I gestori in crisi per le limitazioni di capienza anticovid, a fronte degli aumenti dei costi
Le società di gestione delle piscine comunali di Ravenna e Faenza aderiscono alla protesta nazionale degli impianti natatori di fronte alle difficoltà legate alla pandemia. Il comparto lavora tuttora con limitazioni di capienza al 50 percento e si trova a fronteggiare un aumento di forniture di gas e elettricità.
Domenica 6 febbraio le piscine resteranno chiuse. Un modo per sensibilizzare il pubblico su un rischio di futura chiusura permanente. Il discorso non riguarda solo le gestioni, ma anche tutta l’attività sportiva praticata da semplici cittadini nei corsi o nuoto libero e l’attività agonistica che rischia di essere travolta dalla crisi del settore. Il rischio sarebbe quello del- l’aumento dei biglietti così tanto da rendere l’attività sportiva una pratica elitaria.
Il parlamentare ravennate esperto di servizi segreti sulla proposta Belloni: «Solo in una repubblica delle Banane si può pensare di eleggere a capo dello Stato il direttore in carica del Dis»
Alberto Pagani a Montecitorio durante le votazioni per il Presidente della Repubblica
La settimana in cui il Parlamento ha tentato invano di eleggere un nuovo presidente della Repubblica per poi tornare a rivolgersi a Sergio Mattarella, che aveva espresso ben diverse intenzioni personali, è stata foriera di più di uno spunto di riflessione sullo stato della nostra democrazia. Ne abbiamo parlato con il deputato ravennate Alberto Pagani (Pd), che ha partecipato ai lavori e seguito, come ovvio, l’evolversi della situazione.
Onorevole, soddisfatto dell’esito? C’è una qualche amarezza nel non essere riusciti a trovare un’alternativa, come peraltro lo stesso Mattarella aveva auspicato?
«La rielezione del presidente Mattarella era la sola cosa sensata da fare, ed era evidente già da tempo, dato il contesto in cui ci troviamo: chiedergli di mettersi a disposizione del Paese così come lui stesso ha fatto con Mario Draghi. C’è voluto forse un po’ più del necessario per arrivarci perché alcuni interlocutori sono stati un po’ lenti a capire, e pasticcioni».
Possibile che davvero non ci fosse un altro nome possibile? Anche dal punto di vista simbolico, la sensazione è quella di un Paese fermo.
«Di nomi ce ne potevano essere tanti, ma andavano condivisi da una maggioranza composita, perché così è il Parlamento voluto e votato dagli italiani. Peraltro siamo a fine legislatura, molti deputati hanno cambiato gruppo, nel corso degli anni. Sapevamo benissimo di non avere i voti per eleggere il presidente da soli, che senso aveva buttare nella mischia nomi che non avrebbero trovato il consenso della destra? Serviva una figura di compromesso, e nessuno più di Mattarella poteva esserlo. Del resto, è la stessa situazione che rende necessaria la presenza di Draghi al governo».
Per almeno una notte è sembrato che potessimo avere la prima presidente donna: Elisabetta Belloni, direttrice generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), con compiti di coordinamento e vigilanza sulle attività dei servizi segreti italiani, ambito di cui lei si occupa ormai da tempo. Cosa ne ha pensato?
«Che chiunque l’abbia pensato è un analfabeta della democrazia e delle istituzioni. Il mio naturalmente non è un pregiudizio verso il mondo dell’intelligence ed Elisabetta Belloni è una persona capace, che conosco e che stimo, ma è un diplomatico di carriera, ed è un funzionario pubblico in servizio, in un ruolo molto delicato: indicarla come presidente della Repubblica, il compito più politico previsto dalla nostra Costituzione, è una totale stupidaggine. In quale democrazia potrebbe essere ammesso un passaggio simile, dai servizi segreti alla presidenza della Repubblica? Perfino in Russia, che non considero una democrazia, il presidente Putin, che proviene dal Kgb, si è candidato alle elezioni ed è stato eletto dal suo popolo. Sia chiaro che, qualora Belloni volesse abbandonare la carriera diplomatica e scegliere quella politica, mi piacerebbe che si candidasse con il Pd, perché la stimo davvero, ma pensare di eleggere il direttore in carica del Dis a capo dello Stato è una cosa da Repubblica delle Banane».
Eppure la proposta è venuta da leader politici ed è piaciuta a molti autorevoli commentatori.
«“È venuta da politici scappati dal manicomio”, ha scritto un commentatore a cui evidentemente non è piaciuta. Altri forse non si sono resi conto che era una sgrammaticatura e l’hanno persino caldeggiata apertamente. La cosa mi ha molto stupito, e preoccupato per la scarsa cultura politica di una parte della stampa, che dovrebbe informare i cittadini. È come se un telecronista sportivo commentasse una partita di calcio senza conoscere nemmeno le regole basilari del gioco».
Nessuna legge lo vieta, tuttavia…
«Lo deve vietare la legge? Non basta il buon senso? Se il degrado della coscienza democratica è tale che non basta più il buon senso, lo scriveremo nella legge. Quando è stata fatta la 124/07, che disciplina i servizi ed il segreto di Stato, il legislatore non ha pensato di vietare questa ipotesi per la banale ragione che era talmente assurda che non gli è nemmeno venuta in mente».
Perché allora è sembrato che solo Renzi e l’estrema sinistra vedessero questo problema di “alfabeto democratico” e i retroscena dicevano che invece il Pd poteva anche essere favorevole?
«Credo si sia trattato solo di un fatto di reattività e tempismo. Renzi ha detto cose logiche, di buon senso, ma è parso chiaro a tutti che il Pd le ha condivise ed ha lavorato perché si arrivasse alla rielezione di Mattarella».
La Costituzione prevede il voto segreto. Lei non si è mai discostato dalla linea del partito anche quando non la condivideva appieno. Per l’elezione del presidente della Repubblica sarebbe stato disposto a farlo?
«Certo, sì, perché ogni parlamentare porta su di sé la responsabilità di una scelta davvero importante. Perché il presidente rappresenta l’unità della nazione, è garante della Costituzione, che deve conoscere ed amare, è capo delle forze armate e presidente del Csm. Se il segretario del mio partito impazzisse e proponesse una candidatura assurda non obbedirei, perché non potrei mai votare una persona che ritengo inadatta a questi compiti o pericolosa per la Repubblica».
Mattarella nel giuramento per il suo secondo mandato a Presidente della Repubblica
Non pensa che la rielezione di un presidente sia un po’ un tradimento dello spirito degli estensori che volevano un solo mandato, o così è stato a lungo percepito?
«No, la Costituzione dice che il presidente è eletto per sette anni e non aggiunge altro. E questo non per una dimenticanza, ma perché appunto allora non vollero vincolare troppo l’azione del Parlamento di settanta anni dopo. I costituenti si dimostra- rono molto saggi e lungimiranti».
Ha ragione chi vuole riaprire il capitolo “repubblica presidenziale”?
«È sempre la destra, per la quale ogni occasione è buona per rimettere su questo disco. Ma vorrei ricordare che non è passato molto tempo da quando abbiamo sottoposto agli italiani una serie di quesiti referendari per modificare aspetti assai meno salienti della carta costituzionale, e che gli elettori si sono espressi a difesa della carta. Non mi pare il caso di ricominciare con questa manfrina».
Eppure, lei stesso ha detto che sia in Parlamento, votato dagli italiani, sia sulla stampa a volte è venuto meno l’abc della nostra democrazia. Cosa potrà succedere in futuro se si perderà questa cultura politica? Questa prospettiva la preoccupa?
«Molto. Non so vedere nel futuro, ma certo ci sono diversi sintomi di questo analfabetismo di ritorno della politica. Nei momenti di tranquillità sappiamo essere più pazienti, perché sappiamo che le questioni politiche sono complesse e possono richiedere anche discussioni e tempi lunghi. Quando abbiamo paura e pensiamo che ci sia bisogno di azioni urgenti la nostra tolleranza scompare e la maggior parte di noi esige una direzione da seguire, e qualcuno che gliela indichi senza incertezza. È la natura umana, ed è così che la mentalità fascista può imporsi, perché sembra persino ragionevole, parla chiaro e semplice, indica i nemici del popolo ed il modo per castigarli. In questi giorni sono stati scritti, proprio dai commentatori di cui abbiamo parlato, decine di articoli fotocopia sugli inutili peones che pascolano in transatlantico. Mancava solo l’editoriale di esaltazione dell’efficienza del regime di Erdogan e di Putin, dove questo problema è stato risolto in maniera radicale, eliminando le opposizioni e la democrazia».
E il patron del Meeting degli Indipendenti, il faentino Sangiorgi, rilancia anche l’appello per i lavoratori del settore
Giordano Sangiorgi (a sinistra) con Giovanni Truppi
Ancor prima di vederlo salire sul palco, il Mei ha premiato Giovanni Truppi (già probabilmente maggior candidato a vincere il Premio della Critica) come miglior artista indipendente del Sanremo 2022.
Il Mei è il Meeting delle Etichette Indipendenti, che oltre a portare ogni anno a Faenza musicisti e addetti ai lavori per una sorta di fiera-concerto di qualche giorno (in programma nel 2022 dal 30 settembre al 2 ottobre), si occupa durante tutto l’arco dell’anno tramite, in particolare, l’azione del patron Giordano Sangiorgi – di valorizzare la scena musicale italiana, in particolare quella “indipendente”. Truppi ha partecipato più volte al MeI di Faenza, dove nel 2019 ha ricevuto anche il premio Pimi, come miglior artista indipendente dell’anno.
Ora è la speranza a cui si aggrappa Sangiorgi, dopo che nelle ultime due edizioni di Sanremo aveva potuto esultare per la vittoria finale di artisti passati entrambi dal Mei (Diodato e Maneskin).
«In un Festival che rispetto allo scorso anno pare segnare un passo indietro verso la restaurazione – ha dichiarato Sangiorgi per giustificare il premio a Truppi – con una minor presenza di artisti innovativi provenienti dai circuiti indipendenti e una maggiore presenza di artisti storici che avrebbero funzionato meglio come ospiti, il cantautore Giovanni Truppi rappresenta in pieno, sia per i suoi testi che per lo stile musicale che per il suo percorso artistico, la linea della musica indipendente italiana, quella capace di crescere piano piano nel rapporto con i palchi e con il pubblico, sempre più grandi e sempre più ampi, mantenendo intatta la propria integrità artistica delle origini e quindi senza compromessi con il mainstream commerciale».
Il Mei e Audiocoop (associazione presieduta dallo stesso Sangiorgi e che si rivolge in particolare agli addetti ai lavori cercando di tutelarne le professionalità) sono presenti a Sanremo anche al corner point di piazza Colombo, per consulenze e informazioni gratuite, mentre mercoledì 2 febbraio hanno presentato (insieme ad altre associazioni) la “Carta dei Servizi”, progetto che ha l’obiettivo di illustrare in modo chiaro le risorse alle quali artisti e operatori possono accedere, per fare in modo che anche gli indipendenti possano competere con chi ha maggiori risorse. Sangiorgi è infine tra i firmatari dell’appello del coordinamento “Stage!” rivolto a tutti gli artisti che stanno calcando in questi giorni il palco dell’Ariston affinché sia data voce ai lavoratori del comparto e per richiedere sostegni e ristori a tutta la filiera, semplificazioni burocratiche, sgravi e ripartenza dei concerti al 100 percento, non solo al Festival.
L’Ordine regionale degli Psicologi organizza un evento online per discutere delle necessità emerse con la Dad e le nuove regole del Governo
La scuola ai tempi della pandemia ha bisogno di psicologi. È quanto sostiene l’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna che, dopo l’annuncio del Governo sulle nuove regole Dad e riflettendo sulle conclusioni di due recenti ricerche, punta i riflettori sui benefici che i professionisti possono portare a scuola e non solo. «La psicologia scolastica lavora sulla “comunità scuola” e il suo obiettivo è portare benessere all’interno degli istituti – spiega Francesca Cavallini, coordinatrice del Gruppo di lavoro di Psicologia scolastica dell’Ordine degli Psicologi regionale –. Con la pandemia sono emerse criticità importanti, vissute sia dagli studenti sia dagli insegnanti, che hanno bisogno di essere affrontate da professionisti preparati». Francesca Cavallini spiega che non esiste una normativa nazionale che regoli la presenza degli psicologi a scuola e nonostante un protocollo siglato fra Ministero dell’Istruzione e il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, la situazione risulta molto diversificata da scuola a scuola.
Proprio per discutere della figura dello psicologo scolastico, soprattutto in ambito regionale, il Gruppo di lavoro ha organizzato per sabato 5 febbraio un evento online nel quale interverranno dirigenti scolastici, professoresse universitarie e rappresentanti delle istituzioni per un pubblico di mille persone (il video sarà disponibile nei giorni successivi su www.ordinepsicologier.it). «Il nostro obiettivo è affrontare i problemi emergenti per offrire il migliore servizio alla comunità scolastica, fatta di studenti, ma anche di insegnanti», spiega Cavallini.
Uno dei problemi più discussi è sicuramente quello della didattica a distanza. Una ricerca pubblicata a gennaio su “Current Psychology”, realizzata in varie regioni d’Italia grazie alla collaborazione di 5 università Italiane (Bologna, Milano Cattolica, Torino, Federico II Napoli, Salento) ha messo in luce le criticità rilevate dagli studenti sulla DAD. «Ciò di cui più hanno bisogno i ragazzi è la relazione, ed è la relazione che va rimessa al centro – spiega Cinzia Albanesi, co-autrice della ricerca, professoressa all’università di Bologna e membro del Gdl di Psicologia Scolastica dell’Ordine degli Psicologi ER –. Per gli adolescenti a scuola, trovare uno spazio di interazione anche virtuale con compagni e professori è fondamentale. La Dad non è il male assoluto, ma è un male quando non va incontro alle esigenze di chi la utilizza. La ricerca, che si basa su dati raccolti fra maggio e giugno 2020 racconta che i ragazzi durante il primo lockdown grazie alla Dad hanno potuto riposare di più la mattina, avere più tempo per se stessi e qualcuno è anche riuscito a studiare meglio. Ma molto spesso sono stati sovraccaricati di lavoro dagli insegnanti e hanno sperimentato modalità didattiche non inclusive, soffrendo la mancanza di relazione e di opportunità di interazione».
A subire la situazione quanto i ragazzi sono stati proprio gli insegnanti. Lo conferma un’altra recente ricerca pubblicata sulla rivista “School Psychology” da tre ricercatori italiani, fra cui Maria Cristina Matteucci, professoressa all’Università di Bologna e membro del Gruppo di Lavoro di Psicologi Scolastica dell’Ordine degli Psicologi regionale. «La mancanza di supporto e il dover sperimentare modalità didattiche non conosciute ha creato disagio negli insegnanti – spiega la docente -. Alla fine della prima ondata, un terzo degli intervistati ha espresso preoccupazioni rispetto al proprio lavoro e molti hanno sentito di non avere a disposizione gli strumenti adeguati per svolgerlo al meglio». La didattica a distanza, dunque, è stata molto spesso subìta e le sue potenzialità non sono state sfruttate appieno. «Lo psicologo scolastico può aiutare a mettere in atto strategie migliorative – continua Matteucci –trasformando la Dad in uno strumento che possa anche avere un valore aggiunto se utilizzato in modo adeguato. Progetti psicologici a favore dei docenti possono portare benefici non solo agli insegnanti e all’insegnamento ma a tutto il sistema scuola».
I pazienti attualmente ricoverati nelle terapie intensive dell’Emilia-Romagna sono 149 (-3 rispetto a ieri; -2%), l’età media è di 60,9 anni. Sul totale, 90 non sono vaccinati (zero dosi di vaccino ricevute, età media 59,1 anni)
La provincia di Ravenna registra oggi, 4 febbraio, 893 nuovi casi di contagio da Covid-19 e così il totale dall’inizio della pandemia supera centomila. Con una precisazione: si tratta di tamponi positivi quindi non necessariamente a ogni tampone corrisponde una persona diversa.
Tra i tre decessi comunicati oggi dalla Regione per la provincia c’è un ragazzo di 27 anni. Regione, Provincia e Ausl non forniscono ulteriori dettagli sulle condizioni di salute del giovane.
In tutta l’Emilia-Romagna si sono registrati 10.779 casi in più rispetto a ieri, su un totale di 55.793 tamponi eseguiti nelle ultime 24 ore, di cui 19.121 molecolari e 36.672 test antigenici rapidi.
I pazienti attualmente ricoverati nelle terapie intensive dell’Emilia-Romagna sono 149 (-3 rispetto a ieri; -2%), l’età media è di 60,9 anni. Sul totale, 90 non sono vaccinati (zero dosi di vaccino ricevute, età media 59,1 anni), il 60,4%; 59 sono vaccinati con ciclo completo (età media 63,7 anni). Un dato che va rapportato al fatto che le persone over 12 vaccinate con ciclo completo in Emilia-Romagna sono oltre 3,7 milioni, circa 300mila quelle vaccinabili che ancora non lo hanno fatto: la percentuale di non vaccinati ricoverati in terapia intensiva è quindi molto più alta rispetto a chi si è vaccinato. Per quanto riguarda i pazienti ricoverati negli altri reparti Covid, sono 2.430 (-89 rispetto a ieri, -3,5%), età media 73,2 anni.
Sul territorio, i pazienti ricoverati in terapia intensiva sono così distribuiti: 4 a Piacenza (-3), 17 a Parma (+2); 12 a Reggio Emilia (-3); 22 a Modena (-1); 43 a Bologna (+3); 9 a Imola (invariato rispetto a ieri); 10 a Ferrara (invariato); 10 a Ravenna (invariato); 4 a Forlì (invariato); 4 a Cesena (-1); 14 a Rimini (invariato).
I casi attivi, cioè i malati effettivi, sono 213.232 (-44.486). Di questi, le persone in isolamento a casa, ovvero quelle con sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 210.653 (-44.394), il 98,7% del totale dei casi attivi.
Manifestazione domenica 6 febbraio per tutelare l’occupazione nel comparto industriale del gesso
Per difendere l’occupazione delle lavoratrici e dei lavoratori di Saint Gobain Casola Valsenio e della cava di Monte Rotondo, i sindacati hanno promosso una manifestazione in piazza Sasdelli a Casola domenica 6 febbraio alle ore 15.
L’attività di lavorazione del gesso per la produzione di cartongesso occupa in maniera diretta e indiretta circa 140 persone, in massima parte residenti nei comuni della vallata.
Uno studio commissionato dalla Regione prevede diversi scenari tra i quali (sarebbe quello raccomandato dalla Commissione regionale) vi è anche la chiusura della cava nei prossimi anni. Nello studio stesso si fa riferimento alle eventuali ricadute sociali, evidenziando anche percorsi di trasformazione dell’attività aziendale (produzione di materiali a base di solfati) e/o percorsi di accompagnamento alla pensione dei lavoratori coinvolti, fino ad ipotizzare un riassorbimento di diversi lavoratori in attività turistiche. I sindacati lamentano che si tratti solo di ipotesi senza ricadute concrete visibili al momento.
Contro la chiusura si era levata anche la voce del sindaco di Casola Giorgio Sagrini in contrasto con le associazioni ambientaliste della regione che invece si battono per la tutela naturalistica della zona della Vena del Gesso.
A Castiglione di Cervia nel 2018 un 43enne pestato a morte dal 19enne Costantin Madalin Palade per un debito di droga
Confermata in Cassazione la condanna a 21 anni di carcere (l’Appello aveva ridotto i 23 anni di primo grado) per Costantin Madalin Palade per l’omidicio di Rocco Desiante a Castiglione di Cervia nella notte tra il 3 e il 4 ottobre 2018. Il romeno, oggi ventitreenne, picchiò a morte con calci e pugni il 43enne, pizzaiolo originario di Gravina di Puglia ma da tempo residente nella località cervese. Tracce di dna, l’impronta delle scarpe sul luogo dei delitto e i messaggi scambiati poche ore prima con la vittima e poi cancellati sono gli elementi che hanno portato alla condanna. Il giovane negli ultimi tempi era il pusher dell’altro e il movente stare in un debito di droga. Quella sera i due guardarono la partita insieme, consumarono cocaina e poi nell’appartamento in uso al pizzaiolo andò in scena la mattanza. La notizia è riportata dai quotidiani locali, Resto del Carlino e Corriere Romagna.
Due Suzuki Ignis nel parco mezzi in dotazione ai vigili urbani
Il parco mezzi in dotazione alla polizia locale di Ravenna si arricchisce di due nuove auto ibride. Si tratta di due Suzuki Ignis a disposizione della sezione Zone naturali per le attività di controllo e vigilanza di queste aree dove gli agenti potranno circolare in modalità elettrica. Nel giorno della consegna dei veicoli, l’assessore comunale alle Aree naturali e parco del Delta del Po, Giacomo Costantini, ha incontrato gli agenti della sezione alla casa pinetale Ca’ Nova, che si trova lungo il percorso che porta dalla pineta di San Vitale alla Ca’ Vecia.
Organici e agroalimentari sono circa il 10 percento della produzione pro capite di scarti. Il 5 febbraio la giornata nazionale contro lo spreco. La mensa di Hera recupera i pasti per i poveri di San Rocco
Ogni anno in provincia di Ravenna vengono buttati oltre 702 kg di rifiuti pro capite, di cui almeno un 10 percento riguarda scarti organici e agroalimentari, cioè cibo ancora utilizzabile. Il dato è reso noto da Gianandrea Baroncini, assessore alle Politiche sociali nel comune capoluogo, in occasione della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare che cade domani, 5 febbraio.
Istituita nel 2014 dalla campagna Spreco zero di Last minute market, la giornata è in collaborazione con l’Università di Bologna e sostenuta dal Dipartimento di Scienze e tecnologie agroalimentari e con il ministero dell’Ambiente. Lo scopo è quello di sensibilizzare la popolazione, le istituzioni, il tessuto economico e sociale del Paese verso uno degli sprechi più rilevanti e significativi del nostro tempo. Buttare il cibo ancora utilizzabile rappresenta, infatti, in Italia e non solo, lo spreco maggiore che coinvolge il 74% degli italiani, prima ancora dello spreco idrico e di quello energetico.
Tante sono le azioni messe in campo in questi anni a livello locale. Tra queste la raccolta e la distribuzione delle eccedenze ortofrutticole; la ricerca di nuove aziende donatrici, anche attraverso azioni coordinate con gli enti locali; la sottoscrizione di accordi con la ristorazione collettiva; l’impegno quotidiano di tante associazioni di volontariato che donano prodotti agroalimentari, aziende che donano periodicamente prodotti agroalimentari per la ristorazione sociale, o come i tanti ristoratori ed esercenti green aderenti ai progetti di Ravenna futura, che attuano, da un lato, una attenzione scrupolosa alla raccolta differenziata e dall’altro la distribuzione delle eccedenze alimentari, come le Food Bag. Per non parlare dei tanti progetti di educazione ambientale messi in campo in questi anni, in collaborazione con tutte le istituzioni scolastiche.
E proprio da domani il progetto Ciboamico, promosso da Hera in collaborazione con Last Minute Market per il recupero dei pasti non consumati nelle proprie mense aziendali a favore di enti no-profit che assistono persone in difficoltà, viene esteso anche a Ravenna (finora riguardava Bologna, Granarolo dell’Emilia, Imola, Rimini e Ferrara). I pasti recuperati dalla mensa della sede Hera di via Romea Nord vengono consegnati all’associazione volontariato San Rocco che ogni giorno distribuisce 240 pasti a persone bisognose.
Saranno dematerializzate le prescrizioni mediche di farmaci non a carico del Servizio Sanitario Nazionale
Da lunedì 7 febbraio in Emilia-Romagna anche le cosiddette ricette bianche, cioè le prescrizioni mediche di farmaci non a carico del Servizio Sanitario Nazionale, saranno dematerializzate, cioè prodotte e conservate in modalità informatica.
Chi ha attivato il Fascicolo sanitario Elettronico (FSE) potrà quindi trovare online la prescrizione sul proprio Fascicolo e anche sulla app ER Salute.
Vengono così messe in pratica le disposizioni del ministero dell’Economia e delle Finanze, che nel processo di dematerializzazione ha incluso tutte le ricette bianche, anche ripetibili, con l’esclusione delle preparazioni galeniche, cioè dei medicinali realizzati direttamente dal farmacista all’interno del suo laboratorio.
In una prima fase saranno esclusi anche i medicinali soggetti alla disciplina dei farmaci stupefacenti che richiedono ricetta ministeriale a ricalco, oltre ad alcuni medicinali per i quali sono previste specifiche misure di sicurezza sulla ricetta.
È prevista anche la circolarità di queste ricette elettroniche: in altre parole, tutte le farmacie dell’Emilia-Romagna potranno spedirle e riceverle anche da altre regioni che abbiano già attivato il sistema nazionale.
«È un altro passo avanti per semplificare i rapporti tra cittadini e sistema sanitario- commenta l’assessore regionale alle Politiche della salute, Raffaele Donini-. I medici non dovranno più compilare e firmare a mano le ricette con le prescrizioni farmaceutiche bianche, i cittadini non dovranno più portarsele dietro e consegnarle in farmacia. E i farmacisti non dovranno più preoccuparsi di conservarle. Oltre a velocizzare i vari passaggi, evitiamo anche di sprecare carta».
Il fatto potrebbe essere conseguenza del cedimento dell’impianto fognario
I portavoce dei Verdi della provincia di Ravenna hanno segnalato nei giorni scorsi centinaia di pesci morti nel Candiano, a Marina di Ravenna.
«Durante la bassa marea – scrivevano l’1 febbraio Graziella Bacchilega e Gian Luca Baldrati di Europa Verde -, mentre l’acqua scorreva lentamente, per almeno un’ora e probabilmente anche più, una lunga e ininterrotta fila di pesci, forse cefali, ha continuato a essere trasportata verso il mare. Alcuni si dibattevano ancora, ma la maggior parte erano chiaramente morti».
I due hanno inviato una segnalazione all’Arpae e al Comune di Ravenna temendo «una possibile situazione di inquinamento delle acque che è importante rilevare quanto prima e possibilmente risalire alla causa».
Ora il caso è arrivato anche in Regione, grazie all’interrogazione del Gruppo Europa Verde.
«Secondo quanto riportato successivamente dai giornali locali – afferma la capogruppo Silvia Zamboni, vicepresidente dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna -, la moria di pesci potrebbe essere conseguenza del cedimento, in alcuni tratti, dell’impianto fognario comunale. Vicino alla banchina della testata, più o meno all’altezza della struttura che conserva il Moro di Venezia, si sarebbe infatti creata una falla nell’asfalto che conduce alle fognature. Non a caso per un paio di giorni un odore nauseabondo è stato avvertito dai cittadini anche in darsena. Come Verdi raccogliamo la preoccupazione dei residenti e chiediamo alla Giunta regionale di verificare se siano stati effettuati, da parte dei tecnici di Arpae e del Comune di Ravenna, prelievi di acqua e di pesci e, in caso affermativo, se siano disponibili i risultati delle analisi, con indicazione delle sostanze che si sospetta abbiano provocato la moria. Inoltre, vorremmo sapere se l’inquinamento delle acque sia imputabile al malfunzionamento o alla scarsa manutenzione di alcuni tratti dell’impianto fognario comunale. Infine, sottolineiamo la necessità di chiarire se siano previste modalità di compensazione, come forma di risarcimento a seguito dei danni causati all’ambiente, a carico di coloro che, anche involontariamente, ne siano responsabili».
Secondo ciclo del progetto voluto dall’Amministrazione
Una nuova mostra di manifesti artistici è visibile durante il mese di febbraio, a cielo aperto, in via Zirardini, dedicata al sito Unesco di Ravenna con i suoi otto monumenti: il Mausoleo di Galla Placidia, la Basilica di San Vitale, la Cappella di Sant’Andrea, la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, il Battistero degli Ortodossi, il Battistero degli Ariani, la Basilica di Sant’Apollinare in Classe e il Mausoleo di Teodorico.
Si tratta del secondo ciclo di affissioni dopo quello inaugurato a gennaio con i manifesti dedicati alle Visioni d’eterno.
Il progetto realizzato dal Comune di Ravenna è stato possibile grazie alla collaborazione dell’Arcidiocesi di Ravenna-Cervia e della Direzione Musei Emilia-Romagna.