Sitar di padre in figlia

Anoushka Shankar prosegue il percorso fra tradizione e contaminazioni interculturali del celebre Ravi

Anoushka Shankar

Figli d’arte si nasce, appunto.
O meglio, lo si diventa quando un figlio decide di intraprendere un cammino artistico già segnato da un genitore. Un cammino poi rivelatosi per molti “figli d’arte” assai accidentato, pieno di tranelli e insidie; e i risultati non sempre sono, infatti, pari alle aspettative. Diverso è il caso, a quanto pare, di Anoushka Shankar, figlia del più famoso suonatore di sitar, Ravi Shankar, colui che avvicinò ai profumi della musica dell’India il beatle George Harrison e che ammaliò, invitandole a virare verso Oriente alla ricerca di nuove verità, le folle dei festival di Monterey prima e di Woodstock poi.

Cresciuta fra Londra, dove è nata, l’India e gli Stati Uniti, Anoushka, che detto per inciso è anche sorellastra di un’altra celebrità, la cantante Norah Jones, ha seguito le orme paterne sin da piccola, avvicinandosi a uno degli strumenti simbolo della tradizione indiana a soli sette anni e poi debuttando professionalmente a 13.
Di Ravi oggi dice: «Serbo una memoria eterna, che mi lega a mio padre e dona una luce particolare a ogni mia azione. La presenza di mio padre non è mai stata di intralcio alla mia professione, al contrario l’ho sempre vissuta come un dono: l’opportunità di suonare con il migliore, di vivere con lui. Mi ha insegnato che quando si sta sul palco si vive in una sorta di universo familiare, un momento di estasi, così ho adattato questo insegnamento alla mia personalità, alla gioia che ho riscoperto vivendo anche in altri luoghi del mondo oltre l’India».

Shankar Disco

La copertina dell’ultimo album

Insomma, Anoushka non sembra proprio temere il confronto con l’illustre padre e via via si è costruita quella credibilità che l’ha portata a collaborare con artisti come Sting, Herbie Hancock, Lenny Kravitz e Thievery Corporation. Da un po’ di tempo incide per un marchio discografico prestigioso come Deutsche Grammophon, per cui registrò lo stesso Ravi Shankar e per cui è uscito Land of Gold, album di riferimento del concerto che Anoushka terrà il 9 luglio a Forlì. Nell’occasione avrà al suo fianco Sanjeev Shankar allo shenai, Manu Delago all’hang (strumento a percussione in acciaio) e alla batteria e Tom Farmer a tastiere e contrabbasso.
E c’è un’altra cosa che la accomuna al padre: la sensibilità verso i piccoli e grandi problemi del mondo in cui vive. Anoushka, che è stata la prima donna indiana ad essere nominata ai Grammy Award, è infatti particolarmente impegnata nel sostenere i diritti delle donne e la giustizia sociale. Un po’ tutto Land of Gold parla di questo, ma anche dei profughi costretti a lasciare la propria terra a causa di guerre ed altro. Con il suo sitar Anoushka evoca i sentimenti più nobili e profondi, coniugando la musica indiana con il jazz ed echi minimalisti, facendosi interprete di un dialogo interculturale di cui non è mai superfluo sottolinearne l’importanza vitale.

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