Fanghi, l’assessora difende la Provincia: «Non sono state chieste le proroghe…»

Roncuzzi: «Noi interveniamo solo su segnalazioni. Senza Progettone ognuno dovrà svuotare le casse di colmata a proprie spese…»

Abbiamo posto alcune domande a Mara Roncuzzi, assessore all’Ambiente per la Provincia, ente chiamato a amministrare la materia ambientale legata alle casse di colmata portuali. Il tema è quello legato all’inchiesta sullo smaltimento dei cosiddetti fanghi di escavo del Candiano (e non solo) depositati con le autorizzazioni scadute che vede indagati dieci manager di Autorità Portuale, Cmc e Sapir.

Assessore, nella questione casse di colmata che ruolo spetta alla Provincia?
«La Provincia rilascia le autorizzazioni, a seguito di richiesta del proponente, una volta verificato, insieme agli altri enti competenti presenti nelle Conferenze di Servizi, che vi siano tutti i presupposti ambientali e urbanistici. Non le spettano controlli sul campo in corso d’opera. Non sono un tecnico, ma credo che qualora si accorga di un problema invii una segnalazione agli organi competenti per le verifiche e l’erogazione di eventuali sanzioni».
La magistratura lavora sulle scadenze delle autorizzazioni. Mancavano solo le richieste di proroga oppure le proroghe non erano più possibili?
«C’è un’indagine in corso per cui non ritengo opportuno approfondire. Principalmente credo siano delle mancate richieste di proroga, ma penso che le situazioni siano diversificate».
La scadenza più recente risale comunque a due anni fa. Nella migliore delle ipotesi vorrebbe dire che sono serviti due anni per accorgersi che i documenti erano scaduti? La Provincia doveva muoversi prima? Qualche altro ente doveva muoversi prima?
«La responsabilità della richiesta di rinnovo delle autorizzazioni è sempre in carico ai proponenti. La Provincia rilascia giornalmente decine di autorizzazioni, centinaia all’anno. Normalmente i controlli avvengono a seguito di segnalazione. In questo caso, la necessità di fare il punto della situazione in occasione del rilascio del parere in merito al cosiddetto Progettone ha fatto emergere le problematiche».
In due anni la Provincia ha mai sollevato la questione in maniera ufficiale rivolgendosi ai soggetti coinvolti?
«C’è un’indagine in corso, posso solo dire che sono stati chiesti approfondimenti per verificare lo stato di fatto».
Qualcuno ritiene che su alcuni fronti in Provincia vi sia una interpretazione delle norme in maniera eccessivamente rigida…
«Sicuramente le norme in materia di rifiuti nel nostro Paese sono particolarmente complicate. La normativa sulle “Terre e rocce da scavo” a cui appartengono anche gli escavi dei fondali, ad esempio, è cambiata due o tre volte nel corso di questa legislatura, iniziata a metà 2011. Si è arrivati al paradosso che lo stesso identico materiale, dal punto di vista della composizione materica, può essere considerato “rifiuto” o “non rifiuto” a seconda della modalità di gestione e del periodo in cui è stato prodotto. Detto questo, ognuno deve svolgere seriamente il proprio lavoro alle condizioni date in quel momento, anche se non condivide alcune leggi. In ogni caso è singolare che da una parte si accusi la Provincia di essere troppo rigida e dall’altra troppo disattenta…».
E ora le casse che fine faranno?
«Questo non glielo so dire. Il loro svuotamento dovrebbe avvenire all’interno del Progetto dell’Hub portuale, il cosiddetto Progettone. In caso contrario, credo che ciascun proprietario debba cercare soluzioni alternative a proprie spese».

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