Autocostruzione, figuraccia con poche scusanti

Andrea AlberiziaSiccome il disagio riguarda solo quattordici famiglie in una provincia che ne conta circa 110mila, il Comune di Ravenna continua a fare spallucce da almeno quindici anni. Ma, al netto dei numeri dei coinvolti, l’autocostruzione di Filetto è una figuraccia con poche scusanti per Palazzo Merlato.

Nel 2007 il Comune con un bando pubblico (si faccia attenzione al carattere pubblico della vicenda, il vero fulcro di tutto) selezionò quattordici nuclei familiari (metà italiani e metà stranieri, circostanza che forse ha reso ancora meno sentita la loro causa) per la partecipazione al secondo cantiere di autocostruzione dopo quello di Piangipane (arrivato a buon fine non senza qualche inciampo). In buona sostanza si trattava di comuni cittadini che andavano a costituire una cooperativa con cui impegnarsi con Banca Etica per ottenere un prestito da un milione di euro necessario a costruire le proprie abitazioni per cui avrebbero fornito essi stessi manodopera in cantiere in modo da abbattere i costi fino a quelli dei soli materiali. Tutto questo avveniva con la regia di una società che aveva ottenuto la benedizione del Comune e su un terreno pubblico concesso in diritto di superficie per 99 anni dal Comune stesso. La società che forniva il coordinamento si è fatta di nebbia un po’ alla volta, non prima di aver incassato diverse tranche del finanziamento bancario, lasciando il cantiere a metà e la cooperativa dei cittadini (chiamata Mani Unite) con un debito pesante verso l’istituto di credito.

E da allora è come se il Comune, che si era fatto garante di tutta l’operazione, non sentisse un obbligo, quantomeno morale se non qualcosa in più, di risolvere la situazione creando il minor danno possibile alle 14 famiglie. Anzi, a dirla tutta le famiglie ne sarebbero dovute uscire con zero danni. Perché non potrà certo essere accettabile l’ipotesi che partecipare a un bando pubblico comporti il rischio di ritrovarsi esposti verso una banca e senza l’affiancamento del Comune. E invece è andata forse anche peggio. Si è aperto addirittura un contenzioso con lo stesso Comune con quest’ultimo che si è ripreso gli scheletri incompleti delle palazzine, ha saldato il debito con la banca e si è spinto a chiedere i danni ai cittadini (non accontentato dal giudice).

Adesso sei di quei quattordici appartamenti suddivisi in due palazzine – finalmente completate – verranno assegnati con un bando per edilizia residenziale. I membri di Mani Unite avranno la precedenza. Ma non è certo così che si immaginavano l’epilogo e nemmeno di ricevere quel trattamento dal Comune.

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