Se la nuova proprietà del Ravenna Football Club dovesse raggiungere l’obiettivo dichiarato della serie A nel minor tempo possibile, partendo dall’attuale serie D significa che almeno fino al 2026 il miglior risultato in 113 anni di storia giallorossa resterà quello della stagione 1996-97: ottavo posto in serie B da neopromossa.
Al centro dell’attacco c’era Stefan Schwoch alla seconda stagione a Ravenna (in totale 29 reti in 71 presenze tra C1 e B). Oggi Schwoch ha quasi 55 anni e vive a Vicenza dove ha chiuso la carriera da calciatore nel 2008: «A Ravenna sono stato benissimo. Se mi chiedessero di trovare un lato negativo non saprei cosa dire. Bella città a misura d’uomo, non caotica, con il mare vicino, dove si viveva bene e si mangiava bene. E sportivamente sono stati due anni meravigliosi: l’emozione di vincere per la prima volta un campionato di C1 segnando 21 gol (record giallorosso tra i professionisti, ndr) e poi l’emozione di giocare in serie B per la prima volta».
Il 22 settembre 1996 (terza giornata) il centravanti di Bolzano segnò al “Benelli”, nella partita pareggiata 1-1 contro l’Empoli (per i toscani, allenati da Luciano Spalletti, in rete Luca Toni), il primo dei 135 gol che ne fanno tutt’ora il miglior marcatore della cadetteria dove non gioca più da 16 anni. Un curriculum che nel 2018 ha portato Dazn a ingaggiarlo come voce tecnica delle telecronache di serie B.
«I miei ricordi della B a Ravenna però non sono legati solo ai risultati, ma più allo spogliatoio che avevamo: il più bello in cui sono stato insieme a quello di Venezia (una stagione e mezzo tra B e A dopo il periodo ravennate, ndr). C’erano giocatori di livello assoluto in campo come Giorgetti, Mero, Gadda, Zauli… E anche lo staff con gente come il mitico team manager Manzani. C’era un gruppo affiatato che aveva tutto: la voglia di lavorare e la voglia di divertirsi, la sincerità di dirsi le cose e litigare, ma anche la capacità di fare pace». Un gruppo che si autocurava: «Mi ricordo una volta che Gadda e Zauli litigarono e avevano smesso di parlarsi. Allora il resto della squadra cominciò a organizzare una cena dopo l’altra per convincerli a chiarirsi e alla fine ci siamo riusciti. Ma litigare fa bene, significa che sei vivo». Quel mitico Ravenna si ritrova ancora: «Abbiamo una chat di gruppo. Un annetto fa ci siamo trovati per giocare a padel e poi a cena».
Gadda era il capitano ed è stato l’allenatore delle ultime due stagioni (e anche del biennio 2002-2004): «Era già un allenatore in campo trent’anni fa – ricorda Schwoch –. Quando parlava lui, in campo e fuori, non era come se parlasse qualunque altro giocatore. E quante serate a fare tardi a casa sua: lui ci cacciava, ma io e Zauli restavamo e c’era sua moglie che aveva tanta pazienza, “santa” Marika».
Una delle voci che circola da allora è che a un certo punto si sia deciso che era meglio non andare in serie A per questioni di costi. Il bomber smentisce: « Il presidente Corvetta voleva andarci eccome. E io penso che la penalizzazione di tre punti ci abbia colpito nel morale, senza di quella sono convinto che saremmo arrivati nei primi quattro». Durante la partita Ravenna-Brescia dell’1 dicembre 1996 (12esima giornata) il lancio di un petardo dalla curva di casa costrinse il portiere ospite Giacomo Zunico alla sostituzione: sul campo finì 2-1, ma il giudice sportivo tolse il successo al Ravenna e inflisse tre punti di penalizzazione.
Il Ravenna rimase in B fino al fallimento del 2001. Ma Schwoch nell’estate 1997 passò a Venezia e poi nel gennaio 1999 a Napoli dove ottenne la promozione nel 1999-2000 con 22 gol in B. «Non sarei mai andato via da Ravenna, stavo troppo bene. E penso che Zamparini mi comprò perché Corvetta cominciava ad avere dei problemi economici. Altrimenti non penso mi avrebbe ceduto».
Schwoch in carriera ha conquistato tre promozioni in A: Venezia (97-98), Napoli (99-00) e Torino (00-01). «Forse la differenza più grande rispetto a Ravenna è la storia calcistica di quelle piazze o la popolarità mondiale di una città come Venezia. Senza dimenticare che a Napoli in casa c’erano 70mila persone e questo si sente per gli ospiti. Ma va anche detto che nessuno di noi a Ravenna aveva esperienze di altri campionati vinti». E com’era la B di Schwoch rispetto a oggi? «Una volta il livello era molto più alto. Oggi per gli attaccanti è più facile segnare perché una volta ti ammazzavano di botte e non c’erano telecamere. Palla in area, qualcuno restava a terra e non si sapeva chi era stato…». Tutt’altro mondo ora con telecamere e Var: «Era troppo esagerato allora, forse è troppo esagerato oggi in senso opposto. Il fuorigioco di un millimetro io non lo concepisco. L’attaccante che parte più avanti di una rotula, che vantaggio ha?».
Il nuovo direttore sportivo del Ravenna è Davide Mandorlini, classe 1983, figlio di Andrea che era il vice dell’allenatore Walter Novellino nel 1996-97: «Fa effetto pensare che oggi è il ds, mi ricordo di quando noi giocatori scherzavamo con lui da ragazzino al mare. Il primo pensiero che mi viene è che sto invecchiando. Ho avuto Andrea Mandorlini come allenatore a Vicenza in B e sfiorammo la promozione. Novellino e Mandorlini per me sono i migliori allenatori con cui ho lavorato». Nella nuova dirigenza giallorossa il vicepresidente è Ariedo Braida: «L’ho conosciuto ai tempi in cui lavorava alla Cremonese. È un conoscitore di calcio incredibile e ha una risonanza importante quando si siede alle scrivanie. Per il Ravenna è una scelta oculatissima».
Dopo una breve parentesi da dirigente del Vicenza, attorno al 2010, Schwoch ha chiuso con il calcio ed è diventato consulente finanziario. «Faccio il family banker per Mediolanum. Mi è sempre piaciuta la finanza, mi ha sempre interessato, e non avevo più voglia di stare neglistadi ogni weekend. Diciamo che dopo una carriera nel calcio per me non c’era l’urgenza di un lavoro, ma a casa poi ti annoi. Però volevo un lavoro in cui decido giorni e orari dei miei impegni e l’ho trovato».