Crisi umanitarie: servono più azioni coraggiose, e meno parole

Ancora una volta è necessario, di fronte alle vittime dei conflitti presenti e delle “guerre dimenticate”, il rilancio dell’appello Creare il precedente

Profughi Confine Bielorussia Polonia

Profughi ai confini fra Bielorossia e Polonia dal sito https://stranieriinitalia.it/

Riceviamo e pubblichiamo questo intervento di Marina Mannucci, attivista ravennate per i diritti umani.

Dopo aver letto Lettera al “fratello” razzista di Nawal Soufi, che girava in rete, mi pare di ricordare nel 2020, presa da improvvisa insofferenza avevo pensato che invece di recitare troppe preghiere, sarebbe opportuno che alcune persone prima di esprimere giudizi acquisissero le informazioni contenute in questo scritto:

Ciao “fratello” razzista,
vuoi sapere perché i migranti non vogliono essere riportati in Libia?
Ti risponderò con delle domande.
Ti è mai capitato di violentare tua madre perché qualcuno ha il fucile puntato contro di te e contro di lei?
Ti è mai capitato di violentare tua sorella e di vedere nascere tuo figlio dalla pancia di tua sorella?
Sai quanti figli di scafisti abbiamo in Europa?
Cioè, sai quante donne hanno partorito al loro arrivo dei bambini non voluti?
Sai cosa significa mangiare un pezzo di pane in 24 ore e vedere un pezzo di formaggino come fosse oro?
Ti è mai capitato di fare i tuoi bisogni dentro un secchio e davanti agli occhi di centinaia di persone?
Ti è mai capitato di avere le mestruazioni e non poterti lavare per settimane o mesi?
Ti è mai capitato di essere messo all’asta e venduto come uno schiavo nel 2019?
Ti è mai capitato di nutrire tuo figlio con tè zuccherato e spacciarlo per latte?
Ti è mai capitato di essere picchiato a sangue perché chiedi l’intervento di un medico?
Ti è mai capitato d’essere fucilato per colpa di uno sguardo di troppo?
Ti è mai capitato di svegliarti con le urine versate in faccia?
Ti è capitato che qualcuno ti aprisse il corpo con un coltello e mettesse subito dopo del sale per sentire maggiormente le tue urla?
Per tutti questi motivi, caro razzista ti posso classificare tra i criminali che hanno accettato un secondo Olocausto.
(Nawal Soufi)

Recentemente ho partecipato all’incontro “Guerre dimenticate”, condotto da Luciano Scalettari, con interventi della scrittrice Asmae Dachan, del giornalista Giuliano Battiston e, appunto, di Nawal Soufi. L’evento rientrava nella programmazione del Festival delle Culture (XV edizione) realizzato a Ravenna alle Artificierie Almagià. Ringrazio il gruppo di lavoro che, all’interno della progettazione partecipata del Festival, ha organizzato l’incontro per l’opportunità di ascoltare e incontrare in presenza le/gli ospiti della serata. Significativo è stato anche l’allestimento esterno di tante lanterne verdi di vicinanza ai migranti bloccati tra Bielorussia e Polonia. Gli interventi delle/degli ospiti hanno restituito verità che non lasciano spazio all’inazione.

Guerra In Siria

Città bombardate in Siria dal sito web https://vocetempo.it/

Asmae Dachan, rispondendo a una domanda dal pubblico, ha fatto presente che, in Siria, le tensioni sono tutt’altro che cessate, continuano bombardamenti su piccola scala, le ingiustizie rimangono impunite e le cellule terroristiche, seppure temporaneamente sconfitte, rappresentano un pericolo sotterraneo sempre pronto a riorganizzarsi. In Siria si stima che il 90% della popolazione sia sotto la soglia della povertà, l’analfabetismo tra i bambini è altissimo, con 3 milioni di giovani non scolarizzati stimati dall’Unicef e diritti delle donne e delle bambine continuamente violati.
Giuliano Battiston, appena rientrato dall’Afghanistan, ne descrive la situazione dopo quasi un anno dal ritorno dei Talebani a Kabul e dall’evacuazione precipitosa delle forze occidentali. La guerra e l’occupazione militare sono finite, ma il paese vive una fase estremamente difficile, in cui si sommano gravi e molteplici crisi: alle tensioni politiche interne e internazionali, che accompagnano la rinascita dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan, si sommano gli effetti di una crisi economico-sociale e finanziaria che si sta già tramutando in crisi umanitaria.
Nawal Soufi ha parlato dello sconcerto e della disperazione dei profughi ammassati al freddo, senza acqua e cibo, alla frontiera tra Polonia e Bielorussia. Circa 3-4 mila persone intrappolate in un lembo di terra di pochi km in mezzo ai boschi; molti di loro sono donne e bambini in fuga da conflitti per i quali ogni tipo di aiuto viene ostacolato e vietato. Chi li aiuta a varcare la frontiera viene arrestata/o e rischia diversi anni di reclusione per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (con l’area chiusa a giornalisti e gruppi per la tutela dei diritti umani). Ci sono due zone in Polonia a pochi chilometri di distanza una dall’altra, nella zona nordest di confine con la Bielorussia, in cui vengono attuati crimini quotidiani e pratiche illegali di respingimento nel silenzio degli stati dell’Unione Europea; più a sud, il confine con l’Ucraina è aperto e i profughi vi ricevono la massima assistenza. L’accoglienza non è per tutti. «Un giorno – conclude Nawal – a noi non rimarrà che guardarci indietro e chiederci cosa abbiamo fatto mentre l’Europa calpestava la dignità di uomini e donne in fuga dalla guerra».

In merito a quanto sta succedendo al confine tra Bielorussia e Polonia, nel mese di novembre 2021, a Ravenna, un gruppo di associazioni e singole persone (alle quali se ne sono aggiunte molte altre) hanno inviato al Comune (al Sindaco e alle Assessore all’Immigrazione e alla Cooperazione Internazionale) l’appello Creare il Precedente in cui si chiedeva che la città desse un segnale preciso alla propria comunità, a tutti i Comuni, al Paese e a tutta l’Europa, oltre, ovviamente, denunciare la grave crisi umanitaria.
In data 9 febbraio è seguito un incontro con i gruppi consiliari a cui sono stati sottoposti i suggerimenti di seguito riportati, successivamente depositati come ordine del giorno per la discussione in Consiglio, documento sottoscritto da tutto il gruppo di maggioranza. Nel mese di maggio, non avendo ricevuto alcun riscontro, l’appello è stato rilanciato. Mentre in Europa si continua a calpestare la dignità di uomini e donne in fuga da guerre, a oggi, ai suggerimenti contenuti nell’appello, non è stato dato alcuna risposta. Sono molto indignata che le Istituzioni di questa città trascurino i confronti con cittadine e cittadini e associazioni: «Il deserto avanza», affermava Hannah Arendt, riprendendo la celebre espressione che Nietzsche pronuncia nello Zarathustra («Il deserto cresce: guai a colui che cela deserti dentro di sé!», Parte quarta: Tra figlie del deserto).

Talebani Afghanistan

Talebani in Afghanistan – @Geo Swan – wikimedia commons – Licenza: Attribution 2.0 International (CC BY 2.0)

I suggerimenti da discutere in Consiglio Comunale a Ravenna erano:
– costituisce fatto notorio la concreta realtà delle migliaia di esseri umani, intrappolati fra Bielorussia e Polonia e da ogni parte respinti;
– il sito Melting Pot Europa riferisce che nel 2021 almeno 21 persone di diversa origine e nazionalità sono morte nel tentativo di attraversare il confine e ancora oggi migliaia di persone continuano ad affrontare temperature sotto lo zero, senza cibo, acqua, riparo, vestiti pesanti, cure mediche, letteralmente parcheggiate al confine di un’Europa che non accoglie e respinge, anche persone vulnerabili come bambini, donne, anziani, in violazione del diritto internazionale umanitario, del principio di non refoulement previsto dalla Convenzione di Ginevra del 1951 sulla protezione dei rifugiati e degli artt. 2, 3 e 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (CEDU);
– il principio di solidarietà di cui all’art. 2 della Costituzione, insieme all’art. 10 comma 3 che sancisce il diritto di asilo, impone ad ogni componente della Repubblica (dai semplici cittadini, alle associazioni, alle stesse istituzioni) di attivarsi, ciascuna secondo il proprio ruolo e le proprie competenze, per farsi carico di una situazione intollerabile da qualsiasi punto di vista la si osservi;
– il numero delle persone migranti ammassate al confine bielorusso e polacco è di circa 4.000, per cui se anche un solo Paese, come l’Italia (che conta 8.000 comuni) decidesse di farsene carico per scelta totalmente autonoma, si tratterebbe di accogliere 1 (una!) persona ogni 2 (ogni due!) Comuni e nella pratica, se qualche città si offrisse di ospitarne anche solo una decina, la maggioranza delle località non ne verrebbe nemmeno sfiorata;
– a tale proposito un gruppo di cittadine/i e associazioni ravennati hanno interpellato nei mesi scorsi le Assessore all’Immigrazione e alla Cooperazione Internazionale per provare a “creare il precedente” di un progetto di micro-accoglienza proprio nella nostra città, storicamente e naturalmente ponte tra oriente ed occidente e luogo di incontro fecondo tra culture diverse: si tratta di accogliere almeno una famiglia o un gruppo di profughi, tra coloro che tuttora sono imprigionati fra i fili spinati di Bielorussia e Polonia;
– l’aggressione russa all’Ucraina ha ulteriormente aggravato il quadro descritto ma in questo caso l’Europa si è subito attivata per l’accoglienza dei profughi ucraini con la Decisione di esecuzione (UE) 2022/382 del Consiglio del 4 marzo 2022, con la quale è stata azionata la Direttiva 2001/55/CE del 20 luglio 2001 per la concessione della “protezione temporanea”;
– diversamente dai profughi ucraini, giustamente accolti nell’ambito della procedure europee previste in caso di “afflusso massiccio di sfollati”, le/i profughe/i e i migranti di altra origine da mesi bloccati tra Bielorussia e Polonia vengono segregati e respinti;
– non si può realisticamente attendere che l’Europa faccia ciò che non ha voluto fare in questi mesi ma gli enti locali e la società civile, parimenti soggetti al dovere di solidarietà di cui all’art. 2 della Costituzione, possono comunque attivarsi dal basso per costruire un corridoio umanitario che consenta di accogliere almeno una famiglia o un gruppo di quei profughi dimenticati dalle istituzioni nazionali ed europee;
– l’accoglienza di profughe/i e migranti nella nostra città sta facendo emergere con particolare gravità il problema abitativo, acuito dal recente sblocco post pandemia degli sfratti per morosità (che colpiscono persone e famiglie bisognose italiane e straniere allo stesso modo): se si è stranieri, si fatica a trovare un alloggio anche quando uno o addirittura entrambi i coniugi lavorano ed hanno un reddito sufficiente per pagare un canone d’affitto, perché molti proprietari si rifiutano – discriminatoriamente – di affittare agli stranieri;
– sembra necessario attivare iniziative di tutte le istituzioni locali, dal Comune alla Prefettura, con il coinvolgimento delle organizzazioni degli inquilini e dei proprietari di case, per trovare soluzioni che non possono essere rinviate, di fronte della esplosione imminente di una vera e propria bomba sociale;
– dal sostegno all’affitto alla creazione di uno strumento innovativo di supporto e mediazione tra proprietari e potenziali locatari, si possono e si devono implementare misure urgenti per fare fronte ad una situazione ingravescente;
– appare doveroso un intervento pubblico in particolare a sostegno delle persone senza fissa dimora, molte delle quali, anche nel periodo invernale sono costrette a dormire in strada, per carenza di posti nei dormitori e nelle strutture e disposizione, che vanno subito potenziati;
– occorre definitivamente superare la prassi amministrativa di dividere i nuclei familiari in condizione di disagio abitativo, collocando madri e figli minori in accoglienza e lasciando i padri in solitudine: simili opzioni, tollerabili solo per brevissimi periodi e nell’emergenza, sono già state censurate dal Garante per l’Infanzia della Regione Emilia-Romagna;
sembra necessario esprimere un chiaro indirizzo politico per la corretta interpretazione ed applicazione del nuovo Regolamento di Polizia Urbana, poiché l’intervento repressivo e sanzionatorio (allontanamento, daspo urbano, requisizione delle coperte ecc.) operato in taluni casi dalla Polizia Municipale nei confronti delle persone senza fissa dimora, anche quando queste occupano inoffensivamente spazi pubblici, deve essere preceduto da un intervento sociale di ascolto del bisogno, di presa in carico sociale e di accompagnamento, salvaguardando i diritti fondamentali e la dignità di ogni persona.
Ciò premesso si richiede impegno della Giunta comunale a svolgere uno studio attento dei fenomeni e delle criticità che sono stati rappresentati e a riferire al Consiglio Comunale in seduta pubblica, al fine di coinvolgere la comunità nella discussione e approvazione di linee di indirizzo politico chiare nelle materie dell’accoglienza, del diritto alla casa, del sostegno alle persone vulnerabili e a rischio di emarginazione sociale, individuando soluzioni concrete e urgenti.
E impegno dell’Amministrazione Comunale a “creare il precedente” in ordine all’accoglienza nella nostra città di un nucleo familiare o di un gruppo di profughi attualmente bloccati sul confine tra Bielorussia e Polonia, attivando a proposito un progetto compartecipato dalle associazioni di cittadine/i e dalle istituzioni locali.

Nawal Soufi (il suo nome in arabo significa dono), attivista catanese nata in Marocco e cresciuta in Italia. Ha salvato migliaia di persone dalla morte per annegamento. Laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, ha lavorato come interprete nei tribunali e in carcere. Da anni si sposta nelle zone delle rotte migratorie, testimoniando abusi e dando una mano con aiuti concreti, cibo, vestiti, corse in ospedale. Proclamata Cittadina Europea dell’anno 2016 dalla Unione Europea, ha vinto il premio Arab hope maker nel 2017 come persona che ha inciso per migliorare le condizioni di vita di chi deve scappare da guerre, terrorismi e persecuzioni.
Asmae Dachan, giornalista professionista, fotografa, poetessa e scrittrice italo-siriana, si occupa di Medio Oriente (in particolare Siria), Islam, dialogo interreligioso, immigrazione, terrorismo internazionale, lavoro, oltre a essere freelance per diverse testate nazionali e internazionali. Creatrice e autrice del blog “Diario di Siria. Scrivere per riscoprire il valore della vita umana” e del podcast “Siria, guerra e gelsomini”. Insignita del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana nel 2019, è autrice o coautrice di diverse opere di narrativa e poesia, tra cui il romanzo Il silenzio del mare (Castelvecchi editore, 2017), dedicato alla tragedia in Siria e finalista al Premio Piersanti Mattarella del 2018.
Giuliano Battiston è giornalista e ricercatore freelance, direttore dell’associazione di giornalisti indipendenti Lettera22, collabora con quotidiani e riviste tra cui “l’Espresso”, “il manifesto”, “Gli asini”, “il Venerdì”. Docente alla Scuola di giornalismo della Fondazione Lelio Basso di Roma, dal 2010 cura il programma del Salone dell’editoria sociale. Con Giulio Marcon ha curato La sinistra che verrà. Le parole chiave per cambiare (minimum fax, 2018), mentre per le Edizioni dell’asino ha pubblicato Arcipelago jihad. Lo Stato islamico e il ritorno di al-Qaeda (2016), Zygmunt Bauman. Modernità e globalizzazione (2009) e Per un’altra globalizzazione (2010). Dal 2007 si dedica all’Afghanistan con viaggi, ricerche, saggi.
Luciano Scalettari, giornalista, inviato speciale di “Famiglia Cristiana”, si occupa di attualità sociale e di giornalismo d’inchiesta, seguendo in particolare il continente africano. Ha pubblicato diversi libri, fra i quali Ilaria Alpi. Un omicidio al crocevia dei traffici (con Barbara Carazzolo e Alberto Chiara, 2002) e Ruanda. La lista del console (con Pierantonio Costa, Luigi Grimaldi, 2010) e 1994. L’anno che ha cambiato l’Italia. Dal caso Moby Prince agli omicidi di Mauro Rostagno e Ilaria Alpi. Una storia mai raccontata (con Luigi Grimaldi, 2010). Nel 2000 e nel 2006 ha vinto il premio giornalistico Saint Vincent.

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