Le donne di De André… al profumo di jazz

Un omaggio a Faber con la voce di Cristina Donà accompagnata da una band d’eccezione

De Andrè Cristina Donà

Cristina Donà e la band

Un omaggio a Fabrizio De André cela rischi non di poco conto: affrontare un monumento della musica italiana (e non solo) come lui comporta infatti una conoscenza e una padronanza della sua poetica che pochi possono dire di possedere. Ma si può anche scegliere un tema attorno al quale ruotare e mettere in risalto una delle tante facce di De André: In Amore che vieni, amore che vai, in programma il 5 luglio alla Chiesa di San Giacomo di Forlì, è la figura femminile al centro di un concerto-spettacolo che vede schierati uno a fianco all’altro alcuni bei nomi del pop e del jazz di casa nostra.
Le donne raccontate da De André sono donne particolari, speciali, donne alle prese con la solitudine, l’amore, il degrado sociale e le fatiche del vivere quotidiano: Faber, nelle sue canzoni, si guardava bene dal giudicarle, le scolpiva nelle parole, senza retorica.
In Amore che vieni, amore che vai questo De André “al femminile” (ma nell’arco del concerto c’è anche altro, altre storie) viene interpretato con sensibilità da una voce sofisticata e da un nucleo di musicisti che sa bene come modellare una melodia, anche e soprattutto attraverso l’arte dell’improvvisazione.
La voce è quella di Cristina Donà, cantante e autrice che definire semplicemente pop o rock è quantomeno riduttivo: tra i suoi grandi amori musicali c’è anche un certo Robert Wyatt, uno che in fatto di trasversalità ne sa parecchio.
Al pianoforte c’è Rita Marcotulli, jazzista di fama planetaria che ama anche la canzone, oltre al cinema; alla tromba, sempre squillante, Fabrizio Bosso, anche lui non immune da incursioni nel mondo della canzone (Cammariere, Concato); ai sax Javier Girotto, argentino di nascita e romano di adozione, con il tango nel sangue; alle chitarre Saverio Lanza, musicista ma anche produttore che ha un debole per il gentil sesso (la stessa Donà, Arisa, Irene Grandi), ma che ha anche collaborato con Piero Pelù e Biagio Antonacci. La ritmica: al contrabbasso Enzo Pietropaoli e alla batteria Cristiano Calcagnile, due jazzmen dalle molteplici esperienze che sanno assai bene cosa vuol dire interplay.
Ma tornando a De André e alle sue donne, Amore che vieni, amore che vai è, ovviamente, una carrellata di canzoni, alcune molte conosciute, altre meno: la stessa che dà il titolo al tutto, “Bocca di rosa”, “La canzone di Marinella”, “Ave Maria”, “Tre madri” e, a raccontare le altre storie, “Hotel Supramonte”, memoria del rapimento che lo stesso De André fu vittima insieme a Dori Ghezzi, che ad Amore che vieni, amore che vai ha dato la sua benedizione.
«Di solito non amo le canzoni sulle donne scritte dagli uomini, ma De André è l’eccezione», dice Cristina Donà, «Vorrei dare a ciascuna canzone una voce diversa: mi piace pensare che dalle canzoni escano le anime delle donne, come fossero loro a cantare con le parole di chi le ha descritte». E le parole di Fabrizio De André non sono certo vuote.

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