Razzismo sui libri di scuola? «Occasione persa: andiamo oltre gli stereotipi»

Alcune riflessioni di Lina Taddei sulle vignette che stanno facendo discutere sui social

Lina Taddei

Lina Taddei

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un intervento dell’avvocato Lina Taddei, referente del Pd sul tema Immigrazione, che vuole aprire una riflessione (a titolo prettamente personale) sul caso delle vignette ritenute da molti di stampo razzista pubblicate su alcuni libri per le scuole elementari, di cui si è dibattuto molto in questi giorni sui social.

In particolare sono due le vignette incriminate: entrambe hanno come oggetto bambini dalla pelle nera, a corredo di storie che vorrebbero parlare del rapporto tra bimbi e dell’intercultura.

Vignetta Razzismo Elementari«Ho riflettuto cercando di andare oltre la reazione immediata – scrive Taddei –, di contestualizzarle rispetto ai testi medesimi, ho ascoltato e letto volentieri anche le analisi e valutazioni di persone attente e competenti. Parto dalla vignetta del bambino che parla un italiano disarticolato: “Quest’anno io vuole parlare italiano bene”, dice. La realtà, di bambini o adolescenti che arrivano in Italia già in età scolare e non conoscono l’italiano, come anche di bambini nati in Italia da genitori di origine straniera (e che semmai hanno sempre e solo parlato in casa la lingua del paese di origine dei genitori) – dunque non solo neri – esiste e non va negata,  ma è molto più complessa di una vignetta che rischia, per stereotipo, di inquadrarla nel solito messaggio del nero che parla in modo disarticolato così come di estenderla oltre quella realtà, ad ogni bambino dalla pelle “non chiara”! Se il messaggio che si voleva trasmettere era la voglia del bambino di imparare la lingua italiana per sentirsi “parte” della comunità scolastica, era auspicabile, piuttosto, “farglielo” dire nella sua lingua, di qualunque provenienza fosse, e non chiuderlo in un cliché che può rimanere oltre la vignetta. Viceversa, al di là delle difficoltà iniziali, molti di quei bambini diventano poi insegnanti dei loro stessi genitori, soprattutto di molte madri che spesso hanno poco tempo ed occasione di parlare italiano o partecipare a Corsi di lingua fin quando rimangono nelle “mura” domestiche ad assolvere ai compiti familiari. Parlano i dialetti, crescono e convivono con i loro coetanei. Utilizzare in quella vignetta la lingua conosciuta dal bambino non sarebbe stato un negare la realtà –  e cioè anche di molti bambini che necessitano inizialmente di un sostegno linguistico ( e a mio avviso, in alcuni casi ci sarebbe bisogno di investire all’interno della Scuola in molta più mediazione culturale con i genitori) perché non parlano o parlano male l’italiano, ma mettere in evidenza parte del loro “patrimonio” e così arricchire quello dei compagni di classe».

Una Nuova Amica Libro«Che dire poi – continua Taddei – della vignetta in cui un bambino dice alla bambina “sei sporca o sei tutta nera?”? La frase ad una prima lettura annichilisce, è un tuffo al cuore. A ben pensarci poi, potrebbe in parte rispecchiare talune situazioni, reazioni spontanee. Avevo appena quattro anni quando, sulla spiaggia nei nostri lidi, rimasi immobilizzata alla vista di una bambina dalla pelle scura e puntando  il dito dissi “è nera”. Questo stupore, quasi naturale, avviene però anche a contrariis, come non ricordare l’immagine nel film “Tolo Tolo” in cui un Checco Zalone si ritrova in un villaggio in Africa e viene attorniato dai bambini che ridono nel vederlo, bianco come un “cencio”, provare per credere. Sono passati però oltre quarant’anni da quell’episodio sulla spiaggia romagnola e di questi tempi e nell’attuale società italiana, è difficile che un bambino della Scuola Primaria non abbia mai visto un bambino nero tanto da rimanerne stupito alla vista, come può avvenire ad età inferiore! Del pari, la storia citata e collegata alla vignetta interessata è tratta da un testo di Lucia Tumiati del 1995».

«Non parlo di razzismo – termina la nota –. Credo però, nel complesso, che si sia persa un’occasione per andare oltre, la realtà è molto più complessa di quanto si possa sintetizzare in una vignetta o in una storiella peraltro molto datata. Se vogliamo insegnare ai bambini a rispettare l’altro, chiunque sia, il messaggio e la modalità migliore forse è quella di esaltarne “patrimoni”, raccontare della convivenza tra persone e soprattutto tra bambini in modo naturale, spiegar loro le “differenze” andando oltre l’utilizzo di vecchi stereotipi che rischiano di fissarli e incorniciarli in cliché molto sgradevoli.  E in questo, la Scuola e le Istituzioni tutte, nell’educare i piccoli cittadini dell’oggi e del domani, hanno una responsabilità enorme e più attento deve essere lo studio, l’approfondimento, l’aggiornamento di queste tematiche e, forse più di tutte, la sensibilità. “La constatazione del progressivo impoverimento o decadimento dell’analisi e della riflessione, quindi del linguaggio e del lessico, anche in ambienti antirazzisti” per usare le parole dell’antropologa Annamaria Rivera, autrice del testo “Il circolo vizioso del razzismo : la continuità, il salto all’estremo” ( Fabrizio Serra Editore, 2019) e di “Razzismo. Gli atti, le parole, la propaganda” (Dedalo, 2020), d’altronde non può che sollecitarci dunque ad una continua riflessione e attenzione sui temi della convivenza e dell’intercultura ed all’uso delle parole per “descriverla”».

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