Musica e fotografia si occupano di ricordare l’alluvione

Fausto Piazza

Il diluvio un anno dopo: non è facile trarre un bilancio sensato ed equilibrato. La vastità e complessità della catastrofe del maggio 2023 ci riserva molteplici punti di vista del fenomeno che ha colpito il ravennate e la Romagna. Ci sono quelli operativi, amministrativi, insomma pragmatici, ma anche quelli sociali ed emotivi. I numeri parlano chiaro: lentezza nelle opere di ricostruzione e messa in sicurezza del territorio, e ancor più insufficienti sono quantità e tempi di risarcimento dei danni subiti da cittadini, imprese, beni culturali e ambientali. Basti un dato per tutti: i danni certificati dall’Unione europea ammontano a 8,5 miliardi, per ora ne sono stati deliberati dallo Stato 1,3, effettivamente erogati appena la metà (per dettagli aggiornati vedi R&D del 16 maggio, anche online). Al di là della retorica della tenacia romagnola è ormai evidente che ci si dovrà comunque arrangiare.

Adesso, che molte ferite materiali si sono attenuate e rimarginate, quante cicatrici si nascondono nell’anima dei “sommersi” ma anche degli “scampati”? Sono migliaia le persone e le famiglie a cui acqua e fango hanno strascinato tutto, beni materiali ma anche consuetudini di vita e oggetti d’affezione inestimabili. Generazioni di cittadini costrette a una condizione di spaesamento e solitudine, risentimento e frustrazione. Eppure, l’ansia non demorde neppure molti fra quelli che l’hanno sfangata l’alluvione: i disastri futuri sono imponderabili.

La memoria non è indelebile, ma può avere un ruolo come ammonimento e come stimolo, per non dimenticare e restare vigili. La nostra città ha ricordato la catastrofe un po’ in sordina, forse perché – a parte l’affondamento di Fornace Zarattini – l’ha scampata per il rotto della cuffia, anche se va sottolineata la lotta intelligente con cui istituzioni e soccorritori hanno salvato il nucleo urbano ravennate. Così è stato, per così dire, “delegato” al Ravenna Festival, con la rassegna di concerti popolari “Romagna in fiore” e le sue pubblicazioni ricche di immagini sul tema, rammentare il valore simbolico e collettivo dell’anniversario.

Ma è principalmente la forza delle immagini – colte nelle zone del disastro, fra scene di distruzione, i volti sconvolti dei sommersi e quelli dei soccorritori – che toccano il cuore con sentimenti di paura, sgomento, compassione. Grazie agli sguardi di documentazione, eppure di estrema empatia di ammirevoli fotografi-artisti che hanno testimoniato il dramma profondo del diluvio. Tanto per citare alcuni autori di recenti mostre e pubblicazioni: Silvia Camporesi, Andrea Bernabini, Marco Parollo, Luigi Tazzari, Giovanni Zaffagnini, Adriano Zanni…
Parliamo di visioni che testimoniano una tragedia sempre viva e impongono informazioni puntuali, trasparenza, vigilanza attiva e continuativa dei cittadini, perché quanto è stato promesso e pianificato da governi e istituzioni pubbliche – per resistere e adeguarci all’emergenza climatica e procedere alla cosiddetta transizione ecologica – venga onorato e realizzato. Prima che si può.

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