Polizia postale a scuola per aiutare gli adolescenti a capire i rischi online

Tra chat e like si può nascondere l’inquietudine giovanile. E anche la Playstation comporta delle insidie

Telefonini AdolescentiIl mondo online è un territorio abitato regolarmente dalle giovani generazioni e tra una emoticon su Whatsapp o una storia su Instagram possono svilupparsi situazioni di sofferenza e disagio. Per evitarle occorre sapere manovrare gli strumenti, conoscere i rischi per sfruttarne i benefici.
Questo è lo scopo degli incontri educativi che la sezione di Ravenna della polizia postale svolge nelle scuole, concentrandosi in particolare sulle classi dalla seconda media alla seconda superiore. Gli agenti entrano in aula con una missione precisa: conquistare l’attenzione della scolaresca, lasciare da parte le pesantezze legislative buone per avvocati e tribunali e fornire consigli utili e pratici da mettere in atto per tenersi lontano dai guai o sapersela cavare quando ci si finisce.
E il feedback degli alunni è positivo: i poliziotti del web piacciono tra i banchi (scuole e associazioni interessate a momenti informativi possono contattare gli uffici della Postale in via Meucci al numero 0544 284678 o all’email sez.polposta.ra@ pecps. poliziadistato.it).

La prima evidenza che emerge da come i giovanissimi raccontano il loro rapporto con la tecnologia è la mancanza di consapevolezza dei limiti di legge: avere tra le mani uno strumento che consente di fare molte cose non significa che tutte quelle cose siano lecite. In altre parole: se anche basta premere invia per spedire una foto in una chat, non è detto che quel gesto sia consentito e non è detto che non avrà conseguenze a valanga.

Il riferimento alle foto non è casuale perché i racconti degli adolescenti, più o meno espliciti, dicono che la condivisione di foto intime è una circostanza che si verifica con una certa frequenza. Un’immagine inviata al fidanzatino o alla fidanzatina mentre sono tutte rose e fiori, poi l’amore finisce ma la foto resta. E può capitare che cominci a rimbalzare da un gruppo all’altro. L’insegnamento che viene dato nelle aule è quello di non divulgare materiale privato ricevuto da altre persone che si sono fidate. Di pari passo c’è un altro consiglio: pensateci bene prima di spedire una foto perché una volta trasmessa è nelle mani di qualcun altro (inoltre se minorenni, l’invio di una propria foto ricade comunque nella fattispecie della produzione di materiale pedopornografico).

Partendo dalla circostanza delle foto si arriva a trasmettere tra i banchi il concetto di consenso alla condivisione. Di solito l’esempio che i ragazzi hanno ascoltato è quello di un selfie di gruppo. Significa che tutte le persone ritratte hanno dato il consenso alla condivisione online? No, non è così. Richiederlo è buona prassi. Fra amici può bastare un consenso verbale. In altri casi ci vorrebbe scritto. Ovviamente una estremizzazione perché i più giovani capiscano che avere una foto sul telefono non li autorizza a farla circolare.

Paly StationGli spazi online possono rivelarsi anche terreno di adescamento da parte di adulti. I consigli in questo caso sono di due tipi: intrattenere contatti online solo con chi si conosce già anche offline e non pensare che solo i social network siano il terreno dove tenere alte le antenne. Un contesto troppo spesso sottovalutato è quello dei giochi online tramite consolle: anche tramite la Playstation possono viaggiare chat di natura ben diversa rispetto all’intrattenimento dei videogiochi.

Non solo, l’educazione a un uso consapevole del web per i più giovani deve mettere in conto anche le nuove smart tv, connesse a internet e miniera di contenuti disponibili a tutte le ore. Per cartoni animati e serie tv basta premere play e scorre una puntata dopo l’altra.

Dagli agenti della Polposta impegnati nelle attività educative vengono anche consigli utili per i genitori, per intercettare segnali dai figli che potrebbero rivelare una situazione di disagio tenuta nascosta. Vietare la tecnologia è sbagliato perché è ormai uno strumento della quotidianità e saperla usare è utile, cominciando anche già da piccoli.
L’importante è mettere dei paletti al suo utilizzo, magari partendo con un telefonino considerato “della famiglia” e non di proprietà esclusiva dell’adolescente in modo che sia vissuto come strumento di svago ma non un rifugio privato. Attenzione a quando un giovane preferisce sistematicamente restare in casa davanti a uno schermo anziché fare altre attività all’aperto. E può essere utile installare un’app che consente di monitorare l’attività del telefonino del figlio.

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