Il Moro sta marcendo da otto anni. Così è uno strazio, meglio demolirlo

moro di venezia 3È ora di mettere fine a uno strazio durato già troppo: demoliamo il Moro di Venezia. Bisogna dirci la verità, anche se fa male: Ravenna dice di volerlo valorizzare, ma in realtà lo lascia marcire già da otto anni. La città del porto turistico Marinara, dei circoli velici, dei cantieri navali, del mare dentro, del porto canale e dei sette a bordo dell’ultima Luna Rossa, non sa che farsene della creatura di Raul Gardini.

E dire che c’è la fila di autorità, politici, imprenditori e appassionati che incensano la barca. Ma alla prova dei fatti è da anni che le istituzioni cittadine lo trattano come quel souvenir pacchiano che gli zii ti hanno portato dalla vacanza: ti tocca tenerlo su qualche mobile a prendere polvere, perché va esibito altrimenti se zia non lo vede ci resta male, ma non vorresti fare altro che sbarazzartene senza tante moine.

moro di venezia 1992Il 19 marzo è stato messo in testa al Candiano, nella darsena di città. Il sindaco ha postato una foto su Facebook: “Un affascinante simbolo dell’identità cittadina che va valorizzato, tutelato e promosso”. Ma una città che lo considera “una leggenda della vela” (cit. ancora De Pascale) l’avrebbe dimenticato otto anni su un catafalco a marcire? Sì, a marcire. Nel 2017 così parlò Daniele Rossi, presidente di Ap: «Tenerlo dov’è ora lo espone comunque al deterioramento. Le barche sono fatte per stare in acqua, non sui piedistalli». Andate a vederlo ora, andateci: è diventato rosa. Il famoso rosso del Moro è rosa. E non è un effetto Instagram.

Nel 2008 Ap lo comprò per 70mila euro. Perché un’Aurorità portuale compri una barca di America’s Cup è una domanda la cui risposta può stare solo alla categoria “manie di grandezza”. E infatti nel 2013 la stessa Ap (ma presidente diverso) decide di toglierla dall’acqua per tagliare le spese di manutenzione nel cantiere nautico. A quel punto ti saresti immaginato che in una città dove “vocazione ed esperienza velica, rapporto con l’acqua e con la portualità hanno radici profondissime” (cit. ancora De Pascale), la barca venisse valorizzata nel modo migliore, per farne un’attrazione, un’emozione. Invece è stata piazzata nel parcheggio di Ap, inaccessibile ai comuni cittadini. Impossibile vederla in prossimità. E anche nel caso, il catafalco non è dotato di scale per ammirare la parte superiore. Attorno le avevano messo una catenella come segnalazione per le auto dei dipendenti dell’ente. E ovviamente non è menzionata da nessuna parte. Della sua esistenza non trovate cenno sui siti di nessuna autorità o ente locale, nemmeno alla voce “strano ma vero”. Intanto gli altri quattro scafi costruiti per la Coppa America del 1992 sono in giro per il mondo ancora in acqua.

scafo moro di venezia IIIVuoi tenerla fuori dall’acqua perché ti costa meno? È la scelta meno suggestiva – come se a Lugo mettessero la riproduzione dell’aereo di Baracca a galleggiare nel parco del Loto – ma si può anche capire. Però ti serve un piano di valorizzazione, altrimenti è uno spreco. Se proprio non hai avuto la lungimiranza di avere il progetto pronto prima di issarla in banchina, poi hai avuto otto anni per inventarti qualcosa per mettere a reddito quel Moro, dove reddito sta per attrattività, curiosità, turismo. E invece è solo diventato rosa. E non si pensi che le mancanze siano solo degli enti pubblici. Toc-toc, dove sono le aziende del porto che parlano di cultura d’impresa?

barca moro di venezia 3 ita-15Quattro anni fa Ap aveva cullato il sogno di rimetterla in mare. Si sperava in un gruppo di volenterosi disposti a fare squadra per sostenere le spese. Una sorta di fondazione che facesse del Moro un ambasciatore. Nulla di fatto.

E allora demoliamolo: tolto il dente, tolto il dolore. Anzi no, meglio non demolirlo: la cronaca dice che da queste parti è un’impresa impossibile anche rottamare una nave. Il Berkan B sta colando a picco da due anni nel Piomboni. Di rilevanza penale o meno, di certo è un relitto che insudicia la vista e le acque delle valli, un’altra delle grandi eccellenze del territorio.

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