Tra caos e ritardi, il porto prova a tenere saldo il timone

Andrea AlberiziaAi vertici dell’Autorità portuale di Ravenna sono convinti di non avere responsabilità penali per l’inquinamento conseguente all’affondamento del relitto del mercantile turco Berkan B nel canale Piomboni, avvenuto lo scorso marzo a sei mesi di distanza dal cedimento dello scafo durante le operazioni di smantellamento. Negli uffici della procura della Repubblica non la pensano allo stesso modo. Il presidente e altri due massimi dirigenti, il segretario generale e il direttore tecnico, sono stati indagati per la vicenda e ora sospesi dall’incarico in forza di una misura cautelare concessa dal giudice per le indagini preliminari, quindi un primo vaglio super partes tra accusa e difesa (ci sarà modo e maniera per fare ricorso per la revoca).

Non è la prima volta che i manager del porto e i magistrati hanno visioni opposte. È successo di recente anche con le casse di colmata. I fanghi di vecchi dragaggi sono rimasti depositati oltre i termini della scadenza delle autorizzazioni. Per la procura erano diventati una discarica abusiva, per Ap e altre società coinvolte invece no. A gennaio sono arrivate condanne per ex dirigenti di Ap e di Cmc.

Quando la stampa ha dato notizia della sospensione per i vertici, il sindaco ha messo di corsa il caschetto da pompiere: «Ci tengo a precisare alcuni aspetti che possono essere fraintesi o mal interpretati soprattutto dagli investitori nazionali ed internazionali». La precisazione dice che la sospensione riguarda l’affondamento del Berkan e quindi non inciderà sul progetto di escavo da 250 milioni ormai all’ultimo passo dal traguardo per l’emissione del bando.

I tre indagati hanno assicurato che «il proseguimento di tutte le proprie attività istituzionali, con particolare riferimento al rispetto delle tempistiche connesse al progetto hub». Quali tempistiche viene da chiedersi? Il primo (e unico) mandato di Galliano Di Marco iniziò nel 2012 e doveva essere quello in cui scavare. E non fu così. Il mandato di Rossi iniziò a fine 2016 e a fine dello scorso giugno, in una uscita pubblica proprio davanti a potenziali investitori, quelli di cui tanto si preoccupa il primo cittadino, disse che luglio sarebbe stato il mese del bando. E non è stato così, a prescindere dall’interdittiva arrivata a settembre.

Di sicuro c’è che negli ultimi mesi dell’era Di Marco non passava settimana senza che Confindustria sparasse cannonate per sollecitare ad accellerare. Negli ultimi tre anni non si è spostato un pugno di sabbia ma per sentire la voce degli Industriali c’è voluto un provvedimento di sospensione dal giudice: «L’associazione chiede lucidità e cautela a tutti i soggetti coinvolti». Roba forte.

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