Il tema scomodo dell’amore «cattivo» Parla la scrittrice Francesca Mazzucato

L’autrice a Ravenna nella Giornata contro la violenza sulle donne: «Tutti dovrebbero riscoprire la propria femminilità, anche gli uomini»

Il termine “femminicidio” è stato coniato all’inizio degli anni ‘90 dalla docente universitaria e femminista Diana Russell. Per giungere in Italia e diffondersi correntemente nel linguaggio quotidiano ci sono voluti più di vent’anni. Ma che cos’è un femminicidio? Non è solo l’omicidio di una donna, ma è un delitto legato al passionale, a un amore incancrenito, a una famiglia finita.

Il 25 novembre è la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, in questa occasione la scrittrice Francesca Mazzucato sarà a Ravenna per presentare il suo ultimo libro per la rassegna “Il tempo ritrovato” al caffè Letterario alle 18.30. Mazzucato ha intitolato il suo ultimo romanzo L’amore cattivo. Scrittrice mai conforme alle regole, ha volutamente scelto un termine elementare e ininterpretabile come “cattivo”, ma può un amore essere veramente cattivo o diventa qualcos’altro? La cattiveria è una categoria analizzata dalla psicanalisi alla filosofia in cui può sfociare anche un amore iniziato come moltissime altre storie. “Cattivo” è un aggettivo che si collega con la paura, con la malattia, con il crimine. In questo romanzo si cerca, in qualche modo di comprendere come nasce la violenza.

«Comprendere è in qualche modo giustificare» scriveva Primo Levi parlando della crudeltà umana. Non temi che il tuo romanzo possa essere frainteso?
«Non si tratta affatto di giustificare, ma di raccontare. E il fatto che molte donne mi abbiano scritto di aver rivissuto la propria esperienza lo conferma. Raccontare come un amore può provocare dolore, ma anche come una rete di solidarietà femminile possa difendere da un pericoloso isolamento. C’è una frase che in questi giorni è stata spesso pronunciata parlando di Parigi: “Tutto quello che è umano, è nostro”, anche la malvagità ci riguarda».
Sei considerata una autrice provocatoria, che non ha mai avuto reticenze a trattare temi con un approccio scomodo, come ti sei approcciata alla violenza sulle donne?
«Questo è già di per sé un tema scomodo. Io cerco solo di analizzare le tematiche contemporanee senza farmi problemi di politicamente corretto. Ho parlato del corpo, dell’eros e della famiglia, che sono per me i temi tabù del nostro tempo».
Oggi che la donna, dopo sessanta anni di battaglie e rivendicazioni, ha raggiunto posizioni chiave di potere pensi che si sia raggiunto un risultato o siamo solo all’inizio?
«La donna ha raggiunto il potere, ma per farlo ha dovuto rinunciare alla sua femminilità. Le donne esercitano il potere come gli uomini, come se dovessero dimostrare di essere uomini, questo perché si ha paura della femminilità. Credo che tutti dovrebbero riscoprire la propria femminilità, per primi proprio gli uomini. Ci sono troppi pregiudizi perché si superi oggi questo ostacolo, basti pensare come sono considerate nella nostra società le trans, che sono semplicemente uomini che sono diventati donne».

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