«Mi dispiace ma non affittiamo a stranieri». Se lo sono sentiti dire due ragazzi ravennati in cerca di una sistemazione a Bologna, dove studiano all’università. Uno dei due ha la pelle scura, è nato in Etiopia 19 anni fa, è stato adottato quando aveva solo pochi anni da una coppia italiana e ha vissuto tutto il resto della sua vita a Ravenna. È italiano. Ma per la titolare di un residence bolognese, senza neppure chiedere informazioni, è straniero. E gli stranieri, in passato, in quel luogo, «hanno dato problemi».
La vittima dell’episodio, di stampo razzista, preferisce non parlare, ancora turbato da quanto accaduto, così a raccontare la propria versione è l’amico che era con lui, Carlo Donati, 21 anni. «Stiamo cercando da qualche giorno un appartamento a Bologna – ci dice al telefono – al momento siamo alloggiati in un bed&breakfast. Tramite un gruppo Facebook di studenti universitari siamo riusciti a metterci in contatto con due ragazzi veneti che cercavano due coinquilini. Ci siamo conosciuti, ci siamo piaciuti, e insieme siamo andati all’appuntamento al residence, a quanto pare solo per firmare il contratto, essendo disponibile, e versare la caparra di 300 euro, che avevamo già in tasca». Qualcosa però è andato storto. «A entrare in ufficio in un primo momento è stato solo uno dei due ragazzi veneti che aveva tenuto direttamente i contatti con la struttura – continua Donati –, mentre noi abbiamo aspettato fuori. E abbiamo visto che a una richiesta della signora della reception il ragazzo veneto ci ha indicato: lei ci ha squadrato e poi ha fatto “no” con la testa». Il loro “promesso” coinquilino quindi esce e racconta ai due ravennati che la titolare avrebbe detto che non affitta a stranieri. «Ma il mio amico non è neppure straniero! – continua nel suo racconto il 21enne – Così siamo entrati noi e con tutta calma, inizialmente, abbiamo chiesto come mai non potevano affittarci l’appartamento. E lei ci ha ribadito quanto detto prima: “non affittiamo a stranieri, abbiamo avuto problemi in passato”. Il mio amico è rimasto a bocca aperta e non ha avuto il coraggio di dire niente. Io invece mi sono scaldato e la signora ha finito con il trovare altre scuse, ha provato a dirci che in realtà l’appartamento non era più disponibile. Il mio amico non ha più spiccicato una parola, neanche con me, mani in tasca e testa bassa, ha pure rifiutato di mangiare insieme…. Poi, quando lo abbiamo raccontato a casa, sua madre ha chiamato la struttura, ma le è stato detto che l’appartamento non era più disponibile».
Così decidiamo di chiamare anche noi la struttura ma una signora ci invita ad andare a Bologna di persona, «se siete dei veri giornalisti», perché al telefono non sarebbe possibile spiegarsi. La donna, prima di riagganciare, smentisce però di aver avuto a che fare con i quattro ragazzi e ci dice di avere la struttura piena di universitari «di ogni etnia», per poi informarci infine di aver comunque ricevuto la telefonata della madre, «che forse sarà stata “sclerata” per i fatti suoi».