Quel relitto inamovibile che ammorba la valle

Fausto PiazzaContinuo a battere il chiodo del tema ambientale. L’occasione mi è data da due recenti notizie di cronaca giudiziaria e amministrativa che riguardano l’ormai annosa questione del relitto di una motonave, la Berkan B, semiaffondata e ormeggiata in una banchina secondaria del porto di Ravenna, affacciata sulla piallassa dei Piomboni.

La carretta doveva essere rimossa da tempo, per evitare l’inquinamento delle acque del bacino che peraltro è una delle zone umide storiche del ravennate, parte del Parco del Delta del Po. La piccola valle, assediata su due lati da insediamenti portuali e artigianali, è da tempo al centro di un piano “salvataggio” con arginature e paratoie per garantire la funzione dell’ecosistema, ma i lavori sono incompleti e si è parlato anche di progetto non proprio azzeccato. Ora è dal 2017 che sullo specchio d’acqua incombe questo relitto, peraltro affiancato da un’altra serie di imbarcazioni devastate e abbandonate, potenzialmente pericolose, che fanno dell’area una specie di indecoroso cimitero di lamiere.

La vicenda – dopo una serie di denunce da parte di cittadini e associazioni ambientaliste ma soprattutoo vari rimpalli di competenze e responsabilità fra enti marittimi, portuali e di tutela ambientale – ha messo in moto anche la magistratura che ha aperto un’inchiesta sul caso, coinvolgendo la massima istituzione in campo, l’Autorità di Sistema Portuale, e indagando i massimi vertici dell’ente statale che sono accusati sostanzialmente di non aver impedito il rischio di inquinamento della Berkan B. In questi giorni è iniziata in Tribunale l’udienza preliminare per determinare se si dovrà andare o meno a processo ma se ne riparlerà a maggio. Nel mentre è emerso che una gara bandita dalla stessa Autorità Portuale per la rimozione del relitto è stata annullata. E se non bastasse chi aveva vinto la gara si è rivolto al Tar chiedendo di annullare la decisione.

2019 02 10 Berkan8 Ph Cristiano Mazzoli

La questione, se era già complessa prima, sta diventanto un vero ginepraio che fa prevedere un ulteriore slittamento della soluzione del problema. Con la Berkan B che resta inamovibile.
L’unica mossa convinta e determinata per ora l’hanno fatta diversi gruppi ecologisti, da Italia Nostra a Legambiente al Wwf che hanno deciso di costituirsi parte civile nel caso di un processo. Siamo ai limiti dell’assurdo che siano dei volontari, privati cittadini in fondo, ad avere veramente a cuore un bene comune e non come sarebbe più sensato le istituzioni pubbliche a cui è demandata costituzionalmente la tutela della natura, la difesa dell’integrità delle acque e del suolo e della salute dei cittadini.

Se questi sono i presupposti della “transizione ecologica” ravennate, visto che si dovranno affrontare altri temi industriali ed energetici di ben più elevata dimensione e importanza, allora c’è da temere che sarà una lunga traversata del deserto.

 

 

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