L’ultima opera di Filippo Monti

Omaggio al maestro faentino, recentemente scomparso, con uno sguardo alla grande villa di Castel Raniero,chiusura in bellezza di un straordinaria carriera creativa

Anche in questa occasione l’architetto affronta con coerenza
 il rapporto con il contesto,
un leggero pendio che dal crinale di Castel Raniero scende a fondovalle con una spianata
di ulivi, al cui limitare si erge
una sequenza di maestosi
pini domestici

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Iniziamo il 2016 celebrando Filippo Monti, figura d’eccellenza nel campo dell’architettura faentina, noto ben oltre, che ci ha appena lasciato il 15 dicembre 2015.
L’oc­casione è la sua ultima opera, una villa costruita tra il 2010 e il 2012 sul versante del crinale di Castel Raniero rivolto al Lamone. Non lontano, sul crinale posto a ovest, si staglia il profilo ugualmente inconfondibile della villa Gargiulo – il Nautilus in mattoni – ultimata da Monti nel 2011 (vedi TC n.70/2011), l’anno in cui la città manfreda lo insigniva dell’onorificenza di Faentino sotto la Torre. Anche in questa occasione Monti affronta con coerenza il rapporto con il contesto, un leggero pendio che dal crinale di Castel Raniero scende a fondovalle con una spianata di ulivi, al cui limitare si erge una sequenza di maestosi pini domestici.
Fin dal vialetto di accesso avvertiamo la sensazione di essere davanti a qualcosa di molto particolare. Ad accoglierci è un cancello a tinta “viola-Monti”, il cui pilastrino sinistro, destinato al citofono e a incardinare l’anta pedonale, è punteggiato di vetrini a colori vivaci, che ci portano alla memoria la stessa gaia sequenza cromatica delle vetrate della Camera di Commercio di Ravenna e in cui ritroviamo lo stesso colore utilizzato anche nel cancello di villa Gargiulo. Il vialetto inizia a scendere, bypassa a sinistra la villa e si allarga in un grande prato a pendio, al termine del quale veglia una possente quercia, laddove il terreno torna brevemente ad essere pianeggiante, per accogliere lo scavo di una grande piscina.

 

«Monti ha passato alcuni mesi sotto questa quercia», racconta il padrone di casa. «Portava un cappellaccio e stava seduto ad un tavolinetto dove disegnava schizzi e bozzetti di tutti i tipi, per capire la forma, ma soprattutto, lui diceva, per studiare la luce. Con lui ho trascorso tre anni bellissimi e ho provato un piacere immane a lavorare insieme. Perciò mi riterrò fortunato fino alla fine dei miei giorni. Era una persona incantevole, oltre che geniale dal punto di vista professionale, ma di infinito spessore umano. Per spiegarmi un particolare era capace di disegnare con la matita da muratore direttamente sui listoni di legno».

La villa in realtà nasce dall’adattamento di un fabbricato esistente, ampliato nell’occasione con un gesto del tutto fuori dal comune: un gesto compositivo, forte e deciso, ma pieno di eleganza, che disvela subito un sapiente gioco di incastri di forme pure, derivante dall’intersezione di un quadrato e di un triangolo, avvolti dalla grande curva di un cerchio circoscritto. Il quadrato è un modulo interno, in cui si trova la zona notte al primo piano, coperto da pannelli solari e fotovoltaici, e la cucina con un salotto-biblioteca al piano terra. Il triangolo è una corte nascosta, che nasce dalla cucina e si allarga verso sud creando uno spazio segreto, al culmine della quale ci si affaccia a sorpresa sulla vallata, che può essere ammirata più comodamente stando seduti attorno ad  un tavolo in ferro collocato opportunamente in questo punto. I vari elementi sono avvolti da un potente gesto circolare quasi interamente vetrato e bordato da un eccezionale infisso in legno scuro, protetto da una copertura piatta (che in realtà cela un manto in coppi), leggermente inclinata verso la vallata mentre si adegua al segno della vetrata sottostante e segnata un cornicione costituito dall’alternanza di listelli di marmo bianco Carrara e verde Alpi, colori molto amati dal maestro faentino. Monti soprassiede al progetto ma è sempre in cantiere, punto di riferimento imprescindibile.
«Tracciava il segno delle linee curve – riprende il racconto del padrone di casa – con uno spago legato ad un chiodo piantato nel terreno».

La casa in realtà appare costituita sostanzialmente da due livelli: quello superiore è articolato dal parcheggio all’esterno e dalla zona notte all’interno; quello inferiore dalla zona living/cucina all’interno e dalla corte triangolare, all’esterno, su cui si affaccia un grande terrazzo delle camere da letto.

L’ingresso viene segnalato da una mordida introflessione della vetrata, prima di estroflettersi nella discesa verso il pianoro, complice la pavimentazione esterna che qui mostra un disegno di invito, rigorosamente curvo come quasi tutte le linee qui adottate.

Gallery degli esterni

Entriamo, accolti da un parquet di ciliegio, essenza che ritroveremo in tutto gli spazi principali. Il padrone di casa ci svela la presenza del guardaroba, situato a destra accanto a una parete in listelli cilindrici in legno laccato bianco, assemblati in sequenza, mentre apre una singolare porta celata nel rivestimento e denunciata solo dalla terminazione a quarto di cerchio. Ben presto scopriremo come il motivo listellare bianco a tutt’altezza costituisca lo strategemma utilizzato ovunque per risolvere il tema delle porte senza declinarle come tali. In realtà il gesto è ancora più interessante, allorché vediamo come porta e parete poggino sul primo gradino della breve rampa di scale che invita a proseguire diritto davanti a noi, per inoltrarsi nel sinuoso corridoio alla volta della zona notte, dove scopriremo come anche la parete interna della camera matrimoniale si arrenda alla “tirannia” della linea curva, staccandosi dal soffitto come una vela, mentre la copertura prosegue inclinata nello spazio armadi-spogliatoio.
Le camere da letto godono dell’affaccio verso la vallata con un vasto terrazzo, protetta da un parapetto in cristallo retto da un profilo i ferro e pavimentato in listelli alternati di cotto Impruneta della Sannini, qui per la prima volta utilizzato spaccando a metà il pezzo e posandone sia la faccia liscia che l’interno rugoso. Mentre torniamo all’ingresso, un colpo d’occhio al bagno ci conferma, se avessimo ancora dei dubbi, la programmatica adesione al tema della curva, a partire dallo specchio e dal porta asciugamani, disegnato dal progettista, mentre la bicromia del cornicione esterno qui assume una connotazione più morbida, in bianco alternato a listelli rosa-arancio in cotto, che ritroveremo anche nel bagno al piano sottostante e nella cucina che vi si trova affiancata.
Ma manca ancora il pezzo migliore, che ha origine dall’ingresso, in cui inizia un percorso del tutto spettacolare. Nel momento in cui ci si affaccia sulla sottostante zona living, ecco apparire una vasta area definita in pianta dalla figura di uno spicchio di cerchio, vetrato a tutt’altezza lungo la linea curva che consente allo sguardo di spaziare fino dall’altra parte della vallata. Le sorprese non sono finite.

Mentre ci sporgiamo sull’ampio spazio, ecco apparire lo strumento che ci consentirà di scendere nel soggiorno, che chiamare “scala” sembra riduttivo. Con sovrana eleganza questa magica scultura-spazio in ciliegio scende in curva, bordata da un lato dall’altissima vetrata rivolta alla valle e all’interno da qualcosa che sembra ugualmente del tutto inadeguato e inopportuno definire come “parapetto”. Ogni gradino è dotato infatti di una forcella in acciaio inox satinato, stondata all’apice e morbidamente estroflessa verso il vuoto come mossa dal vento che sale dalla pianura.

Mentre ammiriamo questo bellissimo “collegamento verticale”, il padrone di casa racconta un aneddoto molto importante per illustrare quanto l’architetto Monti abbia giusta consapevolezza di sé. «Ero appena tornato da un viaggio a Barcellona – racconta il nostro fortunato proprietario – e con mia moglie gli mostrai la scala di Casa Batlló di Gaudì. Rimase per un po’ di tempo in silenzio a guardare le immagini, poi disse: “l’è mei la nostra”». Scendiamo lungo questo gigantesco oggetto d’arte, una breve sosta per rendere omaggio al grande bardo di queste terre, Alfredo Oriani, raffigurato in una piccola scultura di bronzo collocata circa a metà rampa e sbarchiamo nello spazio living, particolarmente confortevole per la presenza di un doppio impianto di climatizazione, a pavimento e a soffitto.
Il primo spazio ad accoglierci è la zona-pranzo, imperniata su un tavolo rotondo di Eero Saarinen in marmo marezzato, con corona di sedie in plexiglass Philippe Stark, segnalata da un quadro rosso di Michele Greco da S. Pantaleo e dal grande vaso fusiforme di Piero Pizzi Cannella. Il centro del living è dominato da un grande divano bianco a L, vegliato da una grande tela di Arcangelo insieme ad un quadro di Marco Tirelli e collegato da un basso mobile scuro recante lo schermo tv posizionato lungo la vetrata antistante. Oltre, ecco un’area conclusiva con tavolo della Fiam in cristallo e mobili di famiglia e antiquariato. La sontuosità del salone del soggiorno/pranzo trova un’ulteriore occasione per espandersi, scavando sotto la scala e l’ingresso, e conformando osmoticamente lo spazio fino a creare una saletta raccolta attorno ad un camino cilindrico, bordata da una libreria magicamente autoilluminata, che si sviluppa lungo una parete curva che segue la linea della grande vetrata del living.

Gallery degli interni

Da questa saletta scopriremo come sia possibile raggiungere, percorrendo un sinuoso corridoio viola, un’altra saletta biblioteca/studio, il bagno di servizio alla zona giorno e la cucina, collegata alla zona pranzo del salone tramite una grande porta vetrata a due ante in omaggio alla circolarità dei percorsi. La cucina si mostra in realtà declinata in maniera molto sobria e funzionale, anche per la presenza di un piano cottura a induzione, nonostante il rivestimento bicromo bianco/rosa-arancio. Ma è omaggiata da un’altra grande vetrata che la mette direttamente in comunicazione alla corte triangolare nascosta, ornata da ben due forni e da una pavimentazione in cotto a festone che riconduce verso il pianoro. La corte è inoltre collegata al livello superiore da una scaletta incassata, ribadendo l’assoluta continuità dei percorsi. Un ultimo sguardo ai particolari dei pluviali, sia quello inclinato del terrazzo, sia la coppia che dal cornicione curvo balza in avanti con un semicerchio verso valle e la visita si conclude.
Filippo Montijpg06Mentre torniamo al cancello il padrone di casa con un certo orgoglio mi spiega come la casa non sia collegata con la linea di fornitura del gas e quindi risolva i propri problemi con un impianto a pompa di calore e con pannelli nel lastrico solare. Riattraversiamo il vialetto ghiaioso e ripensando alla ricchezza degli spazi e alla rassegna di ingegnosi particolari, quasi “alla Scarpa”, viene da concludere che se l’Architettura studia e propone le migliori forme di cui si riveste il proteiforme spazio umano domestico, di lavoro e urbano, possiamo ben dire che qui l’Architettura sia veramente “di casa”.

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