Cottarelli: sull’Italia la “spada di Damocle” del debito e della mancata crescita

Il professore della spending review preoccupato per le dichiarazioni di intenti in economia del nuovo governo, i mercati sono sull’allerta

CottarelliC’è una montagna di soldi che incombe sull’Italia, quella del debito pubblico che ammonta alla vertiginosa cifra di 2.300 miliardi euro. E fa ombra al presente e futuro del sistema economico nazionale nel confronto coi mercati finanziari globali.

Ad esplorare questo ormai “eterno” ma sempre più scomodo macigno sullo sviluppo del Paese ci prova – in occasione di un incontro alla Festa Nazionale dell’Unità – il professor Carlo Cottarelli, economista, già consulente del Fondo Monetario Internazionale, chiamato dai governi Letta e Renzi a fare le pulci all’intricato complesso della spesa pubblica, insomma a valutare sprechi e proporre risparmi sui costi statali, proprio per ridurre il debito pubblico.

La famosa spending review che Cottarelli ha diligentemente compilato e argomentato ma di cui in pratica si è fatto poco o niente. Cottarelli da esperto di conti statali – oggi, dopo la fugace parentesi di un incarico a premier tecnico affidatogli da Mattarella, poi svanito con l’accordo di governo Lega-M5S, è a capo all’Università Cattolica di Milano di un Osservatorio sui Conti Pubblici – snocciola dati e fatti che da economista ritiene incontrovertibili e spiega che in fondo non è il deficit in sé che allarma ma il rapporto fra questo debito e il Pil, la ricchezza prodotta dal paese: una forbice che ha ricominciato a crescere (dopo un calo significativo fra il 1996 e il 2007) a partire dalla crisi finanziaria del 2008. Nel 2015 era al 115% circa, oggi sfiora il 132%.

«L’Italia è al secondo posto in Europa per questo primato del debito pubblico, dopo la Grecia che però – precisa il professore – è indebitata coi paesi Ue mentre l’Italia è esposta sui mercati finanziari globali con maggior rischio di speculazione sul valore dei nostri titoli di Stato».
Quelli per capirci apprezzati dallo spread, oggi attorno a quota 270 che ha già creato problemi al bilancio 2018 con un rincaro degli interessi da pagare ai compratori. Cottarelli rammenta che durante la crisi del 2011 lo spread era schizzato a 600 punti mettendo in grave difficoltà il Paese, che fu poi destinato al “commissariamento”, lacrime e sangue, del governo Monti. Secondo il professore il “punto di non ritorno” di un’impennata dello spread, che in questa fase di incertezza potrebbe capitare in ogni momento, è attorno a quota 350.

«Di fronte a certe dichiarazioni di intenti di questo governo sono preoccupato della reazione dei mercati nel contesto internazionale che potrebbero prendere di mira il nostro paese. La spesa prevista nell’accordo di programma di Lega e Cinquestelle ammonta ad almeno 65 miliardi. Questa spesa che oggi non ha coperture plausibili, anche di fronte a una prevista stagnazione se non riduzione del Pil fra 2018 e 2019, significherebbe aumentare sensibilmente il debito pubblico, provocando allarme tra gli investitori stranieri».

Nelle prossime settimane di fronte al Paese che cresce di meno Cottarelli si augura che venga varata una legge di bilancio rispettosa dell’attuale deficit legato ai limiti imposti dalla Ue, attorno all’1,8 – 2%. «Su questo sono ottimista, non credo che il governo si assuma oggi il rischio di sforare il limite del 3% e fare precipitare il paese in una crisi finanziaria – commenta il professore –. Però l’orizzonte dei mercati si presenta instabile e uno shock potrebbe comunque arrivare dall’esterno con un rallentamento dell’economia mondiale ed europea, l’avvio di una fase recessiva e l’innesco di iniziative speculative. Peraltro nel 2019 è prevista la fine dell’ombrello protettivo di acquisto dei titoli di stato italiani col quantitative easing della Banca Centrale Europea. Insomma l’Italia, sul piano economico finanziario – sottolinea il professore – è sotto minaccia di una “spada di Damocle” appesa a un filo sempre più fragile».

Per il fautore della spending review se l’Italia vuole restare in un sistema economico di mercato, nell’area europea e dell’euro, magari provando a ritrovare una strada per la crescita, deve contenere e ridurre i costi dello Stato.
«Non conosco un paese al mondo – ironizza Cottarelli – che abbia abbattuto il debito aumentanto la spesa. Abbiamo di fronte l’aspettativa di una crescita moderata e se aumentano di poco le entrate nel bilancio bisognerebbe più che altro far cassa, non spendere tutto e anzi risparmiare dove si può risparmiare. Per questo, se sono preoccupato per le mosse di questo governo, sono anche critico con gli ultimi governi, che si sono prodigati ben poco in queste pratiche di riduzione del debito. A partire dal secondo governo Berlusconi fino a Gentiloni, se si fosse fatto cassa, oggi rischieremmo di meno, in ogni caso».

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