sabato
13 Settembre 2025

Covid, 26 morti: gli ultimi due di 89 e 92 anni. Sotto sorveglianza 600 persone

Bagnara di Romagna è ancora l’unico dei 18 comuni in provincia senza casi positivi

11032020 DSCF0243Le ultime due persone che allungano l’elenco di morti in provincia di Ravenna con Covid-19 avevano 89 e 92 anni, un uomo e una donna. Il totale dei decessi sale a 26.

Come già detto i casi positivi sono 553 (che comprendono i morti ma anche quasi cinquanta guariti). I nuovi diagnosticati tra il 28 e il 29 marzo sono 32, metà donne e metà uomini: cinque hanno residenza fuori provincia, ventiquattro sono in isolamento domiciliare poiché privi di sintomi o con sintomi leggeri, gli altri 8 sono ricoverati, nessuno in terapia intensiva. La Provincia fa sapere che si tratta principalmente di pazienti che fanno riferimento ad alcuni nuclei famigliari e che hanno avuto contatti stretti con casi già accertati.

Si allarga il numero delle persone in quarantena e sorveglianza attiva in quanto contatti stretti con casi positivi: sono 601. Per loro l’Ausl ha un protocollo di contatti telefonici quotidiani per monitorare l’evoluzione dei loro sintomi e intervenire se necessario.

Per quanto riguarda la distribuzione tra i 18 comuni della provincia, i più colpiti al momento sono Ravenna (243), Faenza (86), Cervia (41) e Lugo (40) che sono anche i più popolosi. Resta ancora Bagnara l’unico senza casi registrati.

Coronavirus: i contagiati in provincia ora sono 553, morte altre due persone infette

L’aggiornamento fornito dalla Regione sull’andamento della pandemia in Emilia-Romagna

Coronavirus Personale SanitarioSono 32 i nuovi casi di infezione da coronavirus diagnosticati in provincia di Ravenna nelle 24 ore comprese tra le 12 del 28 marzo e le 12 di oggi, 29 marzo. Il totale delle positività arriva quindi a 553. Nello stesso intervallo di tempo sono morte anche due persone che erano già nel conto degli ammalati. I decessi totali sono quindi 26.

Questi invece i dati regionali. Sono 13.119 i casi di positività, 736 in più di ieri. Complessivamente sono 5.726 le persone in isolamento a casa, poiché presentano sintomi lievi, che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi (368 in più rispetto a ieri). Ricoverate in terapia intensiva 333, 17 in più rispetto a ieri. I decessi sono passati da 1.344 a 1.443: 99, quindi, quelli nuovi, di cui 67 uomini e 32 donne. Continuano a salire le guarigioni, che raggiungono quota 1.141 (66 in più rispetto a ieri).

Questa la distribuzione per province di positività e decessi. Con una premessa: i decessi vengono suddivisi per residenza, le positività invece per luogo della diagnosi. I nuovi decessi riguardano 26 residenti nella provincia di Piacenza, 21 in quella di Parma, 13 in quella di Reggio Emilia, 17 in quella di Modena, 12 in quella di Bologna (di cui 1 nel territorio imolese), 1 in quella di Ferrara, 1 in quella di Forlì-Cesena (1 nel cesenate), 5 in quella di Rimini. Un decesso si riferisce a un residente fuori regione. Questi i casi di positività: Piacenza 2.475 (85 in più rispetto a ieri), Parma 1.809 (57 in più), Reggio Emilia 2.146 (150 in più), Modena 2.094 (172 in più), Bologna 1.504 (+157 in più rispetto a ieri, e 239  Imola, nessuno in più), Ferrara 300 (19 in più rispetto a ieri), Forlì-Cesena 642 (di cui 318 a Forlì, 18 in più rispetto a ieri, e 324 a Cesena, 12 in più), Rimini 1.357 (34 in più).

«Continua il trend osservato nei giorni precedenti – afferma il commissario regionale all’emergenza, Sergio Venturi – quindi una moderata riduzione dei casi percentuali, confermati dalla riduzione degli accessi in Pronto soccorso e, attraverso il 118, in ospedale per polmonite interstiziale. Purtroppo, è ancora alto il numero dei decessi, ma ci aspettiamo comunque una significativa riduzione sia dei contagi che dei decessi nei prossimi giorni. Stiamo ponendo particolare attenzione alla situazione delle case protette, che ormai restano l’unico vero focolaio d’infezione sul territorio, perché- chiude Venturi- osserviamo come le misure di distanziamento sociale comincino a dare i primi risultati. Ma non è questo il momento di mollare: rispettiamo tutti regole e restrizioni».

Denunciare chi infrange le regole? Voltarsi dall’altra parte si chiamava omertà

Il sindaco ha invitato i cittadini a fare segnalazioni. Delazioni? Siamo ancora in democrazia: le autorità sanno valutare se la violazione è reale e merita sanzioni

DSC 5043Ci stanno dicendo che siamo in guerra, che il nemico è invisibile, che si vince facendo fronte comune. Non siamo in una dittatura e chi governa ha provato a combattere prima affidandosi, poveri ingenui, al buon senso del popolo. Poi hanno provato a stringere di più. Facendo parecchio caos, bisogna dirlo. E non è questione di affrontare una situazione mai affrontata: per decidere chi comunica cosa a chi non c’è bisogno di aver già avuto una pandemia, è regola aurea sempre e comunque. Quando hanno stretto le regole, sui social è partita la rincorsa a dare dei deficienti a chi non le rispettava. Erano talmente tanti i maestrini che si vantano di rispettare le regole e davano dei deficienti agli altri che non si capiva dove fossero finiti tutti i deficienti.

E davanti a un popolo di maestrini così integerrimi deve essere sembrato quasi banale per un sindaco dire: «Vi chiedo una mano, se venite a conoscenza di comportamenti scorretti, scriveteci dove e magari mandateci una foto. Aiutiamo insieme le forze dell’ordine e di polizia». Apriti cielo. Quanti maestrini si sono incazzati come bisce. Il borgomastro invita alla segnalazione, strepitavano: giammai, questa è delazione, questa è una deriva totalitarista, questa è l’anticamera della dittatura (legittimamente ci sono anche sindaci che la pensano all’opposto).

A chi scrive sfugge perché l’invito del sindaco abbia scatenato tutta questa indignazione. Da quando denunciare infrazioni di leggi-trattino-regole-trattino-norme è un atto vile? Da quando non è più senso civico? Da quando tacere e voltarsi dall’altra parte se qualcuno infrange le regole è diventata virtù e non omertà?

Quando le statistiche dei reati vedono la città ai vertici ci spiegano che da noi si denuncia anche il furto della bici perché la comunità è sana e crede nelle istituzioni. Adesso non vale più? Proprio perché ancora si è in democrazia e non in dittatura, segnalare un comportamento scorretto non fa partire un commando su un Suv con i vetri oscurati che incappuccia un innocente e lo getta in pasto ai maiali. C’è un’autorità che spesso, per esperienza e per competenza, ci mette poco a capire la consistenza della segnalazione. E risponde ancora alle regole democratiche civili (oppure pensate non lo facesse nemmeno prima del virus?). Un conoscente si è accorto che la coppia di vicini aveva accolto in casa altre sei o sette persone e ha chiamato il 112. Sono ancora tutti vivi e sani perché dall’altra parte gli è stato spiegato che non si può entrare nelle case della gente sfondando le porte come nei film. Anche suonando al campanello avrebbero potuto sentirsi rispondere che in casa c’erano solo i residenti e nessuno li avrebbe incarcerati nelle patrie galere.

Se segnalare infrazioni è fare delazioni, allora lo è anche segnalare un possibile reato? Provate a tornare con la memoria ai tempi in cui non c’era il coronavirus. Ve li ricordate? Immaginate se foste stati in giro per una passeggiata di cazzeggio che una volta si potevano fare. Se aveste visto due persone uscire di corsa da una casa e una dei due tirare un pugno all’altra e fuggire in auto, avreste chiamato il 112? E cosa avreste detto? Correte, c’è un aggressore in fuga. Potevate sapere se quello in fuga era invece uno che si stava legittimamente difendendo da un’aggressione partita dentro le mura di casa dove non potevate vedere e ora stava andando al commissariato a chiedere aiuto? No, non potevate. Ma l’intervento da voi richiesto avrebbe potuto accertarlo. E chiamare il 112 era la cosa da fare. Se è delazione oggi lo era anche allora. Facciamo che non si denuncia più niente?

Sullo stesso tema abbiamo pubblicato anche un altro articolo con un’altra opinione di segno opposto e lo trovate qui.

Lpr: «Perché acque rosse nel Candiano?». Ap: «Non è colpa dei lavori sui fondali»

Il consigliere comunale Ancisi raccoglie due segnalazioni sul coloramento del porto durante la presenza della draga, l’Autorità portuale smentisce che possa essere successo per km di canale

2121 Navi Al PortoNon è dovuto ai lavori della draga per il livellamento dei fondali del porto il presunto caso di arrossamento delle acque del Candiano segnalato a metà marzo. In sintesi è questa la risposta che l’Autorità portuale di Ravenna recapita a Alvaro Ancisi, consigliere comunale con Lpr che aveva sollevato il caso. È lo stesso Ancisi a divulgare la replica ricevuta dal presidente di Ap.

I fatti. Il 16 marzo Ancisi riceve segnalazioni da due cittadini perché in contemporanea coi lavori di dragaggio del canale portuale del tratto compreso tra largo san Vitale ed il ponte mobile si è verificato un arrossamento edintorbidimento di tutte le acque portuali, dalla darsena di città ai moli foranei di Porto Corsini e Marina di Ravenna fino al 12 marzo, giorno di partenza dal porto della nave-draga Nicola Z.

Rossi fa spere che quei lavori erano la riprofilatura tramite livellamento di alcune aree del porto canale, afferenti talune banchine portuali in concessione: «Il lavoro viene effettuato tramite benna montata a bordo nave, avendo cura di spostare i sedimenti da una zona di accumulo a una zona erosa o in spada, nelle immediate adiacenze dell’area di accumulo stessa. Per come sono strutturati, tali interventi sono minimali e possono provocare, al più, torbidità per il raggio di alcuni metri dall’area di azione della benna; pertanto, non sono causalmente collegabili fenomeni di altra natura come il segnalato arrossamento, specialmente se verificatisi o diffusi nel raggio di chilometri dal punto dell’intervento. Non abbiamo ricevuto altre segnalazioni in merito né tantomeno conferma dai riscontri diretti che sono stati prontamente eseguiti dal personale».

Mascherine anti-contagio in faccia per rapinare il negozio, il titolare li manda via

Tentano il colpo al Borgo San Rocco ma il commerciante comincia a urlare e i due escono a mani vuote

Sono entrati a volto coperto in un supermarket all’orario di chiusura ma non hanno spaventato nessuno perché indossavano mascherine anti-contagio, cosa comune di questi tempi di pandemia, e invece erano rapinatori. In due in azione ieri sera, 28 marzo, in un negozio di via San Mama a Ravenna. Uno ha estratto una pistola – non si sa se vera o replica – e ha chiesto al titolare i soldi della cassa ma l’uomo non ha ceduto e ha reagito urlando contro i malviventi, impugnando un oggetto in negozio per mostrarsi ancora più convinto. La reazione così decisa del commerciante ha attirato l’attenzione di altre persone e i due rapinatori se ne sono andati a mani vuote. Sull’episodio indagano i carabinieri che proveranno a raccogliere le immagini registrate da eventuali telecamere di videosorveglianza nei paraggi, sperando di intercettare il momento in cui i due giovani hanno abbassato le mascherine.

#NinoRimane: l’ultimo addio a Saturno Carnoli si celebra su Facebook

L’associazione culturale Disordine di cui faceva parte l’intellettuale invita a visitare il profilo di Nino alle 19 del 29 marzo quando la figlia pubblicherà un video

Foto Video Nino CarnoliL’ultimo saluto a Saturno “Nino” Carnoli sarà online, viste le ormai note restrizioni a manifestazioni pubbliche per il coronavirus. L’associazione culturale Disordine, di cui faceva parte l’intellettuale 79enne scomparso per Covid-19, fa sapere che chi vuole partecipare al saluto virtuale in onore di Nino può andare domenica 29 marzo alle 19 sul profilo Facebook Saturno Carnoli dove sarà visibile un video pubblicato dalla figlia Marianna. Chi vuole potrà poi lasciare una testimonianza scrivendo un commento con l’hashtag #NinoRimane

Pandemia, la psicologa: «È tempo di consolazione e cura. Ne usciremo tutti cambiati»

Paola Bianchi risponde alle nostre domande sugli effetti della paura del virus e il lungo periodo di “quarantena” a cui tutti siamo chiamati, in famiglia o da soli, e su come gestire l’inevitabile ansia del momento

72037054 10218093686646953 5184168510028251136 N
Paola Bianchi, psicologa del centro Liberamente di Ravenna

Insieme all’aspetto prettamente sanitario, a quelli economici e sociali, l’emergenza per il Covid-19 e tutte le misure prese per contenerlo hanno inevitabilmente un risvolto anche psicologico. Ne abbiamo parlato (a distanza) con Paola Bianchi, psicologa e psicoterapeuta con un’esperienza di oltre vent’anni alle spalle e fondatrice del centro Liberamente, a Ravenna.

Innanzitutto, gli psicologi stanno lavorando? Stanno facendo le sedute normalmente? Si stanno sperimentando nuove modalità a distanza?
«Come professionisti della salute psicologica l’attività professionale può continuare a svolgersi rispettando il più rigoroso rispetto delle misure igienico-preventive indicate dal Ministero della Salute. Tuttavia ho ritenuto opportuno aderire alle indicazioni dell’Ordine Psicologi di privilegiare le attività online invitando le colleghe del centro di cui sono la responsabile a fare altrettanto. Stiamo svolgendo in via prioritaria attività online di consulenza, monitorando costantemente l’andamento di ciascuna situazione. Ogni caso è una storia a sé e al di là della soggettività a volte concretamente non è possibile svolgere sedute virtuali per mancanza di privacy, ma credo sia un momento in cui mai come ora sia importante far capire ai propri pazienti che siamo loro vicini e se anche con modalità diverse garantiamo la nostra presenza».

Un momento per molti di paura e solitudine. Chi sono le persone psicologicamente più a rischio, che vi preoccupano di più?
«Siamo di fronte a un evento inaspettato e imprevedibile. Abituati a una quotidianità scandita da impegni di lavoro, studio, incontri, relazioni, scambi, ritmi veloci e soprattutto libertà di muoverci, siamo passati ad annullare tutto ciò. Abbiamo ribaltato la nostra situazione tipica tutta proiettata fuori a una vita tutta dentro. Generalmente siamo tutti un po’ostili al cambiamento, ma quando questo avviene senza essere preparati crea ancor più disagio, quindi mi sento di dire che una certa dose di ansia e paura è del tutto fisiologica. Ma ci sono persone che possono sentirsi fortemente minacciate da un pericolo che non riescono a definire, controllare, che presenta aspetti di invasione e persecuzione. Il senso di instabilità, fragilità e insicurezza diventa allora dilagante, senza argini sufficienti a collocare i nostri pensieri nella giusta dimensione e spesso arriva un’angoscia pervasiva che non lascia spazio ad altro. Dall’altro versante ci sono persone che negano ed evitano di affrontare il problema. Sono entrambe manifestazioni difensive che appartengono al nostro funzionamento psichico».

La convivenza in casa dentro un nucleo famigliare a cosa può portare? Può essere un’occasione per trascorrere più tempo insieme, ma anche per far emergere conflitti e difficoltà? Come gestirli?
«Le famiglie sono rivoluzionate certamente e gli equilibri possono slatentizzarsi, per non parlare delle famiglie disfunzionali dove il rischio di tracollo è molto elevato. Tutti noi operatori, e mi riferisco anche al servizio pubblico, siamo chiamati in questo momento a monitorare con molta attenzione queste situazioni. La maggior parte delle realtà invece possono essere espressione di un funzionamento che può veicolare un nuovo senso della convivenza familiare, sia per chi vive in coppia e anche per chi ha figli. È un momento in cui la privazione della libertà esterna non ci priva della libertà interna di ricostruire il nostro tempo, restituendo attenzioni e cura che spesso abbiamo dimenticato l’uno per l’altro. È tempo dell’attaccamento, della consolazione, della cura, della riflessione, del dialogo. I conflitti possono emergere, è naturale ma li possiamo gestire attraverso un ascolto attivo, anche in questo caso non dimentichiamo mai che esiste un io, un tu e un noi che sono strettamente connessi fra loro».

E chi vive solo?
«Rimanere isolati in casa, non poter frequentare luoghi pubblici, ridurre drasticamente la vita sociale può essere più faticoso per chi vive solo soprattutto per chi non è abituato a stare da solo, diciamo per chi non ha un buon rapporto con se stesso. Nell’immaginario collettivo si ferma la vita, sento molti che dicono ad esempio che c’è troppo silenzio! Settimane di isolamento dal contatto con l’altro possono risultare complicate e può essere che si vada verso una deriva depressiva. Occorre saper tracciare un confine a queste esperienze, uscire dallo stato di spaesamento attraverso una riflessione su noi stessi, ma anche agendo concretamente, facendo cose pratiche. Sistemare il proprio spazio esterno, la propria casa a volte aiuta molto a sistemare anche il proprio spazio interno. In questo tempo sospeso arrivano spesso soluzioni creative che diversamente non si manifesterebbero».

Chi soffre di più questa situazione secondo lei? Bambini, adolescenti, giovani che ancora vivono con i genitori, anziani?
«Ritengo che tutti in qualche modo soffriamo di questa condizione. Le variabili di questa sofferenza dipendono naturalmente dal ciclo di vita: un bambino non ha lo stesso apparato psichico di un adolescente o di un anziano e farà fronte alla situazione con gli strumenti di cui dispone. Ai bambini va spiegata la situazione con modalità opportune e le figure di accudimento sono fondamentali. I bambini per esempio sono più sensibili al cambio di abitudini rispetto a un adulto. Gli adolescenti tenderanno a ricercare il bisogno di socialità rivolgendosi al gruppo dei pari e incentivano sicuramente l’utilizzo di cellulari o altri mezzi. Gli anziani ricercheranno più conforto e sostegno. Vanno rassicurati anche se è vero che hanno una lunga storia alle spalle e hanno sicuramente impattato in situazioni drammatiche di vita e di morte e la loro opinione ed esperienza può essere di aiuto ai più giovani. Trovo encomiabile l’impegno dell’amministrazione comunale che ha contattato tutti i nostri over per verificare lo stato di bisogno».

Per molti è un momento di grande ansia. Come gestirla?
«Innanzitutto dobbiamo cercare di mantenere una posizione realistica, emotivamente equilibrata e per fare questo dedichiamo un paio di momenti nella giornata all’informazione e aggiornamento dai canali accreditati. Per il resto manteniamoci occupati a fare altro e anche a non fare nulla se vogliamo, ma sempre scandendo il tempo e i ritmi delle giornate».

Per vivere meglio la “quarantena” in casa è meglio darsi una routine o prendersi invece un tempo un po’ senza regole?
«Se in tempi non sospetti ci lamentavamo che non c’era mai tempo ora che ne abbiamo tanto a disposizione usiamolo! Vero è che di fronte a eventi così sconvolgenti siamo portati in prima istanza a negare la gravità della situazione poi ad arrabbiarci perché comporta limitazioni e cambiamenti notevoli, poi si cerca di negoziare e farcela andare bene. Infine ci si rassegna e mi auguro arrivi presto il momento in cui si accettano le norme e la situazione e si inizia a convivere in maniera più serena e costruttiva. Quindi recependo il metamessaggio che questo evento endemico sta generando; credo che mai come ora sia vera l’affermazione “in medio stat virtus”: va bene seguire una routine ma anche il proprio sentire perché il richiamo a cui tutti siamo tenuti è quello della misura, dell’equilibrio, della responsabilità e della cura per noi stessi e per la comunità».

Secondo lei, alla fine di questa esperienza, come saremo cambiati in termini di relazioni interpersonali? C’è il rischio che si sia diffusa anche la paura dell’altro?
«Questa è una situazione del tutto inaspettata e inedita che ci costringe a cambiamenti drastici e repentini per fronteggiarla. È accaduto qualcosa che ha reso possibile quello che solo qualche mese fa era impensabile. Per questo non possiamo che uscirne trasformati, perché già lo stiamo facendo. Il come mi è più difficile definirlo. Si può ipotizzare che questo Covid-19 dall’entità astratta e invisibile abbia certamente un valore simbolico elevato, cioè può contenere le nostre più grandi paure e che per controllarlo sia più semplice identificarlo con qualcuno. Ma è anche vero che questo virus ha fatto precipitare in men che non si dica l’ideologia del muro e dei confini, riportandoci tutti con uno starnuto giù per terra nel vero senso della parola. E dalle cadute ci si rialza imparando sempre qualcosa di più, rivedendo il senso del nostro vivere, ristabilendo un contatto profondo con noi stessi e il mondo a cui tutti indistintamente apparteniamo, facendo i conti con la nostra reale fragilità di esseri umani. E allora mi piace pensare che anche per la società in un piano esteso accada ciò che si verifica in terapia su un piano soggettivo, dove ci sono momenti di crisi nella vita della persona in cui tutto sembra crollare. Ma è da lì che si riparte e si lavora duramente e con impegno finchè arriva un momento in cui si volta pagina e ci si accorge che il pesante fardello di sofferenza e angoscia del passato è diventato un ponte per superare il guado e allora sì che ci ritroveremo veramente trasformati».

Covid-19, un mese di epidemia in provincia: i grafici dei contagi, nuovi e totali

Dal primo caso del calciatore 21enne si è arrivati a 521 positività che comprendono 24 morti e oltre 40 guariti

Il primo caso di Covid-19 in provincia di Ravenna è stato accertato il 27 di febbraio, era un calciatore professionista di 21 anni. A distanza di un mese il giovane è guarito, il totale delle positività è arrivato a 521 e i morti sono 24 e le guarigioni sono poco più di una quarantina. A oggi, 28 marzo, i ricoverati sono 140 (una decina in terapia intensiva) e 539 le persone in quarantena con sorveglianza attiva

Qui sotto trovate due grafici che raccontano i numeri in provincia. Con una doverosa precisazione: per quanto riguarda picchi e curve la dimensione provinciale non è particolarmente significativa per una valutazione complessiva.

Covid-19, altri 2 morti e 33 nuovi contagi: in totale 24 decessi e 521 infetti

I deceduti avevano 76 e 86 anni. In provincia 589 persone in quarantena e sorveglianza attiva, 140 ricoverate. È passato un mese dalla diagnosi del primo caso

Scientist Using Microscope 3938022Continuano a crescere i contagi da Covid-19 in provincia di Ravenna. Alle 12 di oggi, 28 marzo, i casi di positività diagnosticati ufficialmente sono 521, in aumento di 33 rispetto a 24 ore prima. Nello stesso intervallo di tempo sono arrivati anche due decessi di persone che aveva contratto la malattia: il totale dei morti è così 24. Il dato territoriale tiene conto non della residenza delle persone ma del fatto che sono stati accertati in questa provincia.

I numeri sono quelli forniti da Sergio Venturi, commissario regionale per l’emergenza coronavirus, nel quotidiano bollettino divulgato in diretta Facebook a metà pomeriggio. Dal prima caso accertato in provincia, un 21enne calciatore professionista di Lugo tesserato per un club toscano di Serie C, è passato esattamente un mese.

Rispetto alle 33 nuove positività comunicate oggi, la Provincia fa sapere che sono 18 donne e 15 uomini. Tre sono residenti fuori provincia. Diciassette pazienti sono in isolamento domiciliare, gli altri 16 sono ricoverati, uno di loro è in terapia intensiva. «Sul fronte epidemiologico, si tratta principalmente di pazienti che hanno avuto contatti stretti con casi già accertati». I due nuovi deceduti sono un uomo e una donna rispettivamente di 86 e 76 anni. Sono 589 le persone in quarantena e sorveglianza attiva in quanto contatti stretti con casi positivi. I ricoverati sono circa 140.

Complessivamente i casi sono come detto 521, così distribuiti per Comune:

26 residenti al di fuori della provincia di Ravenna
231 Ravenna
81 Faenza
40 Cervia
40 Lugo
17 Castelbolognese
14 Bagnacavallo
12 Cotignola
11 Alfonsine
9 Russi
8 Conselice
7 Massa Lombarda
7 Fusignano
5 Riolo Terme
5 Solarolo
5 Brisighella
2 Sant’agata Santerno
1 Casola Valsenio

Complessivamente in Emilia-Romagna i casi positivi sono diventati 12.383, 795 in più di ieri. Sono stati refertati 52.991 test, 5.193 in più sempre rispetto a ieri. Sono 5.358 le persone in isolamento a casa, poiché presentano sintomi lievi, che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi (301 in più rispetto a ieri); aumentano di poche unità – come si sta verificando negli ultimi giorni – quelle ricoverate in terapia intensiva, che sono 316, 8 in più rispetto a ieri. I decessi sono passati da 1.271 a 1.344: 73, quindi, quelli nuovi, di cui 44 uomini e 33 donne. I nuovi decessi riguardano 22 residenti nella provincia di Piacenza, 2 in quella di Parma, 12 in quella di Reggio Emilia, 12 in quella di Modena, 8 in quella di Bologna (di cui 1 nel territorio imolese), 8 in quella di Ferrara, 3 in quella di Ravenna, 1 in quella di Forlì-Cesena (1 nel territorio di Forlì), 6 in quella di Rimini. Al tempo stesso, continuano a salire le guarigioni, che raggiungono quota 1.075 (115 in più rispetto a ieri).

Questi i casi di positività sul territorio, che invece si riferiscono non alla provincia di residenza ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: Piacenza 2.390 (114 in più rispetto a ieri), Parma 1.752 (62 in più), Reggio Emilia 1.996 (135 in più), Modena 1.922 (150 in più), Bologna 1.347 (+62più rispetto a ieri, e 239  Imola, 11 in più), Ferrara 281 (37 in più rispetto a ieri), Ravenna 521 (33 in più), Forlì-Cesena 621 (di cui 300 a Forlì, 22 in più rispetto a ieri, e 312 a Cesena, 10 in più), Rimini 1.323 (59 in più).

Continua il lavoro all’interno della rete ospedaliera per attuare il piano di rafforzamento dei posti letto disposto dalla Regione. Da ieri a oggi, sono 168 i posti letto allestiti per i pazienti colpiti da Coronavirus, che complessivamente passano da 4.718 a 4886, tra ordinari (4.358, +160) e di terapia intensiva (528, +8). Nel dettaglio il totale a disposizione della Romagna è 700 (in particolare 113 posti letto a Ravenna di cui 12 per terapia intensiva a cui si aggiungono ulteriori 8 posti messi a disposizione dall’ospedale privato Maria Cecilia di Cotignola; 71 Lugo, di cui 10 per terapia intensiva). Per quanto riguarda gli ospedali Covid si conferma per la Romagna l’ospedale di Lugo con 44 posti letto.

Stamattina all’aeroporto Marconi di Bologna, alla presenza della guardia di finanza e del direttore dell’Ufficio regionale Dogane e Monopoli, sono state consegnate 80.600 mascherine alla protezione civile regionale. Sono arrivate dal Dipartimento nazionale protezione civile altre 243.000 mascherine Montrasio, 6.800 mascherine ffp2, 22.080 mascherine ffp3 e 2.160 tute. Dall’inizio dell’emergenza, tra Dipartimento nazionale e donazioni sono pervenute in Emilia-Romagna 528.000 mascherine ffp2, 95.430 ffp3, 12.800 occhiali protettivi, 31.168 tute, 1.618.300 mascherine chirurgiche, 718.00 guanti, 2.600 camici, 3.000 copriscarpe, 2.000 copricapo; le mascherine del tipo Montrasio risultano essere 3.366.000.

Cgil: «Cassa integrazione aumentata già a febbraio, prima dell’emergenza Covid-19»

In provincia una crescita di 170mila euro rispetto allo stesso mese del 2019, a livello regionale l’aumento è dell’85 percento

A febbraio il ricorso alla Cassa integrazione ordinaria (Cigo), a quella straordinaria (Cigs) e a quella in deroga (Cigd) in provincia di Ravenna è cresciuto di 168mila ore. Lo comunica la Cgil. Che fornisce anche i dati complessivi della regione: in totale 3.460.427 ore (2.564.599 per gli operai; 895.828 per gli impiegati) con un aumento dell’85,3 percento rispetto allo stesso mese dell’anno scorso (1.592.558 ore in più).

Un trend precedente all’emergenza Covid-19. «A marzo vedremo un’esplosione della Cig che probabilmente non avrà paragoni nella storia italiana e regionale – sottolinea Luigi Giove, segretario generale della Cgil Emilia-Romagna -. È importante che il Governo garantisca tutte le risorse che servono. Ed è importante che la Regione si prepari al confronto serrato con le parti sociali non appena il picco dell’emergenza sarà superato. Per ripartire servirà non perdere neanche un minuto, fare gli investimenti giusti, tutelare i posti di lavoro e spingere sull’acceleratore perché al grande blocco di queste settimane si risponda con una spinta abbastanza forte da riportarci a galla in fretta. Il Tavolo del Patto per il lavoro continuerà ad essere il luogo in cui questo può accadere».

Nel dettaglio, in Emilia-Romagna le ore di Cigo sono più che raddoppiate rispetto al 2019, mentre le ore di Cigs in aumento 53,2 percento. «Stiamo parlando, è bene sottolinearlo, degli ultimi ricorsi agli ammortizzatori sociali attivati prima dell’emergenza Coronavirus, i cui effetti sul tessuto lavorativo e produttivo nel nostro territorio saranno chiari solo nelle prossime settimane».

Mandateci i vostri racconti ispirati dal contagio, ne pubblichiamo uno a settimana

Iniziativa di R&D: su ogni numero del giornale una pagina con i testi e le foto dei lettori. Il tema degli scritti è “il contagio”, svolgimento libero

Woman Typing Writing Programming 7112Mai come in questo momento di distanziamento sociale obbligato per contrastare il coronavirus sentiamo il bisogno di stare in contatto, di sentirci vicini, perché costretti alla lontananza. E così Ravenna&Dintorni ha pensato di chiedere ai suoi lettori, cioè a voi che ci seguite in questi giorni di emergenza sanitaria o magari già lo facevate da prima, di mandarci un racconto. Ogni settimana ne pubblichiamo uno sul settimanale che per il periodo attuale esce solo in formato pdf scaricabile e sfogliabile online. Il testo può essere autobiografico o di fiction (giallo, horror, rosa o quello che vi pare), solo due paletti: il tema è “il contagio” e la lunghezza massima consentita è 3.500 battute (spazi inclusi).

Abbiamo anche invitato tutti a mandarci foto della loro quarantena in casa, tra passatempi, momenti di creatività e anche (inutile negarlo) di un po’ di noia. Ma stare in casa è importante adesso e dobbiamo farlo tutti. Non per questo, appunto, non possiamo non restare in contatto.

Scriveteci e mandateci foto, sul settimanale c’è una pagina per voi. Vi aspettiamo all’indirizzo redazione@ravennaedintorni.it o tramite la nostra pagine Facebook.

Mascherine con prezzi gonfiati, rialzi fino al 1.700 percento: denunce e sequestri

La guardia di finanza ha scoperto un sito creato per vendere i dispositivi di sicurezza. A Faenza un negozio di ottica proponeva le Ffp2 a 13 euro: erano costate 1,18 e non erano certificate

Foto 1Aveva creato un sito web per vendere online mascherine protettive contro il coronavirus in varie confezioni con rincari del prezzo di vendita fino al 1.700 percento rispetto al prezzo di acquisto. La guardia di finanza ha denunciato a Ravenna il titolare del sito per manovre speculative su merci e le mascherine ancora detenute per la vendita su internet sono state sequestrate.

Non è l’unico intervento svolto negli ultimi giorni dalle Fiamme Gialle del comando provinciale per prevenire e reprimere pratiche anticoncorrenziali o ingannevoli o speculazioni sui prezzi dei dispositivi di protezione individuale e di prodotti igienizzanti.

Foto 3Da Faenza erano giunte alcune segnalazioni riferite a un negozio di ottica che vendeva mascherine protettive a 13 euro ognuna, indicate come Ffp2 muniti di certificazione Ce. L’intervento dei Finanzieri faentini ha consentito di accertare che in realtà le mascherine non erano fornite di alcuna attestazione Ffp2 né certificazione Ce ed erano state acquistate al prezzo di 1,18 euro ciascuna (percentuale di rincaro superiore al 1000 percento). La Finanza ha sequestrato 270 pezzi in magazzino e ha denunciato il titolare per frode in commercio e per manovre speculative su merci.

Il comando provinciale della Gdf assicura che proseguiranno i controlli per sanzionare chi sta sfruttando l’incremento della domanda di dispositivi di protezione, di agenti biocidi e di prodotti biomedicali in questo particolare momento di emergenza.

Riviste Reclam

Vedi tutte le riviste ->

Chiudi