Una città scontenta ma non rassegnata

Fausto PiazzaA fine anno è sempre tempo di bilanci, inesorabili, col rischio poi, in un Paese che va al rallentatore da vari lustri, di ripetere stucchevolmente certe considerazioni.
Un recentissimo sondaggio nazionale rivela che gli italiani restano scontenti (un’altra indagine ci dipinge ancor peggio: rancorosi e incattiviti) ma sono ottimisti (vedi il consenso a gonfie vele del “governo del cambiamento”).

Nella società liquida, senza più grandi valori a cui aggrapparsi, è sempre più complicato capire se è più reale il “percepito” o se la realtà (quella dei dati e dei fatti) non si riesce più a percepirla.
Il ragionamento potrebbe valere anche per Ravenna, di cui le recenti indagini sulla qualità della vita, disegnano profili contraddittori, o semplicemente punti di vista molto diversi e quindi ineludibili. La classifica de“Sole24Ore” ci vede bene, quasi nella top ten delle città italiane, con indici assai positivi sul versante dell’efficienza della giustizia, della cultura, dell’ambiente e cura del verde, e comunque nella parte alta della classifica quanto a ricchezza (anche pro capite) e intraprendenza economica. Più impietosa la ricerca di “Italia Oggi” in cui Ravenna precipita sotto metà classifica, pessima sui parametri della criminalità, del disagio sociale, del sistema sanitario e della demografia. Il primo “sguardo” ci dice che non va poi così male, anche se possiamo migliorare, il secondo che la comunità è in sensibile crisi e ci aspetta una difficile risalita.

A queste valutazioni aggiungiamo, nelle pagine seguenti, una nostra “radiografia” della città, attraverso un album di fatti, iniziative e testimonianze che hanno segnato il 2018, compresa una lunga intervista di metà mandato al sindaco de Pascale, che in controluce ci restituisce lo stato di salute, le magagne e qualche prospettiva della società ravennate.

Anche questo “sguardo” dall’osservatorio del nostro giornale, fotografa una Ravenna sicuramente fiaccata da una crisi ormai lunga un decennio, ma non rassegnata. Certo, l’economia, quella “pesante” e ad alto valore aggiunto è malmessa (con uno stillicidio di fallimenti e perdita di posti di lavoro), non certo compensata dalla girandola di aperture di negozi, locali per la ristorazione e supermarket, che vivacizzano la città ma producono ricchezza e impieghi molto limitati ed effimeri.

Purtroppo di imprese, soprattutto innovative, ne nascono poche e quelle che ci sono fanno fatica a crescere. A tale stagnazione si aggiunge l’emergenza infinita dello sviluppo infrastrutturale, immobile da decenni, anzi afflitto da un passo di gambero (vedi il caso della Ravegnana). Però la città vanta ancora un tessuto sociale solido, in parte ancora benestante, con una diffusa ed efficiente rete di servizi pubblici (per i più piccoli e i più anziani) e di attività di volontariato. E c’è una grande animazione in campo culturale, dello spettacolo e del tempo libero che per una comunità sono un indicatore di elevata civiltà e coesione umana. Possiamo solo migliorare, come si dice, se siamo un po’ ottimisti.

Auguri a tutti i cittadini e lettori, e al primo cittadino, su cui si concentrano molte aspettative dei ravennati per gli anni che gli restano da governare.
Arrivederci al 2019, auspicando che sia un anno nuovo veramente felice.

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