Lo smarrimento dei renziani della seconda e della terza ora

Se c’è un ruolo ingrato di questi tempi dev’essere quello del segretario provinciale del Pd in una federazione come quella di Ravenna. Questa volta l’impressione è che sarà ancora più difficile tenere insieme i pezzi, anche qui dove sempre ci si è vantati di poter comporre le diversità, dove si è celebrata l’unitarietà, dove si sono scansate le primarie ogni volta che è stato possibile, dove sono stati distribuiti i posti tra renziani e non.

Un po’ perché comunque non è facile capire ormai cosa possa unire davvero il presunto popolo “democratico”, nemmeno da queste parti. Il 25 aprile la piazza del Popolo a Ravenna, nonostante il bello spettacolo portato in scena da una ventina di ragazzi a rinnovare un cerimoniale altrimenti stantio, non era certo stracolma, l’1 maggio ai Giardini è ormai diventata una festa dai contenuti scabrosi per il Pd (il jobs act ha tracciato un solco profondo tra il principale partito del centrosinistra e il principale sindacato italiano e sicuramente locale, la Cgil), mentre a riempire le pagine dei giornali locali c’è stato l’elmo di Negau con una comunità in rivolta perché si sente defraudata del proprio tesoro. Una vicenda che dice (anche) quanto l’Amministrazione dem non sia stata capace di preparare adeguatamente il terreno, di come il partito che esprime l’amministrazione e che vanta un presunto radicamento sul territorio non sia più in grado di fare da cuscinetto, di mediare, di sondare e prevenire.

Del resto dal 4 marzo il primo partito è il Movimento 5 Stelle. In questo contesto Barattoni, il segretario provinciale dai modi pacati con un stile d’antan nonostante la giovane età, firma un documento non proprio snello insieme ai colleghi di Modena e Reggio dove si chiede collegialità, l’apertura di una discussione, si rifiuta l’idea dell’Aventino. Firmato il 27 aprile, appena due giorni prima della celeberrima intervista di Renzi da Fazio a cui sono seguite le reazioni scandalizzate di tutti gli altri perché ai più è parso che avesse bruciato l’imminente direzione (anche se i numeri della direzione erano a suo favore prima e lo restano dopo l’intervista di Fazio). Prima di Barattoni, il sindaco aveva rilasciato dichiarazioni molto nette di critica a Renzi e al suo entourage.

Insomma, i renziani della seconda e della terza ora, quelli che Renzi andava bene soprattutto perché vinceva, adesso sono pronti a mollarlo, ma non è chiarissimo per cosa. La sensazione di smarrimento è quanto mai forte, lo spettro di nuove elezioni politiche imminenti aleggia mentre incombe quello delle prossime amministrative 2019. Qui quasi tutti i sindaci Pd terminano il primo mandato. Si candideranno per il secondo? O sceglieranno la strategia di Deborah Serracchiani? Non si è ricandidata in Friuli per il secondo mandato da presidente per andare poi il giorno dopo la sconfitta dem in tv a dichiarare: «Abbiamo perso probabilmente anche perché, non ricandidandomi, non ho potuto valorizzare la bontà del lavoro fatto».

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