Privacy: l’importanza di proteggere i dati di dipendenti e clienti, soprattutto (ma non solo) ai tempi del Covid-19

L’esperta dello studio Martini di Cervia: «Vale quanto la sicurezza sul lavoro. Attenzione allo smart-working»

Image002La parola è inglese, ma ormai è entrata nella terminologia giuridica e quotidiana di tutti: la privacy è il diritto alla riservatezza della vita privata di una persona, diritto che diventa dovere da rispettare per ognuno, a cominciare dalle aziende. Insomma, una seccatura. O così pensano tanti datori di lavori e titolari di aziende. Eppure si tratta di un adempimento fondamentale e non necessariamente complesso o costoso. O almeno così ci assicura Zena Foschini dello studio di consulenza al lavoro Martini Luca di Cervia, che si è specializzata proprio su questo tema e oggi se ne occupa per lo studio e i clienti.

Un tema diventato di stringente attualità nelle ultime due settimane, in piena emergenza Covid-19 e con cui milioni di italiani si sono trovati a misurarsi l’1 aprile, quando il sito dell’Inps non solo non è stato in grado di reggere l’onda d’urto delle richieste per l’indennità di 600 euro per le Partite Iva e i collaboratori, ma ha addirittura reso pubblici i profili di altri utenti e iscritti. Un disastro, almeno in parte forse annunciato. «Un fatto gravissimo – dice Foschini – che ci dà la dimensione di quanto in Italia il tema della privacy sia purtroppo sottovalutato».

In realtà già dal 2016 una legislazione di impronta europea prevede normative stringenti e multe salate per chi non rispetta gli adempimenti per la privacy, che non sono però uguali per tutti. Una parrucchiera non è tenuta agli stessi meccanismi di protezione di un’assicurazione o di un grande albergo. Cosa allora accomuna tutti gli imprenditori? «Sicuramente tutti devono avere consapevolezza dei dati trattati. La formazione e l’informazione è fondamentale sia per chi riceve i dati, in questo caso l’azienda, sia per chi li comunica, che siano dipendenti dell’azienda o clienti. Sono questi ultimi i soggetti da tutelare ed è importante che l’azienda se ne faccia carico. Serve uno scarto di mentalità, la privacy deve diventare un capitolo importante come la sicurezza».

Foto ZenaCapire infatti come vengono usate le informazioni che riguardano i singoli è sempre più importante in una società informatizzata. Ma non necessariamente un’azienda deve sviluppare internamente le competenze necessarie: la privacy può, almeno in parte, essere esternalizzata. «Serve sempre un responsabile della privacy interno all’azienda, ma – dice Foschini – il consulente per il lavoro può occuparsi della modulistica necessaria, della formazione delle persone che in azienda si occupano dei dati, penso per esempio a una receptionist in un albergo. Inoltre può essere necessario un sopralluogo nell’azienda per verificare che i dati raccolti siano conservati in modo appropriato, per esempio in mobili chiusi a chiave». E la sicurezza informatica? «Dipende molto dai dati che si conservano. Per molte aziende può bastare un buon antivirus. E in questo periodo in cui l’emergenza ha costretto molti allo smart working è importante accertarsi che sia in funzione un meccanismo di protezione anche sui dispositivi utilizzati da casa, che siano personali o aziendali. Ci sono realtà, come le assicurazioni, a cui servono programmi di crittografia per rendere i dati anonimi in caso di incursioni di hacker. Ma parliamo appunto di casi molto particolari».

E quali dati un datore di lavoro può e deve esigere per esempio dai dipendenti? «Il criterio a cui attenersi – spiega l’esperta – è sempre quello del “minimo indispensabile”. Per esempio quando un lavoratore è malato, all’azienda deve bastare il certificato medico senza alcun dettaglio sulle sue condizioni di salute. Certo, oggi, con l’emergenza in corso e in virtù di decreti ministeriali si può imporre la rilevazione della temperatura ai dipendenti prima di entrare nel luogo di lavoro. Ma anche questo deve essere fatto in modo rigoroso, rispettando la riservatezza del singolo e non con il “fai-da-te”. Idem nel caso della 104: quando un lavoratore si assenta per assistere un parente, all’azienda non deve interessare la ragione per cui quella data persona ha bisogno di assistenza».

Una lezione che sarebbe bene tenere a mente anche fuori dal mondo del lavoro e anche una volta che sarà passata l’emergenza Covid: la privacy è importante e i nostri dati personali sono preziosi. Trattiamoli con cura.

Al link il questionario che lo studio Martini propone alle aziende per iniziare a inquadrare la loro situazione in termini di privacy:  

https://forms.gle/ABukg3pWWemdH7Ud7

 

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