«I gorilla del tribunale non si toccano: l’arte contemporanea scuote il perbenismo»

Alessandra Carini, curatrice e gallerista, e Nicola Montalbini, pittore e guida turistica, replicano alla proposta dell’architetto Angelo Barboni (Lpr) che vorrebbe spostare le statue di Rivalta, dal 2002 al Palazzo di Giustizia di Ravenna

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Il cortile del tribunale di Ravenna

«Il sonno della ragione genera mostri, ma il nebbione della palude è capace di cose ben peggiori». È la stoccata che Alessandra Carini, curatrice e gallerista, e Nicola Montalbini, pittore e guida turistica, riservano all’architetto Angelo Barboni che, parlando a nome della formazione politica Lista per Ravenna, ha consigliato si spostare le statue dei gorilla di Davide Rivalta dal tribunale di Ravenna perché offrono una percezione agghiacciante su chi entra al palazzo di giustizia. Le statue sono in quella posizione dal 2002.

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Carini e Montalbini concordano con Barboni sulla collocazione fuori contesto dei gorilla ma la leggono in maniera diametralmente opposta: «È proprio per questo che l’opera funziona, raggiungendo gli intenti dell’artista: “ho voluto dare forma a sentimenti intensi, a volte brutali, che vivono in chi attraversa un tribunale”». Nella replica all’architetto, i due esperti di arte si rifanno alle parole utilizzate anche dal tribunale: «L’efficacia dell’opera si percepisce tra l’austerità immobile propria di un Palazzo di Giustizia e l’energia primordiale delle sculture».

La gallerista e la guida, insomma, apprezzano il risultato delle statue: «Il turbamento che scaturisce dall’arte contemporanea ancora una volta scuote la retorica e il perbenismo. Il Tribunale, palestra di avvocati retori moderni, diviene così l’arena di un’idea primitiva. Una ronda nera di sagome antiche e scimmiesche che solo superficialmente incarnano una minaccia e in verità sono l’effigie delle bestie più mansuete, comunitarie e compassionevoli del Pianeta. Più antiche di noi e così sinistramente simili come a dire “ricordatevi che da là veniamo”».

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Alessandra Carini e Nicola Montalbini

Per finire una provocazione: «Il politicamente corretto torna ad esalare il suo alito fetido: dovremmo così andare indietro nel tempo e ornare di nuovo i Palazzi di Giustizia con colossali signore algide reggi-bilancia dal sapore antico, decrepite e monolitiche come il vecchiume che si portano dietro? Troppo spesso capita che l’arte pubblica venga strumentalizzata a fini politici e si faccia demagogia a basso costo. E, neanche a farlo apposta, proprio questo tema è onnipresente nel nostro programma radiofonico “The art is on the table”, in onda su Rse Radio Web tutte le domeniche alle 21».

La polemica è approdata anche sulle pagine della rivista di settore Artribune.

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