Vaporidis e la commedia all’italiana «La cosa più difficile da fare nel mondo»

L’attore all’Alighieri il 23 ottobre con uno spettacolo comico in un evento benefico per la fondazione Lucè

Volto pop della commedia romantica italiana, Nicolas Vaporidis si è rivelato come fenomeno popolare all’età di vent’anni negli anni 2000. Consacrato da Leonardo Pieraccioni ha recitato in molti film del regista Fausto Brizzi come Notte prima degli esami e Maschi contro femmine e di Volfango De Biasi come Iago e Come tu mi vuoi. Ora calca le scene teatrali con lo spettacolo comico Finché giudice non ci separi di Augusto e Toni Fornari, Andrea Maia, Vincenzo Sinopoli e sarà in scena accanto a Luca Angeletti, Augusto Fornari e Toni Fornari e Laura Rocco. Lo spettacolo sarà in scena al Teatro Alighieri di Ravenna il 23 ottobre alle 21. Lo spettacolo è realizzato per scopi benefici e l’incasso sarà devoluto alla Fondazione Lucè in memoria di Lucia Bagnoli.

Come è nata l’idea di una commedia sul divorzio a teatro?
«L’idea nasce da Augusto Fornari, autore dello spettacolo. Siamo alla terza collaborazione consecutiva assieme in teatro. L’ultimo lavoro ha debuttato lo scorso maggio e ora con lo stesso cast del teatro Golden di Roma, a cui si è unito Toni Fornari e Laura Rocco, abbiamo pensato a questo nuovo spettacolo che debutterà a Ravenna. L’opportunità di farlo a Ravenna è stata appunto quella di questo circostanza evento benefico».

Conosci Ravenna? Ci sei già stato?
«Non posso dire di conoscerla. Sono stato in città sempre per poco tempo e non ho avuto modo di visitarla. E anche questa volta purtroppo siamo di corsa e ripartiremo la mattina dopo lo spettacolo».

Dicono che per un attore recitare a teatro è più difficile perché è a diretto contatto col pubblico, è davvero così?
«È lo stesso sport, cambia solo il campo di gioco. È un po’ come incidere un disco o cantare in uno stadio. Voglio però sfatare un mito: il cinema non è affatto più semplice. Quando giri un film ripeti più e più volte la stessa scena e devi mantenere lo stesso patos per ore e ore. A teatro tutto questo non avviene. Dicono che a teatro se sbagli non puoi rifare. A volte non sbagli nemmeno al cinema, ma devi rifare le scene molte volte solo perché cambiano le inquadrature. La cosa diversa è il pubblico. Il pubblico a teatro è il tuo partner, senti le sue vibrazioni. Ogni serata è unica e magica. Non esistono due serate identiche. Un’atra cosa che cambia molto è che a teatro ogni sera la storia che reciti inizia e finisce. Al cinema non reciti mai la storia dall’inizio alla fine, ma la fai sempre a pezzi e senza seguire l’ordine delle scene, mentre a teatro puoi seguire con la tua interpretazione il crescendo emotivo della storia».

Cos’è per te la “commedia all’italiana”?
«La cosa più difficile da fare nel mondo, perché è la più bella. Purtroppo siamo stati abituati a vedere filmettini, ma il cinema italiano è erede di una grande tradizione di commedia fin dagli anni ’50. La commedia italiana è l’unica che riesce a raccontare tramite le risate argomenti amari. Anche se la critica non sempre se ne accorge, anche oggi ci sono grandi autori, uno di questi è Augusto Fornari. Noi italiani abbiamo la capacità di ridere della disperazione della nostra società. È difficilissimo. Emozionare è un codice che abbiamo soltanto noi. È nel Dna degli italiani».

Hai citato la critica, cosa ne pensi?
«La amo follemente».

Credi che abbia ancora un valore fare critica cinematografica, nel tempo in cui i giornali vendono sempre meno copie e dedicano al cinema pochissimo spazio?
«Credo che raccontare un film e recensirlo sia ancora importante, se non sulla carta sui portali web. Ciò che a volte manca però è il rispetto per il lavoro degli altri. Troppe volte a scrivere di cinema sono ragazzi che si improvvisano critici senza avere esperienza, e per fare scalpore tendono a distruggere i film. Dietro a un film c’è il lavoro di tanta gente, molti sul web non lo capiscono. Dietro a un film ci sono persone sensibili che leggono le critiche e che ci rimangono male. Critiche scritte da persone senza nome, che si firmano con nickname e scrivono cose cattive per fare male. Ho notato che anche questi critici senza preparazione a volte hanno molto seguito».

Sei stato influenzato da critiche negative?
«Non ti nascondo che può succedere. Non dico che non mi fanno né caldo né freddo. Le critiche pesano più dei complimenti. Ma con il tempo ho imparato a distinguere gli insulti, dovuti a frustrazioni di attori falliti e registi mancati, dai commenti di critici esperti. Esistono anche critiche costruttive».

Ti sei trovato giovanissimo ad avere un enorme successo, come hai vissuto questi anni?
«Sono ormai 15 anni che sono conosciuto. Non credo però sia stato un successo rapido e nemmeno così clamoroso. Non ho ancora fatto ciò per cui vorrei essere ricordato. Ho avuto successi incredibili e film che sono andati meno bene. Mi piace quello che faccio, amo confrontarmi con grandi attori sul palco e al cinema come Augusto Fornari che reputo un genio della commedia».

Hai detto che non hai ancora fatto ciò per cui vorresti essere ricordato. Per cosa ti piacerebbe essere ricordato?
«Quando mi chiedono qual è il film più bello che ho fatto rispondo sempre “il prossimo”. Non sono ancora soddisfatto di quello che ho fatto, ho bisogno sempre di nuovi progetti in cui lanciarmi. D’altra parte ho solo 34 anni, spero di avere tempo per provare altri ruoli. Più invecchi più hai modo di confrontarti con ruoli complessi».

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