Non-metal up your ass

Scope Neglect 1710508855Ben Frost – Scope Neglect (2024 Mute)
Ben Frost è un produttore australiano residente in Islanda con vent’anni di carriera musicale sulle spalle. Scope Neglect per gli standard di questa rubrica è un recupero: è uscito a inizio anno e ne parlo solo perché questa settimana non ho argomenti su dischi nuovi. Lo standard musicale di Ben Frost è legato soprattutto al minimalismo e all’ambient-noise (disco-manifesto: Aurora, 2014).

Frost è un artista con una discografia piuttosto tipica di questi tempi: Scope Neglect è il suo primo titolo solista in cinque anni, ma in realtà tra colonne sonore e collaborazioni è possibile ascoltare nuova musica di Ben Frost ogni sei mesi. Quello che ha reso Scope Neglect un album speciale è soprattutto la sua bellezza. Scope Neglect è probabilmente il manifesto contemporaneo più credibile e lucido di una cosa che in mancanza di migliori definizioni chiameremo non-metal: un macrogenere che raccoglie varie musiche che non hanno assolutamente nulla a che fare con il metal, ma a cui l’autore di quelle musiche decide di aggiungere qualche elemento “metal” (riffoni, assoli, sangue) per mescolare le carte. O in alternativa, è musica metal che si libera di tutti gli aspetti estetici, lirici e musicali del metal conservandone uno soltanto, nella speranza di far sembrare l’autore un grande visionario del minimalismo o un performance artist, a seconda (riuscendoci, di solito) (con dischi assolutamente spregevoli, nella maggior parte dei casi).

Scope Neglect di Ben Frost è la versione ultra-positiva di tutto questo. È un disco che parte da dei pallosissimi giri di chitarra metalcore e li riproduce fino allo sfinimento, processandoli in maniera quasi impercettibile fino a farli diventare teoria musicale pura. Se la guardate da altre coordinate è musica simile a quella che facevano i Meshuggah all’epoca di Nothing, ma senza doverci subire le pantomime e i pantaloni di pelle e la puzza dei buzzurri ubriachi sotto il palco. Forse è uno sport impegnativo, che richiede un certo grado di dedizione e la volontà di perdersi, ma è un disco che ti dà qualcosa in cambio: arrivi a metà e il mondo di fronte a te inizia a sfrangiarsi in una forma quantistica che si vede a occhio nudo mentre lo stesso riffone continua a girare sotto, illumina un paio di dimensioni-extra sulla parete del tuo soggiorno, tu sprofondi nel divano inerme, il volume continua ad alzarsi…

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