«In un anno oltre trecento aziende in meno nei settori del commercio e del turismo»

L’allarme di Confesercenti Ravenna che chiede alla politica di non sostenere più l’apertura di nuove medio-grandi strutture

Cessazione Attivita Chiude Negozi 2I consumi in Italia secondo l’Istat danno segnali di ripartenza, «ma la ripresa non è ancora arrivata pienamente al commercio tradizionale – commenta in una nota inviata alla stampa Confesercenti Ravenna –, lasciando fuori in particolare i negozi più piccoli».

Confesercenti sottolinea poi l’andamento altalenante delle aziende ravennati, testimoniato anche dai dati del Registro delle Imprese della Camera di Commercio. I dati del secondo trimestre 2017 se da un lato migliorano rispetto al primo trimestre come aziende complessive (+121) e come settori (commercio +30 e turismo + 49) dall’altro – sottolinea l’associazione di categoria – segnalano ancora un quadro negativo. «Da notare – si legge nella nota – come il dato complessivo sia contraddistinto da un fenomeno già segnalato: un ulteriore aumento delle attività di commercio di autovetture (usate in primis) che a fine giugno è arrivato a ben 429 unità, come aumentano le attività di commercio via internet e porta a porta».

Rispetto allo stesso periodo del 2016 (fine giugno) l’andamento del 2017, sempre a fine giugno, evidenzia un saldo totale negativo importante a distanza di un solo anno: 281 aziende in meno del commercio e 52 in meno nel settore del turismo, articolato in provincia così: area Faenza (-68 nel commercio e -8 nel turismo); area Bassa Romagna (-87 e -15); Ravenna (-104 e -2); Russi (-9 e -4); Cervia (-13 e -23).

Rispetto al saldo totale di imprese esistenti in provincia tra i due semestri (-940 rispetto al 2016) commercio e turismo da soli ne costituiscono oltre il 35 percento. «E di fronte a questi andamenti – conclude la nota di Confesercenti – ci sono ancora Comuni (come Faenza, Ravenna, Castel Bolognese, Russi, Lugo) che autorizzano, ipotizzano, inseguono ancora la nascita di nuove medio-grandi strutture commerciali. Come se non bastassero le centinaia di vetrine e negozi vuoti che si contano in città e nelle diverse località. Le politiche generali devono sostenere la domanda e ridurre la pressione fiscale, quelle locali dovrebbero sostenere e valorizzare l’esistente e la loro esistenza e non consentire lo sbarco di nuove grandi strutture qua e là».

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