Processo Cagnoni, Linea Rosa: «È un femminicidio e serve una sentenza politica»

Ventisettesima udienza / Le quattro parti civili oltre alla famiglia di Giulia chiedono in totale 200mila euro. I Ballestri chiedono 4,15 milioni. L’avvocata Lama (Udi): «Questo delitto cancella anni di lavoro sulle questioni di genere. Bisogna ricominciare da capo». Cifre saranno destinate a progetti di sensibilizzaione, formazione e pubblicazione di opere sul tema

Gli avvocati di parte civile del processo Cagnoni. Da sinistra: Maddalena Introna (associazione Dalla parte dei minori), Sonia Lama (Udi), Enrico Baldrati (Comune di Ravenna). Anche Linea Rosa è stata ammessa

«Giulia è stata uccisa per aver alzato la testa. Siamo qui per un femminicidio e allora serve una sentenza politica, dove politica è da intendere nel senso etimologico di polis e cioè per la città, perché le sentenze hanno il potere di formare il pensiero delle persone». Così davanti alla corte d’assise di Ravenna parla l’avvocata Cristina Magnani che rappresenta Linea Rosa, l’associazione nata 26 anni fa a Ravenna per combattere la violenza di genere e ora tra le parti civili del processo a Matteo Cagnoni per l’omicidio della moglie Giulia Ballestri.

Magnani non può che insistere sulla specificità del delitto che è la ragione stessa della presenza in aula dell’associazione: «Perché questo femminicidio è un danno per Linea Rosa? Perché è un centro antiviolenza ben radicato a Ravenna e a qualcuno può venire spontaneo chiedersi a cosa serva la presenza di Linea Rosa se poi avvengono comunque questi delitti? La risposta consequenziale che qualcuno può darsi è nulla».

Il concetto di necessità di una sentenza per la polis è il fulcro dell’intervento dell’avvocata. Insomma di fronte al fenomeno del femminicidio «serve la reazione forte dei tribunali che sono in grado di orientare il pensiero della gente e di porre all’ordine del giorno la necessità del rispetto della posizione della donna. Una sentenza politica passa anche dal risarcimento a chi diffonde i valori contro la violenza di genere. Ma non un risarcimento simbolico: chiediamo 70mila euro tra danno morale e patrimoniale». Soldi che verranno destinati a un progetto per la costituzione di un fondo per sostenere le cure mediche delle donne che portano addosso i segni della violenza.

Di tenore simile anche l’intervento dell’avvocata Sonia Lama che difende l’Unione donne in Italia (Udi). Lama lamenta ancora troppa sottovalutazione del fenomeno femminicidio: «Per molti è una parola cacofonica, mi sento dire che c’è già la parola omicidio. Questa è una guerra: nel 2016 in Italia sono state uccise 116 donne da amanti, mariti, compagni, fidanzati, familiari come conseguenza della volontà di autodeterminazione. E Giulia è stata una di quelle 116. Ci si chiederà perché aumentano i casi pur aumentando la sensibilizzaione. Perché sempre più donne si risvegliano e non vogliono più stare nel ruolo che gli uomini hanno deciso per loro». L’avvocato non usa mezzi termini: «Questo femminicidio ha portato un danno incalcolabile per la nostra associazione perché bisogno ricominciare da capo con tutto il lavoro fatto». La richiesta è di 60mila euro di cui una provvisionale di 40mila con cui finanziare la pubblicazione dei resoconti del processo firmati dalla giornalista Carla Baroncelli sul blog della Casa delle Donne e un progetto di formazione triennale per docenti sulla cultura del rispetto di genere.

Tra le parti civili anche il Comune di Ravenna. A rappresentarlo in aula l’avvocato Enrico Baldrati dell’ufficio legale. In questo caso la richiesta di 50mila euro viene calcolata stimando il costo del personale dei servizi sociali che, secondo le disposizioni del tribunale dei minori di Bologna, dovranno tenere un ruolo di monitoraggio e osservazione sulla crescita e sullo sviluppo dei tre figli della coppia Cagnoni-Ballestri fino al compimento della maggiore età che avverrà rispettivamente tra 120 mesi, 84 mesi e 60 mesi. Il costo è calcolato in 50 euro al mese per ogni figlio quindi 13.200 euro. Da sommare ai 3.300 già spesi. «A questi vanno sommati i danni non patrimoniali, un danno di immagine difficile da quantificare. Ci si può rifare a una legge e ipotizzare che valgano il doppio del danno patrimoniale». In totale 49.500 come massimale.

Da destra l’avvocato Giovanni Scudellari che assiste Guido Ballestri, fratello della vittima

Parte civile ammessa anche l’associazione Dalla parte dei minori. L’avvocata Antonella Monteleone spende il suo intervento per sottolineare quanto vadano considerati vittime di femminicidio anche i figli della coppia che si ritrovano figli di chi è stato ucciso e di chi ha ucciso. Problematiche di stress e di traumi di facile comprensione. E proprio su questi temi lavora l’associazione. Che chiede 25mila euro di cui 5mila come provvisionale.

Per completare il quadro delle richieste delle parti civili va citata la famiglia Ballestri. In questo caso l’avvocato Giovanni Scudellari ha stimato una quantificazione di 4,15 milioni di euro: un milione per ogni figlio, 500mila euro per ogni genitore, 150mila euro per il fratello.

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