ero diplomata con 100 e lode e non stavo facendo niente della mia vita a parte riempirla di cibo, cercando di placare il dolore aggiungendo strati di adipe. Faticavo a fare tutto, dal camminare al pensare. Sono andata avanti così per due anni.

Nel 2017 sono tornata a casa, a Ravenna. Sono ripartita da zero. Sedute di psicoterapia, gruppi di sostegno per persone nella mia stessa situazione, una nuova università. Senza strafare, senza pretendere risultati impossibili. Con i miei tempi, ascoltando le necessità.
E così ho iniziato a stare meglio.

Mi sono laureata, poi mi sono iscritta nuovamente all’università e ho preso una seconda laurea. Sono andata avanti.

Capitolo 4: Comunque andare, a modo mio

Oggi ho ventisette anni. Il mio rapporto con il cibo è tutto sommato sereno. Fisicamente sono tornata a essere quella bambina di quattordici anni né troppo magra né “in carne”. Giusta, direi. Giusta per me, anche se ogni primavera, quando la temperatura sale e gli strati di vestiti diminuiscono, mi cruccio ancora per quel rotolino in più lì e per quelle smagliature là. Però cosa posso dire?
Viviamo in una società complessa. Ogni persona della mia vita ha un rapporto complicato con l’alimentazione: o mangia troppo, o mangia troppo poco, o si allena eccessivamente, o non si allena per niente. C’è chi non mangia carboidrati, c’è chi beve troppo alcool, c’è chi pensa che la frutta a fine pasto faccia male, c’è chi va avanti a proteine e barrette energetiche.

Io non so se ho trovato un giusto posizionamento in questa varietà di abitudini e stili di vita. Sono ancora molto goffa, ogni tanto arranco. Ci provo, cerco di imparare dagli errori del passato, ricordandomi che la cosa più importante non è non cadere mai, ma sapersi rialzare con la consapevolezza del perché si è caduti, e poi ripartire.

Vi consegno queste pagine di diario con la speranza di creare un posto sicuro di condivisione, forza e resilienza. Non siamo mai soli.

A chi soffre, l’augurio di uscirne presto. A genitori e amici, l’invito a stargli vicino. A tutti gli altri: siate gentili. Dio solo sa quanto questo mondo abbia bisogno d’amore.

Un’ex paziente

Lavori sulla Bologna-Ravenna-Rimini, modifiche nella circolazione ferroviaria

Investimento da 1,4 milioni di Rfi per riportare la linea ai livelli di affidabilità pre-alluvione

Ferrovia Treni Binari

A partire dall’ultimo fine settimana di febbraio, Rete Ferroviaria Italiana (società capofila del polo infrastrutture del Gruppo Fs Italiane) effettuerà lavori di manutenzione all’infrastruttura ferroviaria sulla linea Bologna-Ravenna-Rimini.

Dalle 23.30 di venerdì 23 alle 4 di lunedì 26 febbraio il cantiere sarà operativo fra Castel Bolognese e Russi. L’intervento rientra nel piano di attività necessarie per riportare la linea ai livelli di affidabilità pre-alluvione. I lavori in programma nel week end interesseranno due piccoli ponti funzionali a una efficace regimentazione delle acque. Sarà pertanto necessaria la temporanea rimozione del binario e della massicciata e la conseguente sospensione della circolazione dei treni. L’attività sarà svolta da tecnici di Rfi e di due imprese appaltartici, coadiuvati da mezzi d’opera.

Dalle 23.30 di domenica 25 febbraio alle 3.30 di sabato 16 marzo Rfi sostituirà i deviatoi della stazione di Igea Marina. La sostituzione degli scambi – che consentono l’ingresso, l’uscita e gli incroci dei convogli nelle stazioni – porterà vantaggi in termini di affidabilità dell’infrastruttura. Durante i lavori il binario uno della stazione di Igea marina sarà fuori servizio.

L’investimento complessivo di Rfi per i due interventi è di oltre 1 milione e 400 mila euro.

Per consentire gli interventi di manutenzione sulla linea a cura del gestore dell’infrastruttura, i treni regionali subiranno le seguenti modifiche. Sabato 24 e domenica 25 febbraio i treni regionali fra Bologna e Ravenna (e viceversa) seguiranno il percorso via Faenza. Previsto un servizio di autobus fra Castel Bolognese e Russi.

Da lunedì 26 febbraio a venerdì 15 marzo sono previste modifiche di orario nella tratta Ravenna-Rimini, alcuni treni fra Bologna e Rimini via Ravenna (e viceversa) saranno limitati nella stazione di Cesenatico e sarà attivo un servizio di autobus tra Cesenatico e Rimini.

Ambra Angiolini è Oliva Denaro all’Alighieri

Il lavoro prende le mosse da una storia vera

OlivaLa Stagione dei Teatri prosegue al teatro Alighieri con Oliva Denaro, lo spettacolo tratto dall’omonimo testo di Viola Ardone e interpretato da Ambra Angiolini, che andrà in scena da giovedì 22 a domenica 25 febbraio (ore 21, domenica ore 15:30).

C’è una storia vera, e c’è un romanzo. La storia vera è quella di Franca Viola, la ragazza siciliana che a metà degli anni ’60 fu la prima, dopo aver subito violenza, a rifiutare il cosiddetto “matrimonio riparatore”. Il romanzo prende spunto da quella vicenda, la evoca e la ricostruisce, reinventando il reale nell’ordine magico del racconto. All’inizio Oliva è una quindicenne che nell’Italia di quegli anni, dove la legge stabiliva che se l’autore del reato di violenza carnale avesse poi sposato la “parte offesa” avrebbe automaticamente estinto la condanna (anche se ai danni di una minorenne), cerca il suo posto nel mondo. E, in un universo che sostiene che “la femmina è una brocca, chi la rompe se la piglia”, Oliva ci narra, ormai adulta, la sua storia a ritroso, da quando ragazzina si affaccia alla vita fino al momento in cui, con una decisione che suscita scandalo e stupore soprattutto perché inedita e rivoluzionaria, rifiuta la classica “paciata” e dice no alla violenza e al sopruso.

Una storia di crescita e di emancipazione che scandaglia le contraddizioni dell’amore (tra padri e figlie, tra madri e figlie) e si insinua tra le ambiguità del desiderio, che lusinga e spaventa. Ma Oliva, proprio come Franca Viola, decide di essere protagonista delle proprie scelte, circondata da una famiglia che impara con lei e grazie a lei a superare ricatti, stereotipi e convenzioni. Un padre che frequenta il silenzio e il dubbio, ma che riuscirà a dire alla figlia “se tu inciampi io ti sorreggo”, e una madre che, dapprima più propensa a piegarsi alla prepotenza e al fatalismo, riuscirà infine a spezzare le catene della sottomissione e della vergogna.

Grazie alla scrittura limpida, poetica, teatralissima e immaginifica di Viola Ardone, Oliva Denaro diventa così la storia di tutte le donne che ancora oggi pensano e temono di non avere scelta, costrette da una legge arcaica e indecente (lo stupro fino al 1981 era considerato solo oltraggio alla morale e non reato contro la persona) ad accettare un aguzzino e un violentatore tra le mura di casa. Una storia di ieri e di oggi, che parla di libertà, civiltà e riscatto.

La regia dello spettacolo è di Giorgio Gallione, già ospite in stagione con Trappola per Topi, tratto dall’omonimo libro di Agatha Christie. Osserva Gallione: «Una storia di coraggio, emancipazione e coscienza di sé. Una scrittura evocativa e profonda dove la voce della protagonista, delicata e rabbiosa, riesce ad essere contemporaneamente racconto personale e collettivo».

Ambra Angiolini incontra il pubblico sabato 24 febbraio alle 18 nella sala Corelli del teatro Alighieri, in dialogo con la coordinatrice della Casa delle donne di Ravenna, Luana Vacchi.

Riviste Reclam

Vedi tutte le riviste ->

Chiudi