giovedì
21 Agosto 2025

A Lugo va in scena il rilancio del Museo Baracca, fra logo, sito web e film Rai

Fra gli eventi, anche una mostra sullo scultore Domenico Rambelli, autore dell’ala monumentale dedicata all’asso dell’aviazione in piazza

Giuseppe Fiorello Docufilm Baracca
Giuseppe Fiorello nei panni dell’eroe dell’aviazione Francesco Baracca per il docufilm Rai girato a Lugo

Nuovo logo (con il cavallino rampante e la coccarda tricolore) e nuovo sito web per il Museo Baracca di Lugo, che proprio in questi giorni ha ospitato le riprese de I cacciatori del cielo, il docufilm Rai che celebra la nascita dell’Aeronautica Militare nell’anno del centenario, il 2023. L’attore Giuseppe Fiorello, nei panni di Francesco Baracca, ha girato alcune scene nella famosa sala del museo dove si trova lo SPAD VII S2489, esemplare originale appartenuto alla 91a Squadriglia Caccia, comandata dall’eroe dell’aviazione.

Sabato 10 dicembre, nel frattempo, inaugura (nella sala Baracca della Rocca Estense) una mostra dedicata a Domenico Rambelli – nel cinquantennale della morte dello scultore faentino, autore del celebre monumento della piazza di Lugo dedicato all’asso dell’aviazione – che permetterà di vedere una delle sue teste in bronzo, proveniente da una collezione privata e raffigurante il fante morente, o di terra, del Monumento ai Caduti di Viaeggio, e un omaggio a questa scultura del pittore Massimo Pulini.

Sempre sabato 10, in occasione dell’apertura della mostra, il Museo Baracca ha organizzato una visita guidata al “museo diffuso” della città con ritrovo alle 11 al museo. Info e prenotazioni: 0545 38105 – museobaracca@comune.lugo.ra.it.

Se al Bronson di Ravenna irrompe la sindrome di Trent Reznor

L’esempio italiano più fulgido è Edda, sopravvissuto cantautore in concerto il 9 dicembre nel rock club di Madonna dell’Albero

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Edda

C’è quella citazione celeberrima da Nick Hornby: ascolto musica triste perché sono un miserabile o sono un miserabile perché ascolto musica triste? Difficile risolverla, a venticinque anni di distanza da Alta Fedeltà. Il personaggio di Rob Fleming, per dirla tutta, ha caratteristiche specifiche che non sono necessariamente applicabili a tutti noi. Ho conosciuto un sacco di gente infelice con pessimi gusti musicali, e perfino qualche esperto di musica soddisfatto di come gli sono andate le cose nella vita. Non tutti noi siamo (per fortuna) personaggi bidimensionali, scolpiti nella pietra, degni di finire in un libro.

La maggior parte di noi va incontro a stagioni bellissime e stagioni orrende della vita e decide di volta in volta d’accompagnarle con la musica che più gli/le aggrada. Certo, personalmente mi sentirei ipocrita se dicessi di non essere affascinato dalla caratteristica liberatoria della musica. Di questo aspetto catartico non si parla spesso perché presuppone un certo grado di sadismo/masochismo nell’esperienza dell’ascolto, ma credo sia giusto ammettere che la sofferenza di qualcun altro, se unita alla sua capacità di scrivere e suonar canzoni, può salvarti la vita. E questo può creare un meccanismo di fascinazione per la sofferenza che può uscire dai limiti del ragionevole e diventare una tossicodipendenza come un’altra, una condizione patologica. Io la chiamo sindrome di Trent Reznor.

Prende il nome dal cantante/demiurgo dei Nine Inch Nails, uomo che ci ha regalato capolavori immortali del pop raccontandoci il suo desiderio di porre fine alla sua vita, e che ha iniziato a fare dischi molto modesti una volta risolti i problemi con se stesso. La sindrome di Trent Reznor è quella dimensione del rapporto tra un certo tipo di artista e un certo tipo di pubblico che si fonda sul mutuo riconoscimento di una miseria umana spesso indicibile, e sul fatto che la fine di quella miseria umana possa significare, molto spesso, la fine di quel rapporto. La sindrome di Trent Reznor ha molti modi di manifestarsi, ad esempio il bisogno di essere in un certo stato d’animo per ascoltare un certo tipo di musica, o per farla. Un altro è l’inconscio disappunto dell’ascoltatore nello scoprire che un artista è in una buona fase della propria esistenza. Un altro è la crisi artistica del musicista, che spesso percepisce molto più di chi l’ascolta la dipendenza della sua ispirazione dal dolore personale.

Ci sono tante dimensioni. Il metodo più sicuro per continuare un rapporto sano e duraturo tra artisti e pubblico, in presenza di sindrome di Trent Reznor, è continuare a stare come un cane per il resto della propria vita. L’esempio italiano più fulgido ed evidente è quello di Edda, probabilmente il miglior cantautore in attività oggi. Una storia che è un mezzo miracolo. Ex cantante dei Ritmo Tribale, uscito per problemi di tossicodipendenza e riemerso dal niente dopo un decennio di silenzio, costruttore di ponteggi ospitato in comunità.
Inizia a suonare canzoni scritte di suo pugno su un canale YouTube e viene sostanzialmente costretto a registrare un disco. Lo pubblica, e diventa il nostro Johnny Cash. L’anima nera della musica italiana, quello a cui ti rivolgi quando i tuoi rapporti col mondo che ti circonda stanno andando un po’ troppo a sud. Semper Biot: un disco talmente crudo e sofferto che ci si aspettava non avrebbe mai avuto un seguito. E invece, tredici anni dopo, Edda è ancora con noi. Ha realizzato sette dischi, uno dietro l’altro, uno più bello dell’altro, tutti con una precisa ragion d’essere, nessuno ascoltabile in condizioni di serenità interiore. L’ultimo, Illusion, è uscito un paio di mesi fa. Sopravvissuto e sopravvivente, come il disco di Ligabue: canta cose indicibili e lo fa sempre come se fosse l’ultima canzone a lui concessa.

Enrico Minguzzi e quelle nature morte “innaturali”, dal tempo inceppato

Fino all’11 dicembre, all’ex Convento di San Francesco di Bagnacavallo, la personale dell’artista di Cotignola. Gli eventi finissage con il live sonoro dell’artista giapponsese Miki Yui e visita guidata

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Enrico Minguzzi, “Paesaggio”

Assecondando una linea programmatica culturale che da questo autunno e per i prossimi anni converge sul tema del paesaggio, il Comune di Ba- gnacavallo e il Museo delle Capuccine inaugurano il percorso ospitando una personale dell’artista Enrico Minguzzi in cui viene presentata la sua produzione degli ultimi due anni in una mostra a cura di Saverio Verini.

Nato a Cotignola nel 1981, Minguzzi ha già al suo attivo un curriculum artistico interessante che lo pone fra gli artisti di punta di alcune gallerie nazionali tradizionalmente di primo piano. Oltre all’arte però vanno considerati anche altri aspetti che caratterizzano la sua traiettoria: se nell’esposizione oggi ospitata all’ex Convento di San Francesco è possibile vedere la produzone più recente di dipinti e sculture occorre ricordare anche l’interesse dell’artista verso la dimensione dell’allestimento e l’attività parallela di organizzatore di eventi e di concerti di musica elettronica.

La versatilità del percorso artistico è inattaccabile e la perizia, la precisione, con cui Minguzzi opera nei lavori esposti in mostra merita attenzione. Poche le sculture presenti ed è un bene perchè questa linea creativa, attivata per la prima volta dall’artista, non ha la stessa calibratezza delle opere pittoriche. Mentre nei dipinti la ricerca aspira a superare – riuscendovi – la pura rappresentatività, nelle sculture il lavoro si ferma al piano del materiale: in poche parole quelle concrezioni di forma spugnosa e spesso di colore rosa chewing-gum non vanno oltre all’aspetto materico, rimanendo ancorati a una forma che non porta altrove e che acquista un’aura apprezzabile solo in virtù dell’allestimento negli spazi ariosi e monumentalizzanti dell’ex convento.

I dipinti risultano nettamente più interessanti. Abbandonata la serie precedente dei paesaggi di cui un unico esemplare risulta in mostra a Bagnacavallo, la nuova linea di ricerca tematica affronta in sitesi il tema della natura morta eliminando però il presupposto necessario di questo genere artistico, ovvero la partenza dal dato reale. Non c’è un occhio che indaga la realtà in queste nature morte se non in alcuni dettagli marginali come il vaso o il bicchiere o l’alzatina di vetro che sostengono un elemento solo in apparenza naturale.

Di fatto, l’escrescenza che si rende protagonista di questa messa in scena è vagamente irreale, presenta fiori generati da elementi plastici, si aggroviglia nello spazio con ramificazioni che disorientano per la loro apparenza innaturale. Ad amplificare questo registro che non tiene conto del reale, è la tecnica dell’artista che procede per piccole modifiche ispirate dalle formazioni casuali che alcune gocce di solvente determinano cadendo sul fondo preparato. Il procedimento descritto concorre a favorire un processo fantastico che integra la casualità come già si era sperimentato in ambito surrealista: viene in mente per primo Mirò che ha descritto quell’automatismo disegnativo e pittorico che nasce da macchie e segni involontari o non controllati.

Le nature morte di Minguzzi nascono quindi non dall’osservazione del vero ma da una combinazione fra casualità e intervento fantastico piazzandosi su uno strano confine: ricordano la realtà ma la tradiscono, alludono alla natura ma non la sostenengono. In questa oscillazione di doppio messaggio, gli oggetti appaiono morti – bloccati in una still life – e collocati in uno spazio teatrale che mette in scena principalmente la finzione. Oggetti fittizi prendono campo in un set deumanizzato in cui il tempo appare sospeso: come nel modello rinascimentale della Città ideale – perfetta nelle misure ma completamente priva di vita – che Minguzzi dichiara essere uno dei dipinti preferiti. Le nature morte di piccole o grandi dimensioni sono sempre attraversate da un tempo inceppato, da un’attesa onnipresente che ricorda i dipinti di Felice Casorati, un arti- sta non a caso appassionato al mondo matematico di Piero della Francesca. E se non fosse per quei particolari fluo che stridono emergendo nei dipinti di Minguzzi quando la spatola raschia la superficie, avremmo quasi la sensazione di un’attesa in cui l’equilibrio estetico gioca ancora un buon ruolo scenico.

Per il finassage della mostra sono previsti due eventi: sabato 10 dicembre, alle 22 (apertura porte alle 21), è in programma il live dell’artista e compositrice giapponese, di stanza a Dusseldorf, Miki Yui che costruirà “paesaggi sonori abitati da rumori e frequenze che mirano a rivelare la bellezza del vuoto, i fenomeni di coesistenza e le risonanze nella vita”. L’evento è a cura dell’associazione Magma.
Domenica 11 dicembre, alle 16.30, si terrà invece una visita guidata alla mostra con il direttore del Museo Civico delle Cappuccine, Davide Caroli.
La partecipazione è gratuita sia per il live che per la visita guidata. Info e prenotazione (necessaria) per entrambi gli eventi: 0545 280913 – centroculturale@comune.bagnacavallo.ra.it.

“Enrico Minguzzi. La piena dell’occhio” – fino all’11 dicembre – Bagnacavallo, ex Convento di San Francesco (via L. Cadorna 14) – orari: sab e dom 10-12 e 15-18 (aperto il 9 dicembre, ore 15-18) – ingresso gratuito

Arriva a Ravenna Geronimo Stilton, fra i mosaici di Sant’Apollinare Nuovo

Incontro venerdì 9 dicembre alle 15, con animazione per i più piccoli, presentazione dell’ultimo libro e firmacopie

Geronimo Stilton Meravilgie D'ItaliaIncursione a Ravenna di Geronimo Stilton, atteso alle 15 di venerdì 9 dicembre, a Sant’Apollinare Nuovo. Il famoso topo-giornalista direttore de “L’Eco del roditore” arriva in città per incontrare i suoi giovani lettori, con la presentazione e il firmacopie dell’ultimo libro delle sue avventure dedicate ai tesori d’arte d’Itlia, ambientate anche tra i mosaici di Ravenna.

La casa editrice Piemme ha infatti ripubblicato quest’anno “Mille meraviglie. Viaggio alla scoperta dell’Italia”, il libro della serie nel quale Geronimo visita le meraviglie d’Italia e, tra esse, la basilica di San Vitale e il Mausoleo Galla Placidia. Una delle sue “stratopiche” avventure tra i mosaici gestiti dall’Opera di Religione di Ravenna
Il volume è stato realizzato nel 2020 in collaborazione con il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale e distribuito nel corso del 2021 dal ministero a tutte le ambasciate, i consolati e gli Istituti italiani di cultura nel mondo. Dato il successo ottenuto, quest’anno la casa editrice ha deciso renderlo disponibile anche in Italia, in tutte le librerie (fisiche e online) con una confezione speciale, con la sovraccoperta che diventa un poster dell’Italia.
L’appuntamento del 9 dicembre prevede alle 15 un evento con animazione per i più piccoli a posti limitati con prenotazione obbligatoria al link: www.ravennamosaici.it/eventi

A seguire, la presentazione con foto e firmacopie da parte di Geronimo.

Al Mag personale di Monika Grycko e collettiva “dedicata” ai rave

Alla galleria di via Mazzini a Ravenna al via anche una serie di incontri d’arte trasversali.  Il 9 dicembre si parla di “colori del vino” con brindisi finale

Monika Grycko Relikt
Monika Grycko, “Relikt”

Al Mag – Magazzeno Arte Contemporanea di Ravenna sono state inaugurate due nuove mostre negli spazi, completamente rivoluzionati, della galleria di via Mazzini 35. Si tratta della personale dell’artista polacca, faentina d’adozione, Monika Grycko, “Fortitude”, dal nome di una delle serie tv preferite dall’artista che, portando l’arte della ceramica ai suoi estremi, riesce a traghettare lo spettatore in luoghi sconosciuti e fantastici, a volte inquietanti.

Anna Never Last Revival Party
Anna Never, “Last Revival Party”

“Rave1836” è il nome invece della mostra collettiva che vede molti degli artisti che da anni ormai collaborano con Mag.
«La parola rave, al centro di innumerevoli polemiche nelle ultime settimane – sottolineano dalla galleria –, ci ricorda la libertà di riunirsi in modo spontaneo, di essere liberi di esprimersi senza chiedere autorizzazioni, esattamente quello che dovrebbe fare una qualsiasi forma d’arte. La mostra indaga così l’essere umano nelle sue innumerevoli forme, deliri (in inglese rave vuole dire anche questo), colori e versioni».
Gli artisti in mostra sono: Nic Alessandrini, Roberto Beragnoli, Elisabetta Cardella, Dis- senso Cognitivo, Riccardo Garolla, Lucia Nanni, Anna Ne- ver (nella foto), Margherita Paoletti, Mia Pulcini, Deco Ra- biscando, Riffblast, Matteo Sbaragli, Zesde.

Ogni venerdì del mese di dicembre è in programma anche un evento dedicato a differenti forme artistiche: si parte venerdì 9 alle 18, con la presentazione del libro Rifrazioni, luce e colori dei vini classici in Romagna (edizioni Mistral), a cura di Franco Chiarini con le foto di Enzo Pezzi. Il progetto, nato da un’idea dello stesso Chiarini, con la collaborazione di Chef to Chef e Ravenna food, va alla scoperta del cromatismo di colori dei vini romagnoli in una versione inedita per l’Italia. L’evento sarà coronato dalla degustazione a cura del vignaiolo Alberto Mazzotti dell’omonima cantina di Capocolle di Bertinoro.

Orari di apertura di dicembre: martedì, mercoledì, giovedì e venerdì dalle 15.30 alle 19; sabato e domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15.30 alle 19. Lunedì chiuso.

Bassa Romagna, le luci di notte restano spente: risparmiati 150mila euro in un mese

I sindaci dei nove comuni segnalano che il Comitato per la sicurezza pubblica non ha registrato un aumento dei reati

Pexels Bozan Güzel 9884766Nei nove Comuni della Bassa Romagna sarà mantenuta la riduzione dello spegnimento dell’illuminazione pubblica nelle ore notturne. Lo hanno deciso i sindaci dopo un confronto maturato a un mese dai primi spegnimenti e in seguito al cambio di rotta adottato da Ravenna e Faenza. Ad oggi lo spegnimento delle luci in Bassa Romagna ha consentito un risparmio di circa 150mila euro in un mese nei nove Comuni.

«In queste settimane di prova di riduzione dell’orario di accensione dell’illuminazione pubblica non sono state rilevate ulteriori particolari criticità da attribuire agli spegnimenti – sottolineano i sindaci –. Lo stesso Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica ha appena reso noto che la misura non ha provocato un aumento dei reati. Dunque, al di là delle preoccupazioni esposte da alcuni cittadini, non ci sono elementi concreti per ritenere inadeguata la misura adottata. Alcuni comuni stanno comunque valutando leggere rimodulazioni durante il prossimo periodo festivo, per consentire a tutti di festeggiare nel migliore dei modi».

La nota dei sindaci ricorda che i soldi pubblici che si stanno risparmiando sono fondi che servono per continuare a far funzionare al meglio servizi come le scuole o i servizi sociali: «La coperta è una, noi abbiamo scelto di intervenire minimizzando il più possibile sacrifici o rinunce per i cittadini. La situazione potrebbe ragionevolmente mutare con il rientro dei costi dell’energia o con l’auspicabile intervento dello Stato a sostegno dei Comuni».

Il centrosinistra contro il cartello “Benvenuti in Romagna” chiesto dalla Lega

Respinto anche a Ravenna un ordine del giorno sostenuto da tutte le opposizioni

Benvenuti RomagnaLa maggioranza di centrosinistra, in consiglio comunale, ha respinto con 14 voti contrari l’ordine del giorno presentato dalla Lega che chiedeva l’installazione di un cartello nel tratto ravennate dell’autostrada con la scritta “Benvenuti in Romagna”. Un ordine del giorno simile era già stato bocciato dalla maggioranza in Regione.

A favore, oltre alla Lega, ha votato tutta la minoranza di centrodestra (Fratelli d’Italia, La Pigna, Lista per Ravenna e Viva Ravenna), che in una nota congiunta sottolinea come «anche le piccole iniziative come un semplice cartello stradale siano perfettamente in linea con un insieme di politiche per la promozione turistica, storica e culturale del nostro territorio volte a riconoscere e a distinguere la Romagna per la sua propria personalità. La realtà è infatti che la Romagna esiste, la Romagna è un’idea, la Romagna ha una storia, una lingua ed una cultura, nonostante la Regione non abbia mai voluto definirne neppure i confini. La Romagna esiste nel cuore dei romagnoli, e il nostro comune, che rappresenta il cuore della Romagna, non può tirarsi indietro da iniziative per promuoverne il territorio, siano esse piccole o grandi, purché utili a valorizzarlo».

L’assessore al Turismo Giacomo Costantini, motivando il suo voto contrario, ha ricordato come ci siano in autostrada già tre cartelli di promozione turistica di Ravenna, sottolineando come sia invece meglio continuare a promuovere gli itinerari turistici meno battuti, indipendentemente dai confini romagnoli. «All’estero – ha poi aggiunto Costantini – ci promuoviamo come Emilia-Romagna e il legame con Bologna è utile dal punto di vista del ritorno turistico».

Cibo in provetta più vicino, Coldiretti prova a fermarlo: «Non c’è solo il profitto»

Dieci anni fa il primo hamburger sintetico, ora negli Usa si può commerciare carne coltivata in laboratorio da cellule staminali. L’associazione di categoria teme lo stesso in Europa e ha consegnato 200mila firme al ministro per la Sovranità alimentare

Pexels Angele J 128401A distanza di dieci anni dal primo hamburger di carne sintetica – cotto e mangiato in un laboratorio di Londra dove era stato ricavato da colture di cellule staminali di mucca con un investimento di circa 250mila euro – è più vicino il momento delle prime richieste all’Unione europea per l’immissione in commercio di alimenti fabbricati in provetta. E Coldiretti non ci sta. In una settimana sono state raccolte duecentomila firme in Italia (di cui duemila in provincia di Ravenna) e consegnate al ministro della Sovranità Alimentare, Francesco Lollobrigida, per promuovere una legge che vieti la produzione, l’uso e la commercializzazione di qualsiasi cibo sintetico in Italia.

È una mobilitazione a cui partecipano anche tre organizzazioni internazionali di imprenditori agricoli (World Farmers Markets Coalition, World Farmers Organisation, Farm Europe). Nel nostro Paese la battaglia è sostenuta dalla fondazione Filiera Italia di cui fanno parte molto imprese agroalimentari tra cui anche McDonald’s Italia.

L’orientamento del Governo è palese: basti pensare che la prima uscita pubblica di Giorgia Meloni dopo la vittoria alle elezioni è stata proprio la firma della petizione a Milano.

«L’approvazione di una legge di questo tipo potrebbe portare all’apertura di una procedura di infrazione dell’Ue nei confronti dell’Italia – spiega Assuero Zampini, direttore di Coldiretti provinciale a Ravenna –. Ma questa è una battaglia tra un concetto di cibo visto solo come profitto come accade in molti contesti anglosassoni, e un concetto di cibo che è il risultato del lavoro degli uomini, con una tradizione e una cultura. In Italia il cibo non è solo carbone per la caldaia del corpo umano».

Negli Stati Uniti di recente la Food and Drug Administration (Fda), l’ente del governo che regola i prodotti alimentari e i farmaci, ha autorizzato un’azienda nata nel 2015 in California, la Upside Foods, a vendere pollo sintetico prodotto a partire da vere cellule raccolte da animali e poi moltiplicate all’interno di bioreattori, senza che sia necessario macellare animali vivi. In Europa ad oggi né l’autorità e nemmeno la Commissione europea avrebbero ricevuto domande di registrazione tra i novel food da parte dei produttori di cibi sintetici.

«Ma c’è una verità che non viene pubblicizzata – si legge in una nota di Coldiretti –. La carne da laboratorio non salva gli animali perché viene fabbricata sfruttando i feti delle mucche, non salva l’ambiente perché consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali, non aiuta la salute perché non c’è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare, non è accessibile a tutti poiché per farla serve un bioreattore».

«Siamo di fronte ad una pericolosa deriva degli alimenti creati in laboratorio – aggiunge Nicola Dalmonte, presidente di Col­di­retti Ravenna – a favore di interessi commerciali e speculativi che esaltano, a sproposito, il mito della maggior sostenibilità rispetto alle tradizionali attività dell’agricoltura. Vogliamo sensibilizzare le famiglie e i consumatori in merito ai rischi del passaggio a una dieta unica mondiale, dove il cibo sintetico si candida a sostituire quello naturale. Le tipicità tradizionali e i prodotti della nostra agricoltura rischiano di essere condannati all’estinzione e scomparire per sempre insieme al paesaggio rurale che siamo abituati a vedere e agli agricoltori che ne sono i custodi».

Ma ancora prima delle resistenze etiche, è il costo lo scoglio più grande da superare. È sempre “La Repubblica” che fa i conti citando uno studio della McKinsey: «Nel 2013 il primo hamburger era costato 300mila dollari. All’inizio del 2021 la Future Meat Technologies ha annunciato di essere riuscita a realizzare un petto di pollo da 160 grammi a soli quattro dollari. Gli analisti stimano che entro il 2030 la carne sintetica arriverà a costare tanto quanto quella animale».

Il direttore di Coldiretti è consapevole delle critiche di scarsa apertura al progresso: «Dicono che siamo medioevali. Però ci si dimentica quando Coldiretti negli anni ’80 e ’90 giudicava aberrante l’uso di farine animali nell’alimentazione degli allevamenti di vacche da latte e poi ci siamo ritrovati con il morbo della mucca pazza. Non possiamo trasformare il cibo in qualcosa di chimico in un’area che vanta una dieta mediterranea con millenni di storia».

Il tema della tutela del cibo è ancora più sentito nell’Emilia-Romagna che ha appena raggiunto il primo posto nel rapporto Ismea per le ricadute economiche dai marchi di tutela dei prodotti.

«È molto facile capire quanto incidono questi marchi di qualità. Quando il latte costava 32 centesimi al litro, i produttori che fornivano i caseifici del Parmigiano Reggiano lo vendevano a 80. Ma restiamo più vicino a noi: Brisighella non sarebbe come la conosciamo se non ci fosse la tutela dell’olio». Ma non mancano gli esempi di segno opposto: «I bovini di razza romagnola non hanno nulla di meno della Chianina ma costano il 35 percento in meno. Però la razza sta scomparendo perché manca una valorizzazione del mercato e l’allevamento non può essere competitivo con gli allevamenti di pianura».

Il marchio Bio invece appare un po’ in sofferenza di recente: «È stato portato avanti in termini di sensibilità del consumatore ma senza un logica di filiera organizzata. E così ha subìto una flessione per via della crisi. Ci siamo trovati con produzioni bio che si vendevano al prezzo di quelle convenzionali pur avendo costi di produzione molto superiori».

Il maestro Muti in platea al Pala De André mentre Checco Zalone lo imita – VIDEO

Simpatico siparietto durante una delle due repliche, nei giorni scorsi, dello spettacolo di Checco Zalone al Pala De André di Ravenna.

Il celebre comico, infatti, è stato “interrotto” dal maestro Riccardo Muti, presente in platea, proprio mentre lo stava impersonando sul palco.

«Maestro, tengo famiglia, mi faccia lavorare», ha scherzato Zalone.

Ecco il video, pubblicato sui canali ufficiali del maestro, ravennate d’adozione.

A Milano Marittima stop ai parcheggi a pagamento: sosta gratuita fino all’8 gennaio

Il Comune: «Per andare incontro alle attività commerciali gravate dal caro energia»

Milano MarittimaL’amministrazione comunale di Cervia ha sospeso la sosta a pagamento nel centro a Milano Marittima dall’8 dicembre all’8 gennaio nelle giornate in cui era previsto il pagamento. Pertanto venerdì, sabato, domenica, festivi e prefestivi dalle 8 alle 24 la sosta sarà gratuita.

Il provvedimento è stato assunto – si legge in una nota del Comune – «per andare incontro alle attività commerciali, gravate da elevati costi di gestione a causa del caro energia e incentivare l’affluenza di turisti e dei potenziali clienti».

Per quanto riguarda Cervia, già dal termine della stagione estiva i principali parcheggi sono gratuiti, in particolare quello di Piazza Andrea Costa, Piazza 25 aprile e gran parte del Piazzale della Resistenza.

La giunta cambia idea: parcheggi gratis in centro a Ravenna dalle 16.30

Dopo le proteste di opposizioni e associazioni di categoria

Dopo la protesta delle opposizioni e in particolare delle associazioni di categoria, la giunta del Comune di Ravenna ha deciso di confermare anche quest’anno la gratuità per i parcheggi in centro, inizialmente non più prevista.

Da venerdì 9 dicembre a sabato 24 dicembre tutti i parcheggi regolamentati con parcometro (stalli blu) gestiti da Azimut saranno quindi gratuiti dalle 16.30, ad eccezione di quello di piazza Baracca, gratuito dalle 18.30.

Si prevede inoltre, come di consueto, la gratuità del servizio di trasporto pubblico locale per i giorni 23 e 24 dicembre.

 

 

 

 

 

 

A Faenza la giunta aveva deciso di spegnere i lampioni di notte ma li lascerà accesi

La delibera è del 23 novembre ma non era ancora stata applicata e ora viene sospesa perché il costo dell’energia è calato

Pexels Oronzo Roberti 929661Sono passate due settimane da quando la giunta comunale di Faenza ha deciso che i lampioni in strada si sarebbero spenti dall’1 alle 5 per risparmiare sulla bolletta ma ancora il provvedimento non è stato applicato e mai lo sarà. La maggioranza di governo locale infatti ha deciso che non verrà messa in atto la decisione. Ufficialmente il comunicato parla di «sospensione momentanea del provvedimento». È quindi un altro dietrofront dopo quello di Ravenna.

«La decisione – si legge in una nota – è maturata in questi giorni alla luce di un quadro in continua evoluzione, in primo luogo la discesa dei costi dell’energia elettrica e la conseguente sostenibilità economica. Il calo delle tariffe consente di sospendere temporaneamente il provvedimento dall’impatto sociale più elevato. Per il momento perciò nulla cambia, con i lampioni accesi tutta la notte. Nell’eventualità di dover far fronte a nuovi rialzi delle tariffe energetiche ai livelli insostenibili dell’estate scorsa, resta in ogni caso intatta la possibilità nei prossimi mesi di attivare la misura di spegnimento dell’illuminazione pubblica, così come parziali rimodulazioni degli attuali orari di accensione e spegnimento».

Restano valide altre misure di altra natura per il contenimento delle spese negli uffici comunali.

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