Teresa Ciabatti: «Stavo raccontando da anni la stessa cosa»

La scrittrice finalista allo Strega con il romanzo autobiografico La più amata attesa a Cesena e a Lugo

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Teresa Ciabatti

«No ti prego Matteo, l’intervista no. Dico sempre le stesse cose nelle interviste». Incontro Teresa Ciabatti a Tempo di Libri, la fiera del libro di Milano, in cui interviene in diversi incontri, ma pare che di rilasciare interviste non ne abbia più voglia.
«Vedrò di farti domande diverse così che tu non possa rispondere alla solita maniera». Insisto.
«Va bene, ma solo perché siete una radio, perché di giornali non ne voglio fare più. Però ora ho poca voce, forse è meglio che rimandiamo». Veramente siamo un giornale.
«Ah». Teresa Ciabatti con La più amata (Mondadori) è una dei candidati favoriti per vincere il Premio Strega 2017. Il suo romanzo è autobiografico e racconta il suo rapporto col padre Lorenzo Ciabatti, il Professore come lo chiamavano tutti, primario dell’ospedale di Orbetello, fascista convinto e amico di Licio Gelli. Teresa Ciabatti sarà ospite alla rassegna “La bellezza delle parole” (il 13 maggio, vedi link)  a Cesena e anche a ScrittuRa Festival a Lugo (l’8 giugno, vedi link).

Nel tuo romanzo, come hanno detto anche nel candidarla allo Strega, unisce due filoni narrativi molto italiani, quello dell’autobiografia e quello dei “misteri italiani” é stata una decisione consapevole o é nata naturalmente dalla scrittura?
«Decisione obbligata. Volendo parlare di mio padre, dei suoi misteri, di tutto quello che ho visto da bambina, dovevo per forza parlare di Massoneria e P2, seppur sullo sfondo».
Ciabatti LibroQuanto ti é costato umanamente mettere a nudo la tua infanzia in questo romanzo?
«In realtà mi sono resa conto che stavo raccontando la stessa cosa da anni. Dal primo libro. E dunque anche la sofferenza ha avuto una sua trasformazione nel tempo. A un certo punto della scrittura è stata liberazione, congedo».
Con questo romanzo hai “stregato” critica e pubblico, diventando da subito un fenomeno molto importante di questa annata letteraria, cosa ha di diverso questo libro rispetto ai suoi precedenti?
«Credo sia più empatico. Nei precedenti non riuscivo a emozionare. Forse perchè esisteva una grande parte di rimosso della mia vita. Mi sono sempre raccontata una storia un po’ diversa. Ho dovuto raccontare la mia vera storia per riuscire a emozionare».
Come giornalista hai intervistato molti dei grandi narratori contemporanei, quale ti ha segnato di più come incontro? E come scrittura?
«Una delle interviste più belle è stata a Niccolò Ammaniti. Ma anche la recente conversazione con Walter Siti e Marco Santagata. Riguardo alla scrittura invece, sono molti gli scrittori contemporanei ad avermi condizionata: Sandro Veronesi, Edoardo Nesi, Alessandro Piperno, Rosa Matteucci, Valeria Parrella, Michela Murgia, Francesco Pacifico, Walter Siti, Simona Vinci. E altri».
Hai detto che la narrativa italiana contemporanea é sottovalutata soprattutto dagli stessi intellettuali italiani. C’è una sorta di snobismo degli italiani verso se stessi?
«Si tende a leggere più stranieri. Se si leggessero più italiani, si scoprirebbero autori e romanzi straordinari. Cito solo due romanzi bellissimi usciti da poco: Mi chiamo Sara, vuol dire principessa di Violetta Bellocchio (edizione Marsilio) e La nostalgia degli altri di Federica Manzon (edizione Feltrinelli)».
Hai detto che nelle interviste rischi di dire sempre le stesse cose, quale domanda ti piacerebbe farti se dovessi, per assurdo, intervistarti da sola? Come ti risponderesti?
«Vorresti tornare all’infanzia? Mi chiederei. La risposta oggi, solo oggi, sarebbe no. Rimango nel presente».

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