“Anni lenti” quel romanzo (breve) con dentro un libro di poetica Seguici su Telegram e resta aggiornato «Dovrà essere un romanzo breve o non sarà». E un romanzo breve, in effetti, è questo Anni lenti di Fernando Aramburu, uscito in Italia nel 2018 tradotto dal sempre ottimo Bruno Arpaia per Guanda dopo il successo dello straordinario Patria, ma che risale in realtà a cinque anni prima di quel capolavoro. E in un certo senso, a posteriori, può quasi essere letto come un lavoro preparatorio a quel romanzo mondo corale e immenso che è Patria. Ma Anni lenti è anche un libro completamente autonomo, appassionante e divertente e innovativo nella forma e nella scrittura. Il tema è ancora quello delle terre basche, ai tempi dell’insorgere dell’Eta in questo caso. L’io narrante è quello di un bambino di otto – nove anni che, nel 1969, si trova catapultato nella famiglia della zia a San Sebastian di cui racconta le complesse dinamiche. Lo zio operaio, la zia dedita alla famiglia e devota a Santa Rita, la cugina fin troppo disinibita che si trova a 18 anni a prendere un marito, l’unico disponibile, per salvare le apparenze di una gravidanza di padre ignoto, e soprattutto il cugino che si trova ad aderire all’Eta e fuggire in Francia. I registri dentro ci sono tutti: comico, grottesco, drammatico, sentimentale. Non manca nemmeno una manciata di mistero. Ma il filo conduttore resta la storia di formazione, per certi versi, dell’io narrante che però è fondamentalmente spettatore e che da adulto diventa interlocutore dell’autore e autore stesso in una scomposizione formale dall’effetto sorprendente. Sì, perché Anni lenti sono appunti per un romanzo (che dovrà essere breve) che chissà se mai vedrà la luce. Ci sono parti immaginate come possibili nuclei della storia ma apparentemente non finite. C’è la gran parte del libro in cui il protagonista racconta al signor Aramburu la vicenda, nel caso volesse scriverne un romanzo. Ed è un gioco tra io narrante, scrittore e lettore sperimentale e molto divertente, che dà ritmo alla storia e fa inevitabilmente riflettere, ma senza mai diventare pedante o pesante, sulla costruzione di un romanzo, sulle scelte stilistiche, sui personaggi da mettere sotto i riflettori, sui dettagli su cui indugiare e quelli da trascurare. Insomma, dentro il romanzo c’è un libro di poetica di Aramburu e già questo varrebbe la pena. Se avete amato Patria leggetelo, se non avete ancora scoperto questo grandissimo autore, forse conviene cominciare da qui. Total1 0 1 0 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: NdL - Nota del Lettore