Il libro-catalogo del Ravenna Festival 2018 con scritti di Pivano e Bertoncelli

In vendita a 30 euro al teatro Alighieri e nelle sedi di spettacolo

Cover Libro RF2018È stato presentato alla stampa “We Have a Dream”, il libro-catalogo di Ravenna Festival 2018.

Ecco la presentazione del Festival. «Il libro traccia un percorso attraverso una serie di nuclei tematici che si nutrono di riflessioni e di immagini, un tracciato in cui scritti e apparato visivo e iconografico si intrecciano procedendo alla pari, in uno scambio continuo e reciproco di suggestioni e di spunti. Si parte dal protagonista del titolo, Martin Luther King, di cui nei 50 anni dalla morte, dall’assassinio, si riprende il celebre discorso pronunciato presso il Lincoln Memorial, il 28 agosto 1963, come momento culminante della marcia su Washington per i diritti civili, “I have a dream”. Un sogno declinato in un ideale collettivo plurale, We have a dream, e al tempo stesso nell’intimità poetica del dialetto romagnolo. Ne delinea un incisivo ‘portrait’ uno specialista come Paolo Naso, docente presso l’ateneo romano de “La Sapienza” nonché autore di numerosi libri sul grande predicatore nero.

Ed è proprio l’idea di sogno a condurci verso alcuni dei tesori custoditi nelle sale di Ravenna: la cattedra d’avorio di Massimiano che si trova nel Museo Arcivescovile, capolavoro dell’arte bizantina e di narrazione onirica, di cui scrive Giovanni Gardini, valente studioso di iconologia e iconografia cristiana; e gli avori conservati nel Museo Nazionale, manufatti artistici inusuali di straordinario valore – in questo contesto fotografati da Daniele Casadio e Fabrizio Zani –, di cui ci dà conto Emanuela Fiori, Direttrice del Museo Nazionale di Ravenna.

Ma tornando a King, la sua figura riporta ad anni difficili e fertili per l’America e per tutto l’Occidente, ma decisamente fondanti: il ’68, le proteste, il Vietnam, con un altro dei suoi discorsi, dimenticato forse dai più, ma che evidenzia la complessità del suo pensiero, non certo solo mirato al riscatto delle genti afroamericane ma proiettato in una visione (un sogno, un’utopia) planetaria di giustizia e di felicità per tutti gli uomini. Anni efficacemente riassunti nello scritto di Fernanda Pivano, conoscitrice come pochi altri dell’America in tutte le sue declinazioni e contraddizioni, e quindi anche dell’altra America, quella più libertaria, creativa e alternativa degli anni ’60 e ’70, tra Malcom X e Allen Ginsberg, Angela Davis e Bob Dylan.

In quello stesso periodo musicalmente accade tutto. E qui non si poteva non cogliere il centenario dalla nascita di Leonard Bernstein a cui è dedicato l’acuto scritto di Giovanni Gavazzeni, affiancato a uno scritto dello stesso musicista, simbolo di un’America a cui si uniscono nel nostro cartellone le presenze di David Byrne (di lui scrive Riccardo Bertoncelli, decano dei critici rock italiani), del musical di Cole Porter (di cui ci dà un esauriente resoconto Oreste Bossini, che molti di noi conoscono come voce inconfondibile di Radio Tre Suite) e di quello che nell’immaginario collettivo è lo strumento giovane quindi “americano” per eccellenza, la chitarra elettrica, di cui ci parla Pierfrancesco Pacoda (insieme alle fotografie di Roberto Masotti) narrando della grande esplosione creativa che deflagra nella Big Apple della seconda metà degli anni ’70, la ‘No Wave’, e che vide l’ascesa – tra gli altri – di un personaggio come Glenn Branca, creatore di visionarie quanto roboanti sinfonie per chitarre elettriche. Ma tra i semi gettati oltreoceano e poi fioriti in tutto il mondo c’è anche il minimalismo: Philip Glass, Steve Reich e Terry Riley, al cui ‘seminale’ In C è dedicato un breve ma illuminante scritto di Paul Williams a cui si affianca una disamina su quella corrente musicale di Franco Masotti.

Semi fioriti in tutto il mondo, a dispetto delle talvolta siderali diversità culturali e di condizione, e pensiamo al compositore Valentin Silvestrov, alle sue musiche cresciute – analogamente a quelle degli amici compositori Arvo Pärt, Alfred Schnittke, Giya Kancheli o Tigran Mansurian – sotto l’opprimente controllo e a dispetto della censura imposta dal regime sovietico nella sua terra, l’Ucraina. A testimoniare la vivacità e il fermento culturale di quella nazione che sarà meta del nostro Viaggio dell’Amicizia, a Kiev, è chiamata una delle più visionarie artiste degli ultimi anni, Zhanna Kadyrova la “mosaicista” ucraina ha messo a disposizione con generosità la sua ricerca visiva per arricchire il dialogo in musica tra Ravenna e Kiev. È un lavoro, il suo, che, come ci spiega la critica d’arte Maria Rita Bentini, interroga in profondità attraverso le immagini, ponendo anche la questione su cosa sia l’arte contemporanea oggi. Non come oggetto di ammirazione e di provocazione nei musei delle archistar o nelle vetrine delle gallerie, ma per quei popoli e paesi che in pochi decenni hanno vissuto un cambiamento di scena radicale, rapido e contraddittorio. Nei suoi mosaici si raccolgono frammenti del passato declinati secondo le criticità del presente.

Da Kiev a Ravenna le suggestioni si intrecciano: così, a indagare il rapporto tra arte e regimi, è chiamato il saggio di un autorevole storico dell’arte come Claudio Spadoni, a proposito dei pannelli musivi alla recuperata Casa del Mutilato di Ravenna. Mentre richiamando i Viaggi dell’Amicizia, non si può non andare con il pensiero a quello che sta accadendo a un paese che è stato una delle nostre mete e che tanto sta soffrendo, la Siria con la sua città simbolo Aleppo, orrendamente distrutta, insieme alla ricchissima civiltà musicale che ne era il vanto e di cui scrive il musicologo Paolo Scarnecchia».

Il libro è in vendita (30 euro) alla biglietteria del Teatro Alighieri, al punto d’incontro di Ravenna Festival (via Dante Alighieri 1) e in tutti i luoghi di spettacolo.

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