I luoghi della cultura sono un patrimonio di tutti

Teatro Rossini Alluvionato

Acqua, fango, detriti. La Romagna, improvvisamente, si è trovata invasa da ciò che mai si sarebbe pensato. I ­fiumi, gonfi­, hanno svuotato parte del loro inaspettato carico in maniera drasticamente democratica, sommergendo il ricco e il povero, il privato e il pubblico, il commerciale e il culturale.

Tra ciò che è annegato in questa liquida disperazione marrone, infatti, si contano una moltitudine di case, di negozi, di luoghi delle istituzioni. Per fortuna, la terra della Caveja si è dimostrata, ancora una volta, regione di impegno sociale tanto che le canoniche manifestazioni orali di solidarietà non sono cadute tra i soliti angoli della retorica, bensì hanno trovato terreno fertile per far sbocciare ciò che già era stato seminato nei cuori e nelle menti dei giovani (e no) che, muniti di pala, tira-acqua, o anche solo buona volontà, hanno combattuto contro il melmoso impasto latore di devastazione. Così non faceva differenza ciò cui ci si applicava, fosse essa una casa, un negozio, una scuola, un teatro, una biblioteca. Già, le sedi più importanti della cultura, ­sici custodi della memoria collettiva di un territorio deputati a formare, a tutti i livelli, gli individui hanno sofferto la stessa sorte di quei cassetti di truciolato nei quali erano riposti tesori dell’anima, fatti di carta e di sogno.

Non sorprende, ma stride davvero, l’acrimonia riversata da qualche scontata voce che denuncia come venga dato risalto alle condizioni dei luoghi della cultura – un esempio su tutti, l’ennesima polemica sul teatro Rossini di Lugo, nella foto le poltrone portate fuori ad asciugare dopo l’invasione dell’acqua in sala – e non a quello delle singolarità private presenti su tutto il territorio. Chi afferma ciò, però, non tiene conto, innanzitutto, dell’impossibilità di rendere di pubblico dominio le singole situazioni di tutti i privati cittadini che hanno, loro malgrado, subito questa disgrazia e, in secondo luogo, non considera che la res pubblica, in quanto tale, è un patrimonio di ogni abitante di questa società civile.

Non deve stupirsi chi questi luoghi li considera inutili e obsoleti, che ci siano stati slanci di volontariato e bene­ficenza di notevole portata, non solo verso chi è stato personalmente colpito, ma anche verso questi edifi­ci che, oltre al mero valore catastale racchiudono al loro interno un patrimonio assai diffi­cile da quanti­ficare in denaro.

Per chi è proprio refrattario a questi ragionamenti, infi­ne, si pensi che questi luoghi, oltre a contenere aria e carta, sono il posto di lavoro del vicino di casa.

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