E dopo le primarie, cosa succede al Pd?

Parlare male del Pd è ormai uno sport nazionale praticato da cinque mesi da chiunque, elettori, politici (anche dello stesso Pd), alleati, avversari, commentatori. Il partito arriva così a queste primare assai acciaccato e con scarso se non zero entusiasmo al di fuori dei comitati promotori.
I voti nei circoli da queste parti non hanno riservato sorprese con Bonaccini grande favorito e sostenuto dai big del partito locale, mentre Schlein raccoglie l’appoggio di ex big del partito, quelli fuoriusciti ai tempi di Renzi per fondare Articolo 1, nomi del calibro di Vasco Errani e Miro Fiammenghi, gli uomini che per tanto, tantissimo tempo, hanno avuto in mano il Pci a Ravenna e poi il Pds, eccetera. Ma la competizione è nazionale e chissà, potrebbe riservare sorprese.

Qui abbiamo visto comitati e sale piene per la giovane candidata che sfida il presidente della Regione, qualche voce nuova al di fuori del solito perimetro (come Elettra Stamboulis che ci ha raccontato di aver preso la prima tessera a fine 2022 proprio per appoggiare Schlein). A muovere queste persone, per loro stessa ammissione, è innanzitutto la necessità di reagire alle destre che hanno vinto le elezioni e che stanno governando indisturbate o quasi (visto appunto la latitanza del Pd). E la convinzione che senza Pd possa essere praticamente impossibile organizzare una vera alternativa a sinistra.
Dall’altra parte c’è il pragmatismo di Stefano Bonaccini, considerato un ottimo amministratore, un uomo del fare, per così dire, che di fronte ai problemi concreti non disdegna soluzioni condivise anche a destra (vedi il rigassificatore, per citarne una, ma anche sull’autonomia differenziata delle Regioni ci sarebbe da dire qualcosa…) e che non demonizza gli avversari. Ha l’aura del vincitore perché vinse appunto all’inizio 2022 quando il vento era tutto a favore del centrodestra (a dargli una mano ci furono per la verità anche le sardine, il cui leader oggi si schiera con Schlein).

Il vero dilemma è cosa accadrà da lunedì: i nuovi elettori e iscritti di Schlein rimarranno davvero nel Pd a fare battaglie dall’interno? E se dovesse vincere (a livello nazionale Bonaccini potrebbe non avere lo stesso appeal che ha da queste parti), riuscirà a tenere insieme il partito? Dal Pd sono già nati tre o quattro soggetti politici che si avvicinano, si allontanano, si rimescolano… chi e cosa potrà impedire che non accada di nuovo, per la gioia di Meloni, Conte e tutti gli altri? La fase costituente che doveva ridare un’identità al Pd è stata soffocata dalla contesa personale e davvero la sensazione è che ormai sia un partito che possa prendere quasi qualsiasi posizione in politica economica, a seconda di chi lo guida.

Detto questo, resta da dare atto a dirigenza e volontari che ancora una volta, domenica prossima, per quanto limitata e poco entusiasmante sia la sfida, danno vita a un processo democratico di selezione della classe dirigente che non ha nessun’altra formazione politica, nemmeno più a sinistra.

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