Il teatro vive, così va in scena a Ravenna “Romeo e Giulietta non sono morti”

Recita straordinaria stasera al Rasi degli attori Caruso & Garante in risposta alle restrizioni del nuovo decreto anticovid che chiude i sipari

Caruso GaranteDoveva debuttare il 26 e 27 ottobre al Rasi la compagnia Caruso-Garante,  nell’ambito del prologo della stagione teatrale 2020/21 intitolata “Ravenna Viso-in aria”, sapientemente imbastita da Ravenna Teatro con una ricognizione e il diretto coinvolgimento– fra spettacoli e incontri – delle energie passate, presenti e future della scena teatrale ravennate.
Poi oggi è arrivato il decreto di chiusura dei palcoscenici, che vanifica e deprime mesi di impegno di artisti e organizzatori e le aspettative del pubblico.

Così, per onorare la resistenza dei teatranti e degli spettatori a questa nuova fase di divieto, stasera al Rasi è allestita la recita anticipata dello spettacolo di Caruso-Garante intitolata – il caso vuole – Romeo e Giuletta non sono morti, così come non può morire il desiderio e la necessità della comunità ravennate di ritrovarsi e condividere il rito vitale del teatro. Una messa in scena che è anche una simbolica chiamata a tutti i cittadini che amano e sostengono il mondo teatrale.

Di seguito pubblichiamo la videointervista ai due autori-attori napoletani, ravennati d’adozione, dove si parla anche del loro spettacolo, quarta puntata della serie realizzata da R&D/Reclam – in collaborazione con Ravenna Teatro e Les Bompart edizioni – per documentare la viva voce dei protagonisti dell’eccezionale rassegna “Ravenna Viso-in-aria”.
E che nonostante il confinamento a tacere dello spettacolo dal vivo continueremo a pubblicare.

Romeo e Giulietta non sono morti
di e con Salvatore Caruso e Tonia Garante

Domenica 25 ottobre, ore 21
Teatro Rasi-Ravenna

Romeo e Giulietta, scampati in una sorta di ucronia dal mortifero destino Shakespeariano, si ritrovano trentenni a Napolii, consapevoli di essere vittime di un destino tracciato: il fallimento reciproco. Quella libertà di amare si traduce in esasperata sopportazione; parole vomitate; silenzi e incomprensioni. Non è più la tragedia del sacro amore, quanto una tragedia familiare di due “deportati”, due identità spezzate vittime di un delitto sociale. I versi del loro autore cullano il presente come memoria del passato: l’amore che è l’idea di quel che fu.

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