Così come richiede la migliore tradizione estiva, anche Ravenna non si è sottratta a un succulento dibattito trash-pecoreccio a cavallo di Ferragosto. Tutto attorno a una domanda: si nasconde del sessismo nel fare la pubblicità di una gelateria mettendo la foto di profilo di una bocca femminile con rossetto mentre protende la lingua nell’atto di leccare un cono gelato (monogusto alla crema, si presume dal colore) accompagnata dal claim “Noi lo facciamo tutti i giorni”? I social network hanno garantito abbondanza di spazio a chiunque per esprire la propria opinione al riguardo. Ma non è che invece, come qualcuno ha suggerito, il vero interrogativo da porsi sarebbe stato quello sullo spessore creativo di una pubblicità che gioca con il doppio senso a sfondo sessuale per una gelateria? È la banalità che è avvilente. Alle spalle abbiamo un ampio repertorio di immagini provocatorie (anche di firme artistiche) che in confronto l’accostamento tra leccare un cono gelato e praticare una fellatio è roba da libro Cuore (magari elaborare una versione con la bocca di un uomo avrebbe avuto un sussulto di vivacità). «Il sesso è come i giochi di parole e le citazioni: in pubblicità li tiri fuori quando sei disperato», dice l’amica copywriter per un’agenzia di Milano. Nel caso specifico era stato tirato fuori due anni fa, a quel tempo infatti risale la campagna del gelataio ravennate. Passata nel generale silenzio finquando in agosto non è stata segnalata all’osservatorio promosso dal Comune che svolge attività di monitoraggio e controllo sulle immagini pubblicitarie e commerciali. L’assessora comunale alle Politiche di genere ha invitato alla «protesta collettiva» mentre due consigliere comunali Pd si sono spinte a proporre un boicottaggio. Risultato? Boom di vendite per il gelataio con buona pace del sessismo o meno. È andato a ramengo il nobile intento di chi si batte per evitare che nello stesso 2015 in cui non ci si può scandalizzare per il richiamo a un rapporto orale ci sia magari anche la vis creativa sufficiente per andare un passettino oltre il sesso, i giochi di parole, le citazioni e l’uso del corpo della donna. Insomma una banalità creativa vecchia di un paio di anni ha fatto chiudere la vena a chi lavora per una causa condivisibile portando a una reazione che ha ottenuto, in buona sostanza, l’esito opposto a quello auspicato e auspicabile. Visto come sono andate le cose in questo caso ora il rischio è che il prossimo imprenditore sfacciato (o furbo) la butti consciamente sul sessismo contando sull’indignazione un tanto al chilo che equivale a un ritorno di notorietà.
Condividi