Tutta l’attualità (e la necessità) di Primo Levi nello spettacolo dei Fanny&Alexander

Se Questi È Levi6Un’operazione straordinaria nella sua apparente semplicità. Il progetto su Primo Levi di Fanny & Alexander non è niente di meno di questo. In un iperrealismo che vede in scena il bravissimo Andrea Argentieri nelle parte del chimico, scrittore, intellettuale, testimone che è stato, Levi sembra letteralmente tornare a vivere, e a testimoniare. Argentieri riesce nell’ardua impresa di dare consistenza, voce, intonazione, gesto a una figura che ha cambiato il nostro modo di pensare, ricordare, mettere insieme i pezzi della nostra storia, senza tradirne profondità, sobrietà, autenticità.

In un trittico che ha toccato uno studio privato, la sala Dantesca della Classense e la sala del Consiglio Comunale ieri (giovedì 11 ottobre) a Ravenna abbiamo potuto vivere un’esperienza materiale e intellettuale e sentimentale che ha fatto riaffiorare lo spessore di Primo Levi, evidenziandone la necessità e la modernità.

Inutile negare che il passare del tempo, l’allontanarsi di quel che è stato il nazismo e il fascismo, di cui il lager – ci spiega bene lui che l’ha vissuto – è la logica conseguenza, rischia di far diventare anche testimonianze come la sua “materiale scolastico”. E sia chiaro, è bene che sia dentro tutte le scuole. Ma il pericolo è quello di annoverarlo tra gli altri “materiali scolastici”, perderne la grandezza anche letteraria.

Quello di Levi è un racconto senza odio, è il racconto di uno scienziato, anzi, un tecnico, che ha affrontato la parola con la stessa precisione e pienezza ed essenzialità del chimico. Argentieri e Luigi de Angelis (alla regia) rendono questo, la tridimensionalità fisica ma anche del pensiero di Levi, senza aggiungere, senza riscrivere, dando però voce viva alle sue parole e restituendo così loro piena completezza. Costringendo in qualche modo gli spettatori a tornare lettori, a ripercorrere quelle pagine magari lette tanti anni prima e ormai un po’ appannate e a farlo insieme, in quello specchio che è il teatro, ma fuori dal teatro.

Ormai “dovrebbero vederlo tutti” è diventata una frase inflazionata e abusata, troppo spesso usata a sproposito. Ma no, non in questo caso. Il lavoro di Primo Levi è costituente della nostra essenza di democratici, antirazzisti, europei, laici. In quel pensiero c’è la capacità di coniugare coscienza politica, civile, riflessione esistenziale e analisi storica, sentimento e intelletto. Non ci sono nemici, in Primo Levi. C’è bisogno di ricordare, capire, senza retorica, senza enfasi, senza pregiudizi nemmeno sui carnefici, ma mossi da un netto bisogno di giustizia, di combattere contro la sopraffazione, di sconfiggere il fascismo in ogni sua forma. Senza trasformare nessuno in diavolo o in eroe. E non è forse ciò di cui tutti, oggi più che mai forse, abbiamo tremendamente bisogno?

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