Reunion rimpatriate ritorni risciacqui

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Sleater-KinneyLittle Rope (Loma Vista 2024)

La cosiddetta reunion è un oggetti spinoso. Fino ai primissimi anni duemila era una specie di tabù: un gruppo nasceva, registrava qualche disco e poi si scioglieva, e da lì in poi se ne parlava al passato. Il susseguirsi delle cose della vita hanno permesso di purgare un certo dogmatismo delle prassi nel rock, e oggi è abbastanza normale che il ciclo di vita delle band comprenda un ritorno sulle scene, più o meno in grande stile. In senso stretto non siamo interessati al ritorno in sé, al fatto che un certo gruppo esista o meno.

Il caso più emblematico sono i Fugazi, che a quanto pare si riuniscono di quando in quando, con lo stesso spirito con cui noi organizziamo cene tra ex-colleghi: si incontrano quando riescono a casa di Ian MacKaye, strimpellano qualche cosa in cantina e si salutano. Non ci interessa questa reunion, non è una cosa che ci risolve la vita. Quel che ci risolve la vita è un ideale alla Sleater-Kinney, per capirci.

Le Sleater-Kinney: Carrie Brownstein, Corin Tucker, Janet Weiss, indie rock da Portland, furono uno dei grandi gruppi della fine degli anni novanta e si sciolsero nel 2005, lasciandomi un cratere nel petto. Avevano da poco pubblicato uno dei loro dischi più belli, The Woods, ma erano state sconfitte dall’intensità della vita dei musicisti. Quando sono tornate, quasi dieci anni dopo, sembrò un miracolo in terra: No Cities To Love, registrato alla chetichella, un fan service assoluto che scaldò i cuori dei numerosi orfani e ci mise tutti a sedere: le Sleater-Kinney sono tornate, e adesso non ce n’è più per nessuno. Da lì in poi, ovviamente, il disastro.

Il cambio dei rapporti all’interno della band ha fatto uscire Weiss, dandoci in cambio un disco orrendo e tanti dubbi sul futuro, che oggi è arrivato. L’ultimo album delle Sleater-Kinney si intitola Little Rope, ha in copertina una foto molto esplicita (Carrie Brownstein e Corin Tucker, nessun altro), racconta un brutto periodo di Brownstein (la morte della madre in un incidente, tra l’altro in Italia) e suona della fatica che dev’essere stata registrarlo: al netto dei lutti e di un legame indissolubile tra due musiciste, è il disco di una band che aveva dato tutto vent’anni fa e oggi sbarca il lunario tra pantomima e mestiere delle armi. Continuiamo a fare il tifo, ma non sappiamo nemmeno noi per cosa.

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