Difesa consumatori, l’avvocato che spaventò la Rai: «La class action va migliorata»

Nel 2013 il ricorso di Maestri al Tar del Lazio per 123 ravennati che avevano problemi di ricezione con il passaggio al digitale terrestre: «A quel tempo le azioni di classe erano in una fase pionieristica, abbiamo perso ma sono stati fissati dei paletti»

Maestri«Le azioni di classe potrebbero essere strumenti di vera democrazia giuridica ma per come sono regolate in Italia risultano armi spuntate, andrebbe rivista la normativa di riferimento». L’avvocato Andrea Maestri conosce bene in prima persona l’istituto di quella che, con terminologia inglese, viene chiamata anche class action: nel 2013 rappresentò 123 ravennati in una causa contro la Rai per i problemi di ricezione televisiva nel momento del passaggio dall’analogico al digitale terrestre.

Il Tar del Lazio respinse le richieste affermando in buona sostanza che vista l’esigua percentuale di chi aveva problemi di visione dei canali della tv di Stato, doveva trattarsi di un errore di posizionamento delle antenne private sui tetti: «Ma per dare questa valutazione il giudice si basò su quello che affermava la Rai senza disporre una perizia tecnica come avevamo richiesto». Circostanza che lasciò più di una perplessità. Ma dopo la sconfitta in primo grado si decise di non presentare appello perché erano diminuito il numero degli intenzionati a continuare nella battaglia, anche se la suddivisione delle spese avrebbe restituito un conto di qualche decina di euro a testa.

Quel caso però fece giurisprudenza: «A quei tempi le azioni di classe erano ancora in una situazione pionieristica. E alcune prese di posizione del Tar per il nostro caso, a partire dall’ammissibilità del nostro ricorso contrariamente a quanto sosteneva la Rai con il pool dei suoi avvocati, hanno fissato dei paletti poi divenuti consolidati».

Le azioni di classe possono essere promosse sia contro pubbliche amministrazione che contro privati, partendo dal requisito necessario che il diritto leso sia lo stesso per tutti gli aderenti. Se la parte chiamata in causa è pubblica o privata sono previste alcune differenza nella procedura ma sostanzialmente lo schema è lo stesso. Maestri resta convinto del potere di queste iniziative perché da considerare come le uniche opportunità per il consumatore di fronte a certi danni: «Il principio di fondo è che l’unione di più soggetti deboli fa la forza. Un soggetto singolo non potrebbe mai affrontare una battaglia in cui per il consolidato principio di soccombenza poi in caso di sconfitta si vede accollare le spese legali della controparte. Spartendo fra tutti invece è sostenibile». Per questo secondo l’ex deputato di Possibile andrebbero apportate delle modifiche che rendano più accessibile la class action: «La sensazione è che all’epoca il legislatore abbia strizzato l’occhio al consumatore dando l’illusione di aver irrobustito le possibilità di difesa. Ma nei fatti le cose sono diverse. Prima di tutto andrebbe avvicinato il cittadino alla sede della causa: oggi i riferimenti sono il Tar di Roma o i Tar dei capoluoghi regionali. Per un consumatore ravennate vuol dire che c’è una certa distanza con le spese di trasferta. Anche se in certi casi un tribunale distante dalla piazza a cui si fa riferimento può essere anche meglio…». C’è poi la questione spese: «Va semplificata la procedura e dovrebbe essere qualcosa di tendenzialmente gratuito: le questioni vanno trattate con rigore per scoraggiare il proliferare di cause inutili dovute alla gratuità ma il rischio di dover pagare spese ingenti oggi è un grande limite all’esercizio della giustizia. Almeno bisognerebbe iniziare a pensare di calcolare le spese sul reddito del singolo».

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