Tutte le scritte sui muri sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre

Andrea AlberiziaA volte i muri possono raccontare storie che aiutano a capire il grado di confusione che regna nel contesto in cui si trovano.

A Ravenna tre persone sono state condannate per imbrattamenti, con pene comprese tra venti giorni e un mese di reclusione, perché nel 2018 si fotografarono mentre disegnavano fiori sui muri di una materna per coprire simboli nazifascisti. La sentenza ha scatenato reazioni. In molti hanno criticato la posizione del giudice: si aspettavano che facesse finta che quello non fosse un reato perché commesso “a fin di bene”, per coprire qualcosa di più brutto. Ma pur sempre trattavasi di vernice su muri pubblici e qualcuno ha risposto all’indignazione sottolineando che al giudice spettava applicare la legge.

Chi si aspettava il perdono affonda la sua convinzione in un precedente. Non si può fare a meno di notare la somiglianza con un episodio avvenuto un anno dopo. Il liceo scientifico Oriani ingaggiò lo street artist Urka perché disegnasse una enorme matita, con i colori inclusivi dell’arcobaleno e una citazione di David Bowie altrettanto inclusiva, per coprire la scritta “Il preside è gay”.
Nessuna condanna per l’artista o per il preside ma titoli sulle prime pagine dei giornali nazionali e servizi in tv. E il matitone è ancora là.

Eh ma quella è arte, dirà qualcuno. E avevano chiesto l’autorizzazione, aggiungerà qualcun altro. Lasciando per un attimo da parte se la “street art che chiede permesso” riesca a conservare la sua natura irriverente e provocatoria con cui è nata, c’è però un caso ancora più recente che rimette ancora in discussione tutto.

I cantieri di restauro e manutenzione attorno alla Tomba di Dante e attorno alle medie Damiano-Novello hanno bellamente cancellato due opere di street art, altrettanto autorizzate. Entrambe disegnate da Blub. Una delle due rappresentava niente meno che Dante Alighieri e stava sullo sportello di un contatore. Non sul quadrarco di Braccioforte. Non sui mosaici di San Vitale. Sullo sportello di un contatore.
Ma qualcuno deve aver pensato che stesse meglio una bella mano di grigio piuttosto che quello scarabocchio. E così davanti al presidente della Repubblica il sindaco ha aperto le iniziative per il settecentenario promettendo di celebrare il Sommo anche in chiave moderna, ma poche ore prima una moderna espressione artistica in città riferita a Dante era stata bellamente buttata. E quando la cosa è diventata di dominio pubblico nessuno ha ritenuto di dover dare spiegazioni.

Certo che così si fa fatica a capire chi può e chi non può scrivere sui muri a Ravenna. Arte o imbrattamenti?

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